Robin Olsen, l'antieroe: normalità al potere
Il portiere della Svezia è nell’occhio del ciclone. Paga paragoni immotivati con Alisson. Ma finora non ha condizionato i risultati giallorossi
D'accordo, Robin non sarà mai Batman. Tantomeno Alisson. Probabilmente nemmeno ha velleità di rappresentare supereroi o ex portieri ricordati nelle vesti di eroi. Di paranormale Olsen ha la statura (quantomeno per un calciatore), che sfiora i due metri. Per il resto, para normale. Rigorosamente in due parole. E in fondo è stato scelto per quello da Monchi, quando il ds ha preso atto che il brasiliano aveva dato l'assenso al trasferimento a tutte e tre le big europee che lo cercavano.
È stato allora che il dirigente spagnolo si è rivolto al mercato internazionale, alla ricerca di un'opzione che desse sufficienti garanzie alla porta della Roma. Lo ha fatto dall'alto della sua doppia esperienza, di setacciatore di calciatori dal fiuto comprovato dalla sua storia; e di ex portiere che per questo può vantare un occhio clinico: quella di Olsen è una scelta che ha rivendicato fin dal primo istante.
Adesso che le cose non sono iniziate al meglio, lo svedese è finito suo malgrado nell'occhio del ciclone, con l'accusa di essere lontano dagli standard del suo predecessore. Polemiche riprese perfino nella pacata Svezia, che hanno indotto il numero 1 a disertare l'incontro con la stampa nel ritiro della propria nazionale. Eppure pochi ricordano che anche l'alba dell'avventura giallorossa di Alisson fu costellata di incertezze. Tanto da convincere ds e tecnico dell'epoca a rinnovare il prestito di Szczesny, con parte dell'ambiente sull'orlo di una crisi di nervi alla vigilia della partenza (annunciata) del polacco. Sia chiaro: non è un tentativo di paragone con l'attuale portiere del Liverpool. Tutt'altro. Imbastire un parallelismo in questa fase non crea giovamento a chi difende la porta della squadra. Con un banale sillogismo, danneggia la Roma. Qui interessa solo il secondo, non fosse altro che per i colori che indossa.
Finora a Robin non può essere imputato granché nelle prime giornate. Un'indecisione a Torino poteva costare cara ma non ha influito sul risultato, salvato anzi successivamente in più occasioni. Con l'Atalanta ha qualche responsabilità su uno dei gol, ma in una gara nella quale per un tempo ha subito una sorta di tiro al bersaglio. Dopo la sconfitta di San Siro, hanno provato ad addossargli l'onere della rete annullata a Higuain. Ma se vale un'esitazione a gioco fermo, conta anche la super-parata su Zapata fermato dall'assistente prima che dalle sue manone. Dal canto suo, Olsen ha imparato subito le parole-chiave in italiano utili a comandare la difesa. E pur pagando lo scotto dell'abitudine a un calcio diverso dal nostro, viene segnalato come un professionista serio e disponibile all'apprendimento. Il miglior viatico per respingere attacchi avversari e fuoco (presunto) amico.
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