La presenza silente dei Friedkin
Con un approccio completamente diverso rispetto alla gestione precedente Ryan si divide tra Roma, Londra e Svizzera, Dan ha preso casa in centro ma è sempre a Trigoria
Non parlano, ascoltano e metabolizzano. Dopo oltre due mesi dal loro arrivo a Roma e a tre nella Roma, crediamo che si possa sintetizzare così l'approccio mediatico della famiglia Friedkin nei confronti della società giallorossa e della città. L'ultimo esempio, sempre in rigoroso silenzio, ce lo hanno regalato domenica scorsa allo stadio Olimpico dove, puntuali, papà Dan e figlio Ryan si sono presentati in tribuna con mascherina d'ordinanza. Oddio, non proprio d'ordinanza, visto che le mascherine indossate dai nuovi proprietari sono finite su tutti i giornali con migliaia di commenti social. Perché quelle mascherine come logo giallorosso avevano il vecchio stemma della società, quello con la scritta ASR, stemma che la precedente proprietà aveva cambiato e tutto è stato meno che un successo. Ultimo comportamento, avrebbe detto Spalletti, quello dei Friedkin, che ha riscosso un notevole consenso da parte di quella parte della tifoseria, non poca, che da tempo sta chiedendo il ritorno al vecchio stemma. È stato l'ultimo esempio in controtendenza rispetto alla precedente proprietà. In precedenza c'erano stati per esempio i sussurri e grida a proposito dello stadio di Tor di Valle e, anche, le parole nell'ultimo comunicato ufficializzato dalla società per annunciare l'arrivo di Tiago Pinto nel ruolo di direttore generale.
Una nuova etica
Comunicato, in un passaggio, in cui i Friedkin hanno parlato di «nuova etica sportiva della Roma». Quel nuova fa tutta la differenza del mondo e, vi possiamo assicurare, alla vecchia proprietà non ha fatto certo piacere. In più si potrebbero aggiungere anche le presenze allo stadio visto che in due mesi ne hanno collezionate quasi più di Pallotta e, anche, la loro presenza costante a Trigoria, al fianco della squadra, tutto il contrario del bostoniano, cosa che è stata tra i principali capi d'accusa nei suoi confronti. Quasi che i Friedkin con questa serie di comportamenti si stessero prendendo una sorta di rivincita nei confronti di Pallotta rispetto alle parole che usò il bostoniano quando l'affare sembrava saltato («Se i Friedkin hanno i soldi la Roma possono prenderla»). Crediamo non sia reato pensare che questi comportamenti in qualche maniera siano stati suggeriti da qualcuno, magari una società di comunicazione, a cui i nuovi proprietari potrebbero aver chiesto: «Ma perché Pallotta stava così sulle scatole (eufemismo) ai tifosi?».
Una nuova comunicazione
In effetti, oltre ad affidarsi all'ufficio stampa di Trigoria, i Friedkin da tempo fanno curare la loro comunicazione da una società, la Twister (sede a Dubai, soci in tutto il mondo) che li sta supportando già da ben prima che diventassero proprietari della Roma. Pare che la cosa stia funzionando. Pur nel silenzio totale di Dan e Ryan di cui, fin qui, non abbiamo ascoltato la voce, al massimo alcuni virgolettati nei comunicati della società. Del resto tutti quelli che hanno avuto un minimo di contatto con i Friedkin, all'unanimità concordano sul fatto che i due, come tutta la famiglia, sono assolutamente ossessionati dalla riservatezza e dalla sicurezza. Per dire: le forze dell'ordine italiane al momento del loro sbarco a Roma, offrirono la possibilità di garantire una scorta, i Friedkin ringraziarono ma risposero che ci avrebbero pensati da soli. E, infatti, oltre ai loro più stretti collaboratori ovviamente born in the Usa, anche la scorta, grazie pure all'ambasciata a stelle e strisce, è americana. Ryan in questi oltre due mesi romani, non si è quasi mai mosso dalla Capitale. Ha acquistato un appartamento (grandino) in centro da cui si sposta per andare a Trigoria. Dove ha un grande ufficio. Quando arriva, e spesso nessuno all'interno del Bernardini sa quando si presenta, si chiude all'interno e lavora per ora alle cose di Roma. Quando può segue gli allenamenti della prima squadra, ma sembra che sia affascinato ancora di più dalle squadre giovanili, in particolare quelle dei più piccoli. Prima del nuovo lockdown, alcune sere è uscito con un suo carissimo amico romano, conosciuto ai tempi del college. Papà Dan che peraltro non si pensava rimanesse così a lungo a Roma, quando è nella capitale continua a soggiornare in un grande albergo vicino a Piazza Navona. Ogni mattina entra in un bar per fare colazione con cappuccino e cornetto. Per il resto il grande capo spesso è in viaggio. Non con uno dei suoi tre aerei (tutti a terra a Houston), ma con aerei privati. S'imbarca a Ciampino, destinazioni più frequentate la Svizzera e Londra (dove è volato subito dopo la conclusione della partita col Parma), ma anche Lisbona e Montecarlo. La Svizzera per mister Friedkin è il cuore delle sue attività in Europa, mentre i viaggi a Londra sono soprattutto d'affari. Nella city, avendo come Cicerone il dottor Barnaba, papà Dan sta cercando soci per la Roma e per l'affare stadio. Quello di Tor di Valle pare che lo convinca poco, forse perché lo ha pensato Pallotta.
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