AS Roma

De Rossi: "Ho visto i compagni con gli occhi lucidi: ora sanno cosa significherebbe vincere qui"

Il capitano della Roma a Slideshow su Roma Tv: "Monchi mi ha fatto restare. Di Francesco scelta vincente. Kolarov e Dzeko salto di mentalità"

PUBBLICATO DA La Redazione
25 Maggio 2018 - 13:07

Daniele De Rossi è stato il protagonista della puntata del programma "Slideshow" andata in onda alle 15 su Roma Tv. "L'inizio della stagione non è stato a Pinzolo ma il 28 maggio scorso. E' iniziata una nuova vita per Francesco e per tutti i romanisti", ha detto il Capitano della Roma sul canale ufficiale della Roma. Ecco le sue parole integrali. 

Di Francesco

"Questa forse è la foto del primo giorno. Non c'ero, ma ci informavamo a distanza. Da subito abbiamo avuto notizie su qual era l'impronta del mister e del suo staff. Grande motivazione e grande intensità, ciò che abbiamo poi ritrovato a Trigoria durante l'anno. Non era facile subentrare alla prima esperienza in un grande club e prendere una squadra che aveva fatto 87 punti, il risultato più alto della sua storia. Presentarsi come ha fatto lui e raggiungere poi i traguardi di quest'anno. Una scelta che aveva fatto storcere la bocca a qualcuno durante l'estate si è invece rivelata assolutamente vincente nel corso della stagione".

Le tournée in America

"In America ci andiamo volentieri, sappiamo che è parte del nostro lavoro. Incontri grandi squadre, giochi in grandi stadi, scopri città nuove e si entra in contatto con tifosi che non pensi nemmeno di avere. Sono state sempre esperienze positive".

Aleksandar Kolarov

"La prima partita di campionato è stata decisa da Kolarov, un giocatore che è uno dei motivi per cui la Roma quest'anno ha fatto un salto di qualità dal punto di vista della qualità. Complimenti a lui e a chi ha avuto l'intuizione di prenderlo. Se qualcuno aveva storto per il mister, figuriamoci per lui, lo aveva fatto mezza Roma. Lo conoscevo da tanti anni ma giovandoci insieme ho capito perché ha fatto una carriera da campione e si sta mantenendo su questi livelli. Sia come qualità tecniche sia come mentalità è di una spanna superiore a tutti e anche a livello ambientale è stato capace di sopportare quello che qui a Roma calcisticamente può essere un fardello, cioè aver giocato nella Lazio tanti anni fa". 

Edin Dzeko

"Continuo a parlare di salto di qualità dal punto di vista della mentalità: Dzeko l'anno scorso ha fatto quasi 40 gol, quest'anno ne ha fatti di meno, ma secondo me alcune partite le ha letteralmente vinte da solo. E' sbagliato dire così perché si vince sempre insieme, ma ha fatto letteralmente quello che la squadra si aspetta da un fuoriclasse: si è caricato la squadra sulle spalle e ci ha trascinati. E' il classico trascinatore, non solo per il fisico ma anche per l'attitudine che ha in campo. In questa foto dietro c'è Spalletti, al quale sono legato e a cui sono legato, e la partita con l'Inter è stata assurda: fu il brusco risveglio del campionato dalla Var. Con l'Inter meritavamo di vincere e siamo stati sfortunati, l'hanno vinta loro".

Lo scetticismo su Alisson, ma poi...

"Questa partita non la ricorderemo come la migliore della stagione, magari non ci ha fatto battere i cuori come altre di quest'anno, ma è stata importantissima. Un punto fondamentale per la classifica di Champions, grazie ad Alisson che ci ha tenuto a galla lì e tutto l'anno. In quel periodo c'era qualche mugugno, abbiamo fatto il primo tempo bene e il secondo malissimo. Rimanere a pari punti con l'Atletico ci ha fatto capire che la qualificazione in quel gruppo che sembrava impossibile poteva essere raggiungibile e giocabile fino alla fine del girone. Io mi chiedevo: 'Come si fa a spendere dieci-dodici, milioni per un portiere mai visto, se abbiamo Szczesny?'. Il mio migliore amico me lo ripete sempre: 'Tu dopo un mese dall'acquisto, anche se questo non giocava mai, mi hai detto che era un fenomeno'. Ne ho visti tanti di portieri che prendono tutto in allenamento, ma giocare a calcio è un'altra cosa. Ci sono due fattori fondamentali: è un professionista serissimo che ci tiene alla Roma e ci tiene a se stesso, come è giusto che sia. Si allena sempre bene. E l'altro fattore è stato Marco Savorani. Io non mi alleno con lui, non so se è bravo o meno, ma ne parlano tutti benissimo, soprattutto i suoi portieri. E i risultati si vedono. Vedo portieri che migliorano costantemente, qualche fondo di verità ci deve essere se tutti dicono così".

Su Roma-Napoli

"Questa è un'altra tappa non proprio felicissima della nostra stagione. A inizio anno lo abbiamo fatto qualche piccolo passo falso. Abbiamo perso in casa con una squadra che è quella che gioca meglio in Italia e non solo, subendo un gol in maniera sfortunata con un mio rimpallo. Abbiamo avuto un approccio diverso nel secondo tempo, aggredendoli senza temere il loro palleggio. Quel secondo tempo, anche se non abbiamo strappato punti, ci ha segnato la via: anche se le squadre sono più brave a tenere palla, se tu non le aggredisci la palla non la prendi mai. Invece aggredendole, e questo è il credo del mister, le metti in difficoltà".

I leoni di Stamford

"Chelsea-Roma 3-3 è stata una serata indimenticabile per ogni romanista. La partita che ci ha fatto veramente capire che potevamo andare avanti in Champions. Una partita che non abbiamo vinto, ma ch eavremmo meritato di vincere. Abbiamo dato un antipasto all'Europa di ciò che potevamo fare. Mise tutto su un piano diverso. C'è stato anche quello che sarebbe stato il nostro compagno di viaggio: la Curva in trasferta, la Curva in casa. I tifosi dietro che esultano ai nostri gol".

Il derby d'andata

"Negli ultimi derby eravamo usciti in Coppa Italia e avevamo perso in campionato. Continua ad esserci una sostanziale differenza di qualità tra noi e loro, noi siamo meglio, ma queste partite sono sempre difficili da giocare, c'è sempre tensione. Anche l'avversario gioca con tensione e attenzione. E' stata la partita perfetta per quanto riguarda ciò che vuole il mister: aggressione costante nella loro metà campo. Facemmo due gol in questa maniera. E poi dopo chiudemmo la partita con le individualità. Puoi pressare quanto ti pare, ma se poi non hai un giocatore come Radja che da trenta metri la schiaffa all'angolino, magari fai 0-0. E' stato un buon mix: l'allenatore che ti organizza bene la partita e un campione che la decide".

Il sostegno dei tifosi

"C'è stato un ravvicinamento netto tra noi e i tifosi, tra noi e la Curva. Da parte loro, perché noi siamo sempre stati qui a fare il nostro lavoro, a volte bene e a volte male, ma non possiamo fare più di tanto, se non dargli un motivo per essere orgogliosi. Quest'anno credo che lo abbiamo fatto. Loro l'hanno sentito. Non è vera la storia che se non vinci i tifosi non ti vengono dietro: quest'anno non abbiamo vinto eppure abbiamo trovato non so quante migliaia di persone a far galleggiare il nostro autobus fuori dallo stadio prima di una finale di Champions persa 5-2 all'andata. La coreografia col nome "Roma" sembra minimale, ma c'è tutto ciò che vogliamo: lo stadio, la Curva piena, i colori nostri, il nostro nome e questa unione tra noi e loro che abbiamo ricreato. Possiamo solo essere felici di questo, può solo farci ben sperare".

Primi!

"Avevamo appena scoperto che saremmo stati i primi nel girone. Una cosa che poi ci ha dato una mano. Passare primi nel girone di Champions non è una cosa da Roma, diciamo, anche se fa male. E invece ci siamo ritrovati a essere una squadra che ha saputo imporsi per prepararsi a un quarto di finale probabilmente più agevole".

Il nuovo ruolo di Totti

"L'inizio della stagione non è stato a Pinzolo ma il 28 maggio scorso. E' iniziata una nuova vita per Francesco e per tutti i romanisti. Vuoi o non vuoi, giovani e vecchi, non vederlo più in campo con la fascia, anche se ha giocato di meno, è qualcosa di nuovo e scioccante. Lo è stato anche per noi calciatori. La prima stagione senza di lui è stata complicata e sono ancora più contento che sia andata secondo me molto bene come risultati e atmosfera, perché non era facile. Non è facile privarsi di un simbolo così tanto e ricreare questo entusiasmo nonostante la sua assenza. E' stato un dirigente e si è rapportato a Di Francesco come tale, anche se erano compagni di squadra. Credo sia stato difficile anche per lui, ma adesso lo vedo calato nella parte. Anche i giocatori lo riconoscono come una figura dirigenziale e non più come un ex compagno che magari fino al giorno prima faceva battute dentro lo spogliatoio. E' sempre il cazzarone che era una volta ma si sta ritagliando questo ruolo che penso e spero che sia il ruolo che ricoprirà in maniera ancora più importante in futuro".

La Coppa Italia e il futuro di Schick

"Roma-Torino è stata una delle partite più brutte. Avremmo meritato di vincere secondo me. Abbiamo sbagliato un rigore e tante occasioni. Mi fa più male rispetto ad altre sconfitte in casa, che sono state troppe quest'anno, perché siamo usciti da una coppa alla quale teniamo, ma forse dovremmo tenere ancora di più. Dobbiamo puntarci molto, sarebbe importante tornare ad alzare un trofeo. Ci fu un guizzo di Schick, che purtroppo però non è servito. E' stata una brutta partita. In questa brutta partita abbiamo trovato questo giocatore, Patrik, che ha alternato ottime partite a partite più deludenti: è un ragazzino, lo aspettiamo perché potenzialmente né noi né lui ci rendiamo conto di ciò che potrebbe fare in futuro".

Obiettivo Scudetto

"Subito dopo c'è stata Juventus-Roma. Sfortunata. Se ne sono dette tante. Si è parlato di loro più cattivi e più cinici, per me sono inesattezze. Sono più forti da anni a questa parte. Hanno una potenza societaria ed economica che li ha resi per ora imbattibili. Noi puntiamo a batterli. Quella è stata una partita che noi potevamo tranquillissimamente pareggiare, ma alla lunga loro hanno questa concentrazione e questa intensità da cui noi dobbiamo prendere spunto. Forse è solo questo che ci manca. L'obiettivo è tornare a giocare come abbiamo fatto quest'anno: ci conosceremo di più, perderemo meno punti per strada, l'obiettivo è quello di andare a dargli fastidio un po' come ha fatto il Napoli fino alla fine del campionato, magari togliendogli lo scudetto dal petto".

Roma-Sampdoria e le sconfitte in casa

"La Sampdoria, un'altra partitaccia. Il periodo nero di gennaio. Abbiamo avuto troppi cali di rendimento in casa. Battute d'arresto che pesano sulla classifica ma soprattutto sul morale. Io gennaio l'ho vissuto in maniera abbastanza lucida perché ero infortunato, l'ho vissuto quasi da spettatore, ma in quel periodo abbiamo un po' perso la trebisonda, eravamo un po' nervosi, non più sicuri di essere così forti come pensavamo. Sono partite che mi fa male ricordare, tutti punti che poi ti portano ad allontanarti dalla vetta e a giocare il campionato in altre zone. La qualificazione in Champions League per noi dovrebbe essere scontata".

Cengiz, il futuro della Roma

"La vittoria col Verona fuori casa, stesso periodo. Una vittoria in cui anche battere una squadra di bassa classifica ti dà morale. E poi ci ha fatto scoprire un campioncino che era non un oggetto misterioso, ma non aveva fatto parlare di sé come ha fatto poi. Lui è un po' il mio figlioccio, anzi figlioccio è sbagliato, è il mio cavallo. Avremo scambiato dieci parole in tutto l'anno perché lui dice ciao, buonasera, buongiorno e buon appetito. E io questo glielo dico sempre, deve imparare l'italian più in fretta che può. Ma al di là di questo il fatto che parli poco, ma che gli si legga negli occhi la voglia di migliorarsi e l'umiltà, e che abbia delle qualità eccelse, fa sì che il futuro è dalla sua. Un altro colpo di Monchi. Spero che sarà il futuro della Roma perché è un giocatore incredibile secondo me, a questa età ha avuto un exploit che fa pensare che potrà essere determinante per il nostro futuro. E sono contento perché è proprio un bravo ragazzo".

O sole mio

"La faccia di Insigne in questa foto dice tutto. In quel momento si parlava del Napoli come fosse il Barcellona o il Real Madrid, perché era una squadra che col gioco ti stendeva. Credo sia stata la loro prima grossa sconfitta casalinga della stagione, il primo passo falso, il primo risveglio da quel sogno che hanno cullato fino alla settimana scorsa. Andammo subito in svantaggio ma pareggiammo subito e fu fondamentale. E' stata una partita incredibile dal punto di vista dell'attenzione e della qualità delle giocate singole, e poi insomma una di quelle partite in cui il nostro numero 9 ha deciso di far vedere a tutti quanti che... è più forte degli altri, dai".

La rimonta sullo Shakhtar

"Importante, bella, sofferta. Lo Shakhtar è molto forte. All'andata vinsero e sembrava difficile recuperarla, perché con quei contropiedisti e quel modo di giocare ero sicuro che ci avrebbero messo in difficoltà. Fu la prima di una serie di partite in cui dimostrammo a tutti che siamo veramente forti. Il gol con quella grande palla di Strootman, la sofferenza finale, Dzeko che ci faceva salire, noi attenti in fase difensiva. Non abbiamo concesso nulla, è stata la partita perfetta. L'1-0 è meno affascinante del 3-0 al Barcellona, o di altre vittorie come il 4-2 al Napoli, ma se io fossi un allenatore vorrei una partita del genere. Vittoria meritata".

A testa alta al Camp Nou

"Una serata innanzitutto bellissima. Giocare in questi stadi con queste platee è qualcosa di incredibile per un calciatore. Non appena c'è stato il sorteggio il mister ha detto 'Pensiamo al campionato perché manca ancora tanto'. In privato mi disse 'Guarda che sono battibili, li ho visti col Chelsea e in altre partite, hanno grosse carenze quest'anno'. Ce la siamo giocata al Camp Nou, una partita degna, giusta e tosta. Ci furono due rigori netti per noi non dati. Siamo stati bravi a non abbatterci e a non piangere a fine partita, perché c'era ancora il ritorno. Al ritorno sappiamo come è andata. Lì i gol ce li siamo fatti da soli, uno l'ho fatto io buttando la palla nell'unico punto in cui Alisson non poteva prenderla".

In semifinale!

"Fa ridere questa foto di Manolas che esulta dopo il gol al Barcellona, perché c'è tutto, c'è il calcio, c'è lo sport che amo. Mi fa ridere anche Manolas, lo conoscete, è un tipo particolare, fa ridere. E' stato per il primo anno da quando è arrivato un grandissimo compagno di squadra. Ero preoccupato quando è andato via Rudiger, e lo sa, glielo ho detto, perché è sempre stato un grande giocatore ma sempre un po' particolare, vittima dei suoi alti e bassi. Quest'anno è stato esemplare nel gioco e nel comportamento. E' sempre un altro che fa casino nello spogliatoio, che urla, ma è divertente e simpatico. Un professionista serio, uno dei difensori più forti del mondo secondo me. Ma la cosa più bella qua sono quelli con la felpa arancione, col giubbotto arancione: questa è la forza di questa squadra. C'è Pellegrini che si abbraccia con un preparatore atletico, Gonalons che ha gli occhi iniettati di sangue, questa è la nostra forza. I giocatori che magari non erano protagonisti in prima persona, ma guardateli in faccia e capirete quanto hanno voluto questo passaggio del turno, questo sogno che poi abbiamo regalato a quelli dietro, alla curva. Guardare i video delle squadre avversarie è fondamentale, farlo bene non è solo farti sapere cosa fare in campo ma risvegliare la coscienza dei giocatori, farti rendere conto che in quell'occasione questa squadra soffre e gli puoi far male. Poi eravamo consapevoli che bisognava fare un miracolo, fare la partita perfetta, bisognava segnare presto, farne un altro non troppo tardi, tutte cose che abbiamo fatto. Magari se la rigiochiamo tante volte non vinciamo 3-0, ma sicuramente se rigiochiamo tante volte Barcellona-Roma non perdiamo 4-1".

Un gruppo di amici

"Siamo un gruppo di amici. Dopo la vittoria col Barcellona è stato un post partita singolare. Io ero a fare i controlli antidoping, chiuso come uno scemo. Ho vinto il Mondiale a 22 anni e anche lì ho dovuto fare i controlli, quindi anche lì non ho potuto festeggiare bene. Meglio vincere e non festeggiare e passare la serata all'antidpoping che non vincere. Io voglio davvero bene a questo gruppo, è il gruppo perfetto, anche i ragazzini. Tutta gente che agli occhi meno attenti potrebbe sembrare meno importante, ma ne fanno tutti parte. Capradossi è un ragazzo eccezionale, così come Antonucci e Jonathan Silva, quando devono entrare sono stati fondamentali. Pensate a Bruno a Donetsk. Questo spirito di gruppo ti fa giocare bene quando entri".

