Lassù c'è pure la Roma
Fonseca aveva preferito rinunciare a qualcosa dal punto di vista difensivo per avere un'impostazione più pulita. E il piano di Di Francesco non ha retto
Nel campionato più pazzo del mondo, dove solo Milan e Inter trovano la continuità che le porta di conseguenza a passare il Natale in vetta, è la Roma a guidare il gruppone delle altre, quelle che alternano risultati buoni ad altri meno buoni, ma chissà perché solo dalle nostre pari si fanno tragedie quando si perde. E invece la Roma il Cagliari l'ha battuto 3-2 e così le feste distanziate e i panettoni disinfettati si condivideranno discutendo di questo bel terzo posto, raggiunto con merito (e senza il punto tolto dal Tribunale Federale: e chissà se a gennaio quello del Coni sarà magnanimo come lo è stato col Napoli) dopo aver messo in fila tante squadre tranne due, che ieri si sono fermate contro Bologna e Torino, a cui la Roma ha rifilato otto gol.
Ieri la squadra giallorossa ha vinto dominando il primo tempo, soffrendo per cinque minuti del secondo, e poi ritrovando stavolta anche grazie ai cambi di Fonseca quella compattezza necessaria a vincere le gare complicate come questa. A segno subito con Veretout, la Roma è stata ripresa da Joao Pedro a inizio del secondo tempo e quando si cominciavano a vedere i fantasmi di Bergamo, perché la testa per un po' ha portato mezza squadra a sbandare, è arrivato prima il tranquillizzante 2-1 di Dzeko e poi il rassicurante 3-1 di Mancini, prima del rigore finale realizzato ancora da Joao Pedro, stupidamente cagionato da un intervento in ritardo di Villar, unica pecca di una partita assai ben giocata.
Fonseca aveva sorpreso con le sue scelte di formazione, preferendo rinunciare a qualcosa all'inizio dal punto di vista difensivo per avere un'impostazione più pulita, e quindi reinserendo Cristante al centro della difesa, con Kumbulla e Mancini preferiti a Ibanez e Smalling, Karsdorp confermato a destra e Peres spostato a sinistra (con l'acerbo Calafiori in panchina), Villar e Veretout in mezzo dietro ai tre tenori, confermati a dispetto di ogni segno di stanchezza, comunque affiorante qui e lì. Quattro dunque i cambi rispetto a Bergamo, mentre Di Francesco ha rivoluzionato il modulo pur di uscire indenne dallo stadio che lo fece grande, in una notte di 988 giorni fa, contro il Barcellona e sulla panchina di destra della tribuna Monte Mario, quella giusta: dunque 352, con un centrale in più per la parità numerica sui tre attaccanti romanisti, e tre centrocampisti per provare a imporre il palleggio nel cuore del campo, con Nandez riportato in mediana al fianco del regista Marin e di Rog, uscito di scena dopo neanche un quarto d'ora per via di un intervento scomposto (e falloso, anche se Pairetto aveva fatto proseguire) su Mkhitaryan. Dentro Oliva, con Marin spostato sul centrosinistra: e quindi doppio svantaggio tattico per il Cagliari perché Oliva non è pulito come Marin e il romeno non è potente come il croato. Così il piano di Di Francesco non ha retto, al Cagliari per tutto il primo tempo è mancata la presenza offensiva, con Joao Pedro a lottare da solo e Simeone mai incisivo, con la Roma invece abile soprattutto nella prima impostazione di Cristante e con la solita, lucidissima regia di Villar, in crescita evidente.
La Roma ha anche fatto gol al primo affondo e questo ha messo il campo in discesa ai giallorossi, alla ricerca di un po' di conforto mentale dopo Bergamo. È successo che una bella ripartenza su una percussione del Cagliari rifinita male, Mkhitaryan ha usato tutta la sua visione geometrica per lanciare Karsdorp che ha lasciato partire poi un bel cross rasoterra, solo sfiorato da Villar e Marin e quindi aggiustato per l'arrembante Veretout, bravissimo in questo tipo di inserimenti a rimorchio: il suo destro schiacciato sul terreno ha fatto impennare la palla che ha scavalcato beffarda Cragno. Doppia ricorrenza per la Roma: 7' gol nei primi quindici minuti delle partite di questo campionato (record) e 7' gol per Veretout, il terzo centrocampista più prolifico delle 5 Top leghe europee (dopo Bruno Fernandes del Manchester United e Stindl del Borussia Moenchengladbach). Per tutto il primo tempo la Roma non ha mai sofferto il Cagliari (unico lampo sardo al 35', con una discesa di Marin) e se è andata all'intervallo con il vantaggio minimo lo si deve solo a un signore, Alessio Cragno, 26 anni, in questo momento con Donnarumma forse il miglior portiere della Serie A. Nel momento della massima pressione romanista, intorno alla metà del primo tempo, ha sfoderato tre parate strepitose su Pedro, Cristante e Kumbulla, tenendo in gioco praticamente da solo la sua squadra.
E così nel secondo tempo, dopo un clamoroso errore di Pedro che ha sprecato un 2 contro 1 ignorando Dzeko liberissimo per tentare un pretestuoso pallonetto bloccato da Cragno, il Cagliari ha aumentato l'intensità e la Roma ha cominciato a tremare, un po' ripensando a Bergamo e un po' andando giù di testa. In quattro minuti i sardi hanno avuto quattro occasioni, una circostanza incredibile rispetto a quanto si era visto nel primo tempo: Simeone ha sbagliato due gol facili, Joao Pedro ha realizzato il suo sfruttando una brutta disattenzione di Mancini, e ancora Simeone ha girato di testa sulla traversa una punizione di Marin. Stavolta però Fonseca è stato pronto a cambiare la squadra: dentro Pellegrini e Ibanez per Pedro e Kumbulla e proprio il brasiliano con uno splendido lancio ha colto Karsdorp sullo slancio esterno, l'olandese è andato fino in fondo saltando in corsa Lykogiannis e ha offerto a Dzeko il gol del 2-1 a porta vuota. Poi sono entrati Pau Lopez, per un malanno di Mirante, e Smalling per Cristante, per blindare la difesa. E su un corner proprio Smalling ha fatto da torre per Mancini per il gol del 3-1. Di Francesco ne ha cambiati altri quattro (Sottil, Pavoletti, Caligara e Pereiro per Lykogiannis, Simeone, Godin e Marin) e si è messo col 4231, tempo per Mayoral di divorarsi un gol a porta vuota e di vedere Villar sporcare la sua partita stendendo in area Joao Pedro: e sul 3-2 del brasiliano il pignolo Pairetto ha chiuso le ostilità.
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