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Monteverde come Testaccio: storia di una bandiera che resiste dal 1983

Esposta alle intemperie meteorologiche, sociali e calcistiche dei decenni a seguire, è rimasta orgogliosamente viva, sia pur non in salute

PUBBLICATO DA Riccardo De Luca
16 Novembre 2020 - 11:57

C'è un angolo giallorosso tutto particolare a Monteverde Nuovo. Si trova in via Cosimo Giustini, una via alle spalle di Piazza San Giovanni di Dio, chiusa al traffico e divisa a metà da una cancellata, e che collega via Palasciano a via Jenner. Dando le spalle a via Palasciano, oltre la cancellata si nota una palazzina di soli due piani, molto simile a quelle che compongono i caseggiati anni Trenta di Testaccio, quelle facciate mai ristrutturate nel corso dei decenni, quasi perché farlo comporterebbe ridurne il fascino.

Da una di quelle finestre, chi scrive - che è cresciuto nei paraggi e vi rimase fino ai primi anni Duemila - ha visto per anni far capolino una bandiera. Quasi mai aperta dal vento, che faticava ad arrivare in quella stradina. Mai sorretta da una mano che la tirasse dentro ogni tanto. Una bandiera celebrativa dello scudetto dell'83. Una di quelle prodotte su larga scala da quei geni oscuri del marketing del tifo, disegnate con una grafica davvero dozzinale, eppure destinata a evocare ricordi ogni volta che le rivolgevo lo sguardo.

La scritta "Roma Campione d'Italia" con effetto tridimensionale, un pallone di quelli a tasselli pentagonali bianchi e neri, che va a morire nell'angolo in basso a sinistra, e che trascina con sé una scia di strisce alternate gialle e rosse che prendono origine dal simbolo dello scudetto, disposto sulla destra. Con i numeri dell'Anno Santo 1983 (lo era veramente) disposti in verticale sulla parte bianca. E con una corona regale su di esso. In basso, una coppa con la scritta "Uefa 1960-61" alla base. Sarebbe in realtà la Coppa delle Fiere, ma la forma non è certo quella del trofeo alzato da Giacomo Losi 59 anni fa. E le coccarde che rappresentano le quattro Coppe Italia vinte fino ad allora. Un palmarès incompleto, perché mancano lo scudetto del 1942 e il Trofeo Anglo-Italiano del 1972. Il tutto comunque disposto su campo bianco.

Quella bandiera oggi è così come la vedete in foto. Ha perso quasi del tutto il colore. Esposta alle intemperie meteorologiche, sociali e calcistiche dei decenni a seguire, è rimasta orgogliosamente viva, sia pur non in salute. Ora le è stato concesso un posto d'onore nel giardinetto condominiale a livello strada, mentre da quella finestra ne spunta un'altra risalente a quegli anni, ma che sembra nuova.

Ci piace pensare che chi abita quelle finestre rappresenti un avamposto, un presidio giallorosso, un pezzo di Testaccio a Monteverde Nuovo, contro un certo antiromanismo piuttosto radicato (nei dintorni sono presenti ben 3 bandiere del club che rivendica un presunto primato nella città, il cui nome eppure i suoi sostenitori offendono sistematicamente). Quella bandiera riporta la mente di chi scrive, ogni volta che la rivede, alla mattina di quel 15 maggio 1983, quando, dodicenne, percorreva le strade del quartiere, rapito dai colori e dai suoni delle trombette, in attesa di recarsi a Piazza del Popolo e poi al Circo Massimo. È come il mazzo di fiori con cui l'innamorato attende con perseveranza ogni giorno, per anni, decenni, che la donna che lui ama si decida a corrisponderlo. La speranza che quei colori ora sbiaditi tornino vivaci e fiammeggianti come prima.

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