AS Roma

Amelia Strays, gli esports trattati con i guanti

Il team dell'ex portiere di Roma e Milan: "Penalizzati dal Covid ma la crescita continua". I soci Grazzi e Stefanini: "Vi raccontiamo il progetto"

PUBBLICATO DA Aulovalerio
21 Gennaio 2021 - 13:32

Gli eSports stanno conquistando piano piano sempre più seguito e fascino grazie ai tornei, alle iniziative, ma soprattutto anche ai tanti giocatori ed ex professionisti che si riversano in questo mondo creando squadre per competere ad alti livelli. Fra questi, uno che ha aperto la strada è stato Marco Amelia, campione del mondo del 2006 ed ex giocatore della Roma, che nel 2018 ha creato il suo team personale, che negli anni è cresciuto fino ad arrivare alla partnership con Strays ad ottobre 2020, diventando il Team AmeliaStrays

Il progetto ha reso molto orgoglioso Amelia che è entrato a far parte del mondo videoludico con le migliori intenzioni, come ci racconta lui stesso: "Sono orgoglioso si quello che stiamo facendo, del fatto che miglioriamo e si cresciamo giorno dopo giorno. Sono felice dei progressi fatti negli ultimi tempi, perché non è stato facile, vista la situazione, mantenere il team unito e farlo lavorare e divertire con i risultati che poi abbiamo avuto. L'organizzazione ha fatto un gran lavoro e ne sono molto felice. Stanno anche arrivando i campionati spagnoli di Call of Duty e quest'anno si può puntare a fare anche altre competizioni importanti". L'AmeliaStrays è stato travolto dal Covid ma il team non si è mai fermato e recentemente ha chiuso una partnership con la start up Xdysis. Anche per questo Marco è fiducioso nel futuro: "Il Covid ci ha penalizzato perché le fiere di settore, che stavano prendendo piede, non ci sono più state, ma sono convinto che si tornerà presto alla normalità. Riprenderemo il cammino di crescita che stiamo facendo come team, ma anche come mondo esports in generale. Su questo ci faremo trovare pronti perché siamo ben strutturati e sempre proiettati a migliorarci, che è la cosa che conta di più".

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da AmeliaStrays (@ameliastrays)

Giovanni Grazzi e Filippo Stefanini, due responsabili dell'organizzazione, hanno raccontato come è nata questa intesa con l'ex portiere giallorosso: "L'accordo con Marco è nato grazie alla sua amicizia con uno dei soci. Inizialmente ci occupavamo solo di videogiochi calcistici, ma poi abbiamo cominciato ad espanderci anche ad altri generi". Uno dei punti di forza del team è quello di sapersi ritrovare online. In questo modo anche i giocatori più distanti possono essere messi in contatto e allenarsi in un ambiente positivo come quello creato da Amelia: "Il bello degli esports è questo: possiamo racchiudere l'intera Italia in una singola lobby e ad un determinato orario. Non escludiamo nessuno, su alcuni titoli siamo andati anche oltre l'Italia. Attualmente siamo in Spagna e abbiamo Italia, Spagna e dopo qualche player tedesco e uno del Lussemburgo e dell'est Europa".

Quello di Marco è un progetto che mira a espandersi sempre di più. Oltre alle basi solide l'AmeliaStrays ha anche grandi obiettivi, soprattutto a lungo termine: "Siamo proiettati al futuro: vogliamo arrivare al top nei videogiochi di punta. Il nostro lavoro non si limita, però, al semplice allenamento, svolgiamo anche un grande lavoro a tuttotondo. Cerchiamo di far crescere i giocatori sotto ogni aspetto. Ovviamente cerchiamo di raggiungere più risultati possibili, ma l'obiettivo primario è far crescere il più possibile il player".

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da AmeliaStrays (@ameliastrays)

Non solo partite e allenamenti, quindi per i giocatori che si rivolgono al portiere che prese parte alla spedizione italiana che vinse il Mondiale in Germania nel 2006. I giocatori vengono seguiti anche da mental coach specializzati che aiutano il giocatore sotto ogni aspetto, come ci ha spiegato ancora Giovanni: "Noi differenziamo l'aiuto a seconda dei titoli. Per esempio, con Fifa, che è un gioco di gruppo, cerchiamo di tenere un mood carico all'interno della squadra. Con Call of Duty, invece, che magari è più mentale, affianchiamo ai players un mental coach che curi quell'aspetto. Diamo supporto per far sì che i ragazzi giochino nelle migliori condizioni. Infine, siamo molto attenti anche a quei ragazzi che hanno un carattere più propenso a pubblicare e a intrattenere il pubblico come gli streamers".

Il mondo esports, però non è solo stare davanti ai videogiochi, come nel più banale dei luoghi comuni. Come ci spiegano i due responsabili dell'AmeliaStrays, il loro lavoro va ben oltre il semplice giocare: "Gli esports sono una passione. Il bello è che sono in grado di unire anche le persone più distanti. Di base ci deve essere una mentalità fissa, l'obiettivo di diventare più forte. Questo, però, non significa tralasciare gli impegni più importanti. Sarebbe una visione distorta. Esport significa andare a scuola, fare i compiti, studiare e poi giocare l'obiettivo di migliorare. In Italia servirebbe un cambiamento di mentalità. Gli esports dovrebbero essere riconosciuti come uno sport ufficiale dal Coni per far crescere il movimento".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI