Storia facendo s'incontrano i bomber
Il numero nove bosniaco lancia parole d’amore alla Roma «Ancora più orgoglioso di indossare questa maglia e aver raggiunto un simbolo»
Sono tre "uno" a ricongiungere due numeri uno. Quota centoundici per entrambi, a distanza di oltre settant'anni. Dzeko e Amadei a reti unificate e con lo stesso numero di presenze è una di quelle trame che soltanto la magia dei numeri applicata al calcio sa regalare. Lo ha saggiamente sottolineato Maria Grazia, la figlia del "Fornaretto", nella splendida lettera indirizzata a Edin e pubblicata nel pomeriggio di ieri dal sito del club. Parole a cuore aperto, da tifosa prima ancora che da erede di una leggenda, alle quali Edin ha risposto poco dopo, dal proprio profilo su Twitter: «Questa lettera mi ha reso ancora più orgoglioso di indossare la maglia giallorossa e di aver raggiunto un simbolo della nostra storia come Amadei. Grazie Maria Grazia e Forza Roma!». Nella lettera è stato centrato un punto che trascende cifre, record e coincidenze: si tratta del riconoscimento al bosniaco dello spirito di gruppo e più ancora di un'anima romanista, ammesso che le due doti non siano legate fra loro. Forse l'amore dei tifosi giallorossi per Dzeko più che dai gol, nasce dal suo modo di giocare per gli altri prima che per se stesso. Rarità nel calcio moderno, che sconfina nell'eccezione per chi di mestiere fa il centravanti e vive per iscrivere il proprio nome nel tabellino dei marcatori, per scalare le classifiche cannonieri. Ma il 9 di Fonseca non è incasellabile nei luoghi comuni, esce dagli schemi precostituiti: longilineo eppure dotato di tecnica sopraffina, destro naturale ma quasi "più pulito" quando usa il sinistro, sangue caliente in campo e uomo sensibile e disponibilissimo fuori. Un atipico in tutto, capace di firmare gol stellari come a Stamford Bridge e di fallirne altri a porta spalancata. Gli è successo anche domenica a Bologna, dove ha realizzato una rete da lustrarsi gli occhi: stop e sterzata a mettere fuori causa l'avversario, conclusione sul primo palo a beffare il portiere. A fronte di due occasioni facili divorate, che a fine match gli hanno fatto ammettere che avrebbe potuto e dovuto trovarsi a 113 nella classifica all-time tutta romanista.
Eppure nella storia della squadra della Capitale, Dzeko ha già scritto diversi capitoli. Ma l'ultimo ha il sapore dell'impresa destinata a lasciare una traccia profonda. Il podio è per definizione prossimo alla vetta. Ma quando questa non è scalabile da mortale alcuno perché lassù, su Marte, c'è qualcosa di irripetibile non soltanto a queste latitudini, che porta il nome di Francesco Totti, allora la faccenda si fa seria. E il secondo diventa il primo degli umani e così via, a scalare. Col simbolo del terzo Scudetto a guardare tutti dall'iperspazio, il bosniaco si è affiancato al centravanti del primo tricolore e ha messo nel mirino quello del secondo (anche se la distanza da Pruzzo a 138 non è poca). In quell'olimpo di bomber, manca ancora un titolo da raggiungere grazie ai suoi gol, ma più ancora alla sua dedizione alla causa. E chi gli sta intorno garantisce che mai come ora Dzeko ci crede.
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