A 18 anni dalla scomparsa. Albertone e la Roma: un legame senza età
Nessuno ha saputo rappresentare Roma meglio di Alberto Sordi, che ne ha interpretato ogni tratto caratteristico. Fra questi, il tifo per la squadra della Capitale
I giocatori della Roma seppero la notizia la mattina del 25 febbraio 2003, al momento di partire per Valencia. Nella notte se n'era andato Alberto Sordi, che era malato da tempo. La sera dopo, al termine della bella vittoria per 3-0 al Mestalla firmata da Totti e da una doppietta di Emerson, questo fu il primo pensiero di Fabio Capello: «Dedichiamo il successo ad Alberto Sordi. È il migliore addio per un grande romanista».
Cosa è stato Alberto Sordi per il cinema e per il costume italiano, oltre che per la città di Roma, è fin troppo noto ed è qualcosa di talmente grande che è anche impossibile parlarne. D'altronde quel «tu sei tanto deppiù, sei Alberto Sordi», pronunciato da un altro immortale come Gigi Proietti al suo funerale, sintetizza bene. Di quel «deppiù», pronunciato alla «romanisti deppiù», come avrebbe fatto Lando Fiorini, fa parte anche l'essere romanista di "Albertone".
Una passione coltivata per tutta la vita e lasciata continuamente filtrare a modo suo. Con battute fulminanti capaci di strappare una risata anche a chi romanista non è. «Un "Forza Roma", quando posso, nei miei film ce lo ficco sempre» ha ricordato un un'intervista a L'Unità nel 1989. Tra i pezzi di se stesso che ha messo nei personaggi interpretati, c'è spesso la sua passione per la Roma. Dal Nando Mericoni di "Un giorno in pretura" (1953), giovane con la passione per il Kansas City che va allo stadio per vendicarsi del pretore che lo ha fatto arrestare. È il derby, il pretore Lo Russo (Peppino De Filippo) esulta al gol avversario. «Ah, sei pure laziale?», lo fulmina Mericoni.
Pochi mesi dopo, intervistato per il libro "La Roma da Testaccio all'Olimpico", a una domanda su Alcides Ghiggia, risponde come il suo personaggio: «Chi? Ghiggia del Kansas City, è un fenomeno, guai a chi me lo tocca».
Altra pellicola che ha fatto storia è "Il marito", dove Sordi interpreta Alberto Mariani, che vede dalla finestra i tifosi avversari andare allo stadio il 15 ottobre 1956 in occasione di Lazio-Roma (che la Roma vincerà 3-0 con doppietta di Da Costa e gol di Pestrin). Li deride e vuole andare anche lui. «Appena nato il mio primo vagito fu "forza Roma"», prova a spiegare alla moglie Elena, che però lo terrà a casa per un concerto di violoncello. Ma "Il marito" è anche il film del celebre: «Forza Roma, sempre forza Roma… Alla faccia tua e di tutti i laziali, Peppì!».
Non parla di Roma "Il presidente del Borgorosso Football Club", in cui Sordi interpreta Benito Fornaciari, che eredita la presidenza del club romagnolo. C'è solo un accenno quando un suo sottoposto gli dice: «Suo padre è stato un grande presidente. Avrebbe meritato una Juventus, un'Inter». E lui risponde sognante: «Una Roma...».
Nel film ci sono, tra gli interpreti, Aldo Bet, Sergio Santarini e Valerio Spadoni (che non era ancora della Roma, il film è del 1970). Tra gli sceneggiatori c'è anche Adriano Zecca, calciatore della Roma tra il 1949 e il 1953, e la scena finale in cui Benito Fornaciari annuncia l'acquisto di Omar Sivori è chiaramente ispirata all'annuncio di Renato Sacerdoti al Sistina nel 1953, quello dell'arrivo di Ghiggia. Quando Alberto Sordi presentò il film alla Domenica Sportiva, non mancò di dire: «Viva il Borgorosso Football Club. E, dato che non potete tagliarmi perché siamo in diretta, Viva la Roma!».
Tre anni dopo, nel 1974, Sordi interpreta il trafficante d'armi Pietro Chiocca che, in "Finché c'è guerra c'è speranza", alla dogana di uno stato africano mostra la tessera dell'abbonamento 1974/1975. E "ASR" diventa «Association Sanitaire Rome», dato che c'è da convincere un poliziotto francese. Sempre nel 1975, in "Di che segno sei?", torna Nando Mericoni, che in un episodio del film è una guardia del corpo che deride i poliziotti come «burini» e «laziali». Nel 1977, in "Un borghese piccolo piccolo", però, perdonerà la fede biancoceleste del figlio.
