A casa di Dzeko - Là dove tutto ebbe inizio: Grbavica, teatro di guerra
L'assedio, la partita interrotta per spari e con i serbi divenne un campo minato. Qui si è fatto le ossa anche il giovane Edin
Il confine con la parte serba della città, con la vecchia linea del fronte, non dista più di 700 metri. Il posto prende il nome dal quartiere circostante, Grbavica, ma ha un soprannome decisamente suggestivo: Dolina cupova, la valle delle coppe. È lo stadio dello Zeljeznicar Sarajevo, adagiato là dove termina la piana della città di Sarajevo e iniziano a innalzarsi le colline circostanti. Qui, con la maglia dello Zeljo, si è fatto le ossa anche un giovane Edin Dzeko, non ancora ventenne.
Lo stadio fu realizzato nel 1953 come casa dello Zeljeznicar, squadra fondata nel 1921 da un gruppo di ferrovieri che scelse come colore delle proprie maglie il blu delle divise da lavoro. Era una squadra multiconfessionale, nata sull'idea del superamento dei conflitti tra le diverse comunità nazionali di Sarajevo. Un'idea per cui il club avrebbe pagato con sei anni di scioglimento da parte del regime fascista croato degli ustascia durante la Seconda Guerra Mondiale. Il 5 aprile 1992 a Grbavica si giocava un incontro del campionato jugoslavo, già privo delle squadre croate e slovene: lo Zeljeznicar ospitava il Rad Belgrado, ma al 35', cinque minuti prima delle tre del pomeriggio, la partita fu interrotta. Erano iniziati gli spari da parte della polizia e dei paramilitari serbi. Quello stesso giorno, sul ponte che oggi è a loro dedicato, morivano sotto il fuoco dei cecchini le prime due vittime dell'assedio di Sarajevo, le manifestanti pacifiste Suada Diliberovic e Olga Sucic. Un mese più tardi lo stadio, occupato dalle forze serbe e dall'esercito jugoslavo, venne incendiato e minato. Tra le fiamme di quel maggio e i frequenti atti di sciacallaggio andarono persi oltre trecento trofei.
L'ultimo campionato jugoslavo terminò con la vittoria dello Stella Rossa e una sola squadra bosniaca ancora in campo all'ultima giornata. Quasi tutte le altre squadre bosniache dovettero ritirarsi a sei turni dalla fine del campionato, mentre lo Zeljo si vide annullare metà delle partite. Non ci fu più ombra di calcio organizzato fino al luglio del 1994, quando iniziò un mini-campionato bosniaco a cui presero parte anche i ferrovieri. Anche Grbavica riprese a funzionare, quattro anni dopo essere stato dato alle fiamme e due mesi dopo la fine dell'assedio: il 2 maggio 1996 su quel campo si tornò a giocare un derby di Sarajevo tra Zeljo e FK, terminato sul punteggio di 1-1. Il ritorno alla normalità per lo stadio, danneggiato a livello strutturale durante gli anni di guerra, non fu semplice: nel 2012 una copertura collassò dopo dieci giorni di pesanti nevicate. Se nel 1953 lo stadio era stato eretto grazie soprattutto al lavoro volontario di molti tifosi, sessant'anni più tardi i lavori infrastrutturali furono possibili di nuovo grazie al loro impegno. Invitati a "comprare un seggiolino" in due campagne di raccolta fondi, misero insieme quasi mezzo milione di euro. Segno che l'amore dei tifosi dello Zeljo e della gente del quartiere di Grbavica per la loro arena non è mai venuto meno.
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