Fienga: "Non poter costruire uno stadio ti taglia le gambe"
L'ad giallorosso all'evento on line "Sport Lab": "Il calcio senza pubblico è un altro sport, sicuramente più brutto. Un impianto di proprietà può valere il 30% di fatturato"
L'amministratore delegato della Roma, Guido Fienga, è intervenuto nel corso dell'evento "SportLab".Sullo Stadio della Roma: "Non voglio fare commento politico, il Covid ha dimostrato che il calcio senza pubblico è un altro sport, sicuramente più brutto. Serve la cornice. Lo stadio non è un contenitore di pubblico ma serve ai club per crescere: le squadre che crescono costantemente hanno uno stadio di proprietà. Non facilitare uno stadio di proprietà significa tagliare le gambe alle prospettive di sviluppo, si perde proprio nel valore del brand. La qualità degli stadi è anche una discriminante per far parte delle competizioni più prestigiose: non è solo un vezzo. La Roma ha aspettato pazientemente le istituzioni, ma la sua situazione è penalizzante: non solo non ha uno stadio di proprietà ma non può nemmeno gestire l'impianto (l'Olimpico, ndr.) e quindi i business collaterali: questo fatturato rappresenta il 30% del totale per le società che lo posseggono".
Fienga riflette poi sui cambiamenti nell'industria della distribuzione dei contenuti e sul cambiamento delle modalità di fruizione delle tecnologie nel calcio ed il possibile ingresso di nuovi fondi: "C'è stata l'apertura a partner che aiutano a sostenere questo nuovo modello di distribuzione del calcio, stabilizzando i flussi di cassa per le società. I fondi riescono ad aggreare un progetto unendo un contenuto esplosivo, esperienza in altri settori e competenze tecnologiche. Bisogna anticipare l'evoluzione dei consumi con modelli nuovi, processo che viene facilitato dall'ingresso dei fondi. Non servono partner che portino soldi, ma serve know-how, non meri finanziatori. L'ingresso sarà con percentuale di minoranza e porterebbe nuove competenze, arrivando ad offrire qualcosa di diverso e nuovo ai tifosi".
Sulle difficoltà seguite al Covid e su come uscirne, anche grazie all'apporto sociale del calcio: "Per un periodo è salutare che ci sia un riassetto dei valori. Tutto il sistema sta perdendo ricavi e servono costi più efficienti. La componente costo-calciatori non è ancora sistemata, ma la riduzione dei prezzi dei trasferimenti è stata un grosso segnale. Si esce da questa fase se tutti si posizionano al ribasso, altrimenti se non si ridistribuisce la perdita il sistema si rompe. Le discontinuità sociali portano ad una necessità di rinnovamento: il calcio ha la virtù di abbinare capacità di attrarre investimenti e generare sentimenti positivi ed ha anche un forte radicamento locale ed internazionale. Se viene capito che il calcio e le squadre sono uno dei più grossi acceleratori di ripresa, appare chiaro perché vada sostenuta la capacità di investire negli stadi e di programmare stagioni fattibili".
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