Memorabile la scena di "Io so che tu sai che io so", di cui è anche regista. Interpreta Fabio Bonetti che litiga con la moglie (Monica Vitti, anche lei spesso presente allo stadio a tifare Roma) perché lei vuole uscire mentre lui deve vedere la partita in tv. «Una partita di recupero!». È un fatto realmente accaduto, perché effettivamente Catanzaro-Roma, recupero della partita rinviata per vento un mese prima, fu trasmessa in tv. La partita finisce 1-1, con i gol di Edy Bivi per i calabresi e di Sebino Nela. Il terzino romanista non sapeva nulla e, recandosi al cinema per vedere il film, ebbe la bella sorpresa di vedere sul grande schermo il suo primo gol in Serie A. Indimenticabile anche il duetto con Giulio Andreotti, che interpreta se stesso ne "Il tassinaro". «È un grande romanista lei, grande tifoso della Roma – gli dice – lei ha fatto molte cose per Roma e per la Roma». È il 1983. «È stata una strada lunga, onorevole – prosegue – ma se è vero che tutte le strade portano a Roma, anche quella dello scudetto l'abbiamo aspettata quarant'anni e poi, daje e daje, è ritornata a Roma».
Sulla strada di Alberto Sordi, insomma, c'è sempre stata la Roma. «Sono giallorosso fin da quando giocavo con una palla di stracci – disse alla Gazzetta poche ore prima dello scudetto del 2001 – lo scudetto dell'83? Imbandierai le finestre di giallorosso. La mia casa è in una via di scorrimento, mi faceva piacere far vedere che anch'io partecipavo ai festeggiamenti». Nel 2001, a scudetto vinto, Vincenzo Montella gli regalò una sua maglia.
Da ragazzino si arrampicava sul Monte dei Cocci per provare a seguire le partite attraverso ciò che si vedeva di Campo Testaccio. Più spesso, però, usava un altro stratagemma: «Ai miei tempi – ha raccontato nel 1977 su Momento Sera - andavo la domenica al cinema Vittoria, vicino Testaccio. Il direttore del cinema tra il primo e il secondo tempo del film ci diceva il risultato della Roma. Era praticamente il nostro "Tutto il calcio minuto per minuto"». E il derby? «Quando la Lazio giocava a casa sua, fori de porta, e chi se moveva? Restavamo dalle parti nostre, a Roma, aspettando di sapere cosa aveva fatto la Roma su per il nord. Quando la Roma giocava a Testaccio, erano rare le volte che riuscivamo a metterci a sedere sugli scalini di legno, dipinti di giallo e di rosso, in mezzo ai grandi».
«Sono nato nel cuore di Trastevere, dalle parti di San Cosimato e abito nel cuore di Ponte. Che devo esse, laziale?», scrisse su L'Unità dopo il derby dell'ottobre 1957 vinto 3-0. E vissuto così: «Quando sono tornato a casa una popolana di via dei Pettinari, che è la strada dove abito, m'ha detto tutta contenta: "L'hai fatta vince la Roma, eh Albe'?". Oddio, non è stato merito mio, ma al secondo tempo anch'io ho strillato "e nun ce vonno sta'", ed era appunto il momento in cui si vedevano solo striscioni giallorossi sulle scalinate. E le rare grida ciociare che avevamo sentito all'inizio della partita, prima s'erano man mano infiacchite e poi avevano lasciato completamente il posto ai rauchi tifosi trasteverini al gran coro "v'avemo ‘mbriacato" che mi ricorda l'infanzia su Monte Testaccio».
In quell'articolo, Alberto Sordi esprime anche il desiderio che le partite possano giocarsi a mezzogiorno, per poi godersi il pranzo della domenica. Aveva profetizzato il "Lunch match".
La sua passione per la Roma è stata ricordata nel 2018 da una manifestazione organizzata dall'U.T.R. Resta viva nel ricordo di chi lo ha conosciuto e in foto indimenticabili.
Il 27 febbraio 2003 Piazza San Giovanni in Laterano era piena di colori giallorossi, per i suoi funerali. Pochi giorni dopo, il 2 marzo 2003, la sorella Aurelia ricevette un mazzo di fiori da Francesco Totti e Giuseppe Favalli prima di Roma-Lazio. Al momento del gol del pareggio di Cassano al novantesimo, in molti pensarono allo striscione apparso in Sud prima dell'inizio e ripreso da "Il marito". «Peppino sei tu? Peppino? Prrr!».
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