Boom di goal: quando l’Italia riscopre il gusto del gioco
Fonseca in copertina nella quarta giornata della Serie A. Ormai non c’è quasi più nessuno che specula, lo spettacolo è assicurato
Leggiamo uno in fila all'altro i risultati della quarta giornata del campionato di serie A, senza le partite: 4-1, 3-0, 1-2, 1-1, 3-4, 2-2, 2-3, 3-2, 5-2, 0-0. Leggiamo ora i risultati della quinta giornata del campionato di serie A 1985-86: 2-2, 0-0, 0-0, 2-0, 0-0, 1-1, 2-0, 1-1.
Per la cronaca quel giorno, il 22 settembre 1985, la Roma battè il Torino 2-0: era la bella Roma di Eriksson, quella che nel girone di ritorno compì una rimonta clamorosa annullando gli otto punti di distacco con la Juventus alla fine del girone d'andata (sarebbero 12 di oggi, visto che la vittoria all'epoca valeva due punti) salvo poi smarrirsi alla penultima in casa, a rimonta compiuta, perdendo contro il Lecce già retrocesso. La Roma quell'anno vantò il miglior attacco della serie A, in un anno in cui però mediamente si segnò pochissimo, 1,93 reti a partita. Sapete qual è la media gol delle gare di questo campionato? Al momento 3,74, praticamente il doppio. Chi vinceva allora? La Juventus. Chi vincerà oggi? Per ora è in testa il sorprendente Milan di Pioli, ma la favorita resta ancora la Juventus, dominatrice del campionato da nove anni. Morale? Puoi giocare come vuoi, ma alla fine i valori tecnici in un modo o nell'altro vengono fuori. Perché allora svilirsi nella concezione più utilitaristica e meno offensiva del gioco del calcio, come da queste parti si è fatto per decenni? Da qualche anno a questa parte (ma la maggior parte degli opinionisti sembrano essersene accorti solo oggi) l'Italia ha cambiato marcia e si è adeguta al trend internazionale: Guardiola ha lasciato un segno profondo nell'anima di chi soprattutto da queste parti era ancorato ai vecchi precetti del catenaccio e del contropiede e oggi in qualsiasi categoria, di qualsiasi campionato professionistico (ma anche i dilettanti ormai si stanno adeguando, grazie al martellante lavoro del settore tecnico nazionale), è pieno di allenatori che propongono un calcio finalmente moderno, elastico, fluido, aperto, di concezione prettamente offensiva, lavorando ogni giorno sul campo e insegnando di nuovo i fondamentali tecnici. Difficilmente in virtù di questo un Sassuolo vincerà mai il campionato, ma di sicuro il livello del movimento calcistico cresce dalla base e infatti oggi si è finalmente tornati a parlare nuovamente di sette grandi del campionato solo in virtù del gioco che le nostre squadre propongono, un po' come qualche anno fa esistevano le sette sorelle in virtù, allora, solo degli investimenti suicidi di imprenditori che bruciavano miliardi (di lire) alla ricerca del calciatore in grado di fare la differenza. Oggi invece la Juve cerca di adeguarsi all'Europa cercando nuove strade tattiche.
L'esempio del Benevento
Se questa rivoluzione si è compiuta grazie soprattutto all'impegno e alla volontà innovativa degli allenatori, per i presidenti ancora c'è da lavorare. Il calcio, a prescindere dai danni indiretti per l'emergenza Covid, continua a bruciare troppi milioni (di euro) sul mercato. Ma almeno sul campo il divertimento non manca davvero, migliora la mentalità offensiva anche tra le cosiddette provinciali, le partite sono spettacolari e piene di gol (e di sicuro incide anche la mancanza di pubblico, che a volte rappresenta un stimolo a non mollare), magari a scapito di quei bei schieramenti a catenaccio che esaltavano le caratteristiche prettamente muscolari dei difensori di scuola, si diceva, italiana. Ma se gli chiedevi di fare un passaggio di dieci metri andavano in difficoltà. Oggi addirittura il portiere viene valutato anche per la capacità di saper dosare un lancio. Così anche un portiere discreto come Mirante trova gloria e copertine per il suo assist di sessanta metri che ha favorito il gol del 2-1 della Roma sul Benevento. E proprio il Benevento rappresenta un esempio formidabile di questa storia: al presidente Vigorito, e lo dimostra la precedente esperienza di De Zerbi (a sua volta solo ora sdoganato dal grande calcio, dopo anni di insulsi risolini ad accompagnare qualche inevitabile imbarcata difensiva, ignorando l'immenso lavoro di costruzione di una squadra che si andava compiendo), non basta più puntare a salvarsi, vuole farlo attraverso una squadra in grado di cercare il risultato anche all'Olimpico contro la Roma. E per poco non ci è riuscito, anche se il 5-2 finale sembrerebbe dire altro. Ma guardate bene i numeri pubblicati qui a fianco: costruire tanto, tenere il pallone per la metà del tempo, quasi con la stessa qualità di possesso, arrivare tante volte nell'area avversaria, avere un'intensità di pressione pari alla Roma, tirare dieci volte e raggiungere un potenziale di expected goal di 2,68 significa moltissimo per Inzaghi, che proprio in virtù di questa mentalità ha stravinto il campionato di B e non vuole fare solo da sparring partner in serie A.
I pregi della Roma
In tutto questo vanno tenuti nella giusta misura gli indubbi meriti della Roma, e di conseguenza di Fonseca, al centro di una curiosa guerra mediatica che s'è scatenata all'improvviso. Nonostante l'evidente buona strada intrapresa (sommando il finale dello scorso campionato e l'inizio di questo, la Roma ha infilato dodici risultati utili con nove vittorie e tre pareggi) e volendo considerare anche l'incidente di percorso col Siviglia (contro una delle squadre più preparate d'Europa, come ha dimostrato anche la finale con l'Inter), il portoghese sta rendendo efficace anche in fase di non possesso una squadra che prima sembrava avere una scriteriata concezione offensiva che però la esponeva anche a clamorosi svarioni. Ora non è più così, parte per via del cambio di sistema (anche se domenica si è tornati all'amato 4231 per buona parte della gara), parte per l'evidente miglioramento tecnico che c'è stato nella rosa. Oggi la Roma è una squadra a cui non è facile far gol (ne ha presi quattro reali: due su rigore, uno su autogol e quello da marziano di Ronaldo sopra la testa del povero Bruno Peres) e che ha un potenziale persino ancora inespresso, considerando la media di expected goal superiore a due a partita. Lunedì il Milan rappresenterà un bell'esame (a cui, parere personale, la Roma si approccerà con solide possibilità di promozione), anche se prima Fonseca dovrà affrontare l'impegno di Berna con lo Young Boys con diverse possibili rotazioni (e senza Smalling e lo squalificato Mancini o resta a quattro dietro o dovrà rispolverare Fazio). Forse non per caso ha tirato fuori la difesa a quattro contro i campani: nella sua testa, la vera Roma offensiva è quella col 4231, la variante a tre difensori, con due centrocampisti, due esterni, due trequartisti e una punta, è la soluzione prudente.
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