Il gol: la vera ossessione della nuova Roma di Di Francesco
Le parole di Strootman in allenamento sono un chiaro segnale della mentalità giallorossa nel ritiro di San Diego: "Ci dobbiamo allenare di più sui tiri"
L'ossessione della Roma 2018/19 sarà il gol. È stato l'incubo estivo ricorrente per Eusebio Di Francesco, che ci si svegliava sudato immaginando barriere mobili trasparenti ad impedire anche la più facile delle reti a porta vuota, è stata la maledizione per tutta la stagione di campionato, è stato l'argomento maggiormente dibattuto nelle riunioni di mercato che sono state il preludio alla costruzione della nuova Roma. Si era partiti alla fine della stagione col refrain "questa squadra non ha bisogno di rivoluzioni", si è arrivati ai dieci acquisti di oggi che potrebbero addirittura diventare 13, in pratica la maggioranza assoluta della rosa. E perché? Perché la Roma del prossimo anno dovrà fare gol. Lo sa Di Francesco, ci ha ragionato sopra Monchi, lo dicono spesso anche i calciatori
Prendi Strootman, ad esempio, uno che in allenamento è meglio averlo in squadra che contro e che non si fa certo problemi a contestare una decisione contraria presa durante le partitelle, sia che si tratti di un fuorigioco al limite (ieri ha chiesto a Beccaccioli, il guardalinee che vigilava sulla sua linea difensiva, di adeguarsi ai metodi a suo dire "scorretti" dell'altro guardalinee, Romano), sia di un'interruzione sgradita ad un'esercitazione che ritiene utile.
È esattamente quello che è successo verso la fine dell'allenamento di giovedì pomeriggio, intorno alle 4 di ieri mattina in Italia. Quando Vizoco, il preparatore atletico, ha detto che era ora di rientrare e si poteva quindi interrompere la sequenza di tiri su cui i giocatori stavano mettendo a dura prova Fuzato e Cardinali, l'olandese s'è risentito e se n'è uscito con frasi che risuonavano più o meno così: «Dobbiamo già finirla? Invece dovremmo continuare! Sai quanti tiri abbiamo fatto contro il Tottenham? Tredici! E abbiamo fatto un solo gol. Forse ci dobbiamo allenare di più sui tiri». Per lui l'allenamento non dovrebbe finire mai. Fosse per lui, bisognerebbe far giusto quella pausa per i pasti e per dormire, il resto del tempo bisognerebbe passarlo in campo.
Logico che Di Francesco abbia diverse priorità in questo momento e che sfrutti ogni minuto che passa sul campo a cercare di inculcare ai giocatori (vecchi e nuovi) le linee guida del suo calcio, sempre offensivo, sempre spettacolare. Ma lo spunto di Strootman non è affatto campato in aria. Se è vero che ogni fondamentale del calcio può essere allenato, allora anche ai tiri verso la porta dovrebbero essere dedicate specifiche porzioni di allenamento. E chissà che il tecnico non recepisca l'input e aumenti anche in questo senso il carico di lavoro. Sta di fatto che la priorità assoluta nella costruzione della nuova Roma resta quella di cercare con rinnovata intensità la via della rete. Per il tecnico era necessario aumentare la qualità dei centrocampisti: «So che Pastore in questo momento non è ancora al cento per cento e non potrebbe essere diversamente. Dopo un anno in cui non ha giocato con continuità è inevitabile che soffra i carichi di lavoro di questo periodo. Ma se diciamo sempre che anche in mezzo al campo è necessaria quella qualità per poter arrivare in porta con maggior precisione allora lui è uno che ci potrà dare una grossa mano». Nell'idea del tecnico, dunque, sono arrivati in quei ruoli due che questo problema possono davvero risolverlo: Pastore, ex trequartista rigenerato a mezzala, e Cristante, ovvero il mediano che lo scorso anno ha segnato il maggior numero di reti del campionato italiano: nove.
In più ci saranno Kluivert e il nuovo Schick che stiamo ammirando sin dai primi giorni di Trigoria. Di più possiamo solo aggiungere che la lista delle prodezze che possiamo ammirare dalla tribuna dell'attaccante ceco si allunga giorno dopo giorno: ieri, ad esempio, ha realizzato un gol accarezzando il pallone e alzandolo a cucchiaio di prima lasciando esterrefatto Olsen e tutti gli spettatori presenti in tribuna. Un altro baciato dalla grazia è proprio Dzeko che pur essendo ormai il riconosciuto bomber di questa squadra sembra aver acquisito una cattiveria che lo spinge a volte anche ad ignorare i compagni anche se ben piazzati pur di cercare la conclusione personale. Eppure lui è proprio uno di quelli, tra i cannonieri della Serie A, ad avere il rapporto peggiore tra i tiri in porta e i gol realizzati, un po' il paradigma della squadra. Se la Roma infatti si è classificata al dodicesimo posto nella graduatoria delle squadre più incisive sotto porta (con appena 13 reti realizzate ogni 100 tiri: Lazio e Juventus nello stesso tempo hanno fatto 21 gol), il bosniaco ha chiuso la stagione con un preoccupante 13% di percentuale realizzativa (Dybala ha chiuso col 29%, Higuain col 25%, tanto per citare i più efficaci attaccanti del nostro campionato), esattamente come la squadra. Segno che lì si può ancora lavorare molto. Del resto la Roma l'anno scorso ha tirato in porta da dentro l'area 84 volte in più della Juventus ma alla fine ha ottenuto 25 gol in meno. Che abbia ragione Strootman?
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