L'omaggio alle vittime di Hillsborough

"Quando siamo andati a Liverpool c'è stato il momento toccante dell'omaggio doveroso alle 96 vittime della tragedia di Hillsborough. Doveroso il rispetto nei confronti di una tifoseria che ancora oggi piange cuginetti e nipotini. Le età lette sulla lapide fu la cosa che più ci colpì. 20 anni, 30 anni, 10 anni. Cose agghiaccianti se si pensa che erano solo andati a vedere una partita di calcio. Massimo rispetto per chi ha sofferto in queste circostanze e grande rispetto per la mia società che è stata attenta a una cosa del genere: sono stati loro a consigliarci di fare questo passaggio".

La partita di Anfield

"Che fa nella foto, chiede scusa? (ride, ndr). Un giocatore eccezionale, un ragazzo eccezionale, merita ciò che sta ottenendo quest'anno. A proposito di partite che se le rigiochi altre dieci volte non finiranno mai così: quella di Anfield è una di queste. Siamo tutti contenti del percorso fatto, ma io continuo a non dormirci la notte perché secondo me potevamo fare di più. Un po' mi fa male perché presumo e ho paura che non mi ricapiti più. Abbiamo incontrato una squadra forte, un allenatore fortissimo, hanno saputo giocare sulle nostre incertezze. Momo su tutti ha fatto la differenza e mi auguro veramente che continui a far parlare di sé perché è un po' come Cengiz, parla poco, è umile, semplice, timido ma simpatico. Mi piacciono entrambi, Salah ha dimostrato di più ma se dovessi scommettere su qualcuno che potrà ripercorrere le tappe di Momo dico Gengo".

Roma-Liverpool, le basi del nostro futuro

"Dopo Roma-Barcellona avremmo dovuto vedere le stesse teste abbassate viste dopo Roma-Liverpool, perché c'era da fare un'impresa e un'impresa la fai una volta, è difficile ripeterla. Ci siamo andati vicino. Anche in questo caso lo possiamo dire con serenità: stavamo 2-2, se avessimo fatto il 3-2 con l'espulsione del difensore al 62', chi lo sa cosa avremmo raccontato. Chissà se avremmo fatto lo Slideshow oggi o fra dieci giorni. Ma andiamo avanti da quello che abbiamo ricreato. Dopo la partita eravamo abbacchiati ma a qualsiasi giocatore c'era da dire di guardare lo stadio che ci applaudiva: da lì si riparte e da lì si ripianta il seme della vittoria nella maniera più immediata. Il prima possibile per me, perché non ho molto tempo. Ma questa stagione rimane una base calcistica per i prossimi dieci anni".

L'amore folle

"Sai fai 0-0 fuori casa e vai a giocarti il ritorno di una semifinale con lo stadio pieno dici 'Grazie dove vuoi che vadano se non li a sostenerti'. Invece perdi 4-1 a Barcellona e 5-2 a Liverpool e trovi quasi questa violenza simbolica nel tifarti e nello spingerti, questa intesità. Con il Barcellona fu proprio incredibile, già nel riscaldamento si sentiva un calore pazzesco. Quando abbiamo giocato con il Barcellona due anni fa, tanti erano venuti a fare le foto a Messi, Iniesta e ad ammirare i loro campioni, questa volta invece sono venuti tutti per aiutarci a cercare di spazzarli via. Erano consapevoli e convinti che potessimo farcela, quasi loro più di noi. Quella notte fu un unione di tutto che è la fotografia di quanto successo per tutto l'anno, un crescendo di intenti tra noi e loro e un amore che deve essere così, mai intaccato dai risultati della squadra. Certo la squadra deve essere degna di questo grande affetto ma è tornato un po' quell'amore folle che vivevo quando ero piccolo ed ero semplicemente un tifoso.

Alta società

"La faccia di Pallotta dopo Roma-Liverpool dice tanto, è quella di chi voleva buttarsi nella fontana e ci è andato vicino. Al di là della sua particolarità, del suo essere un po' eccentrico quando si vince, soprattutto nell'ultimo anno quando ci ho parlato ho visto la voglia di vincere e di creare qualcosa di grande. Quando viene a Roma sa tutto, sa chi ha fatto rumore al piano di sopra, sa come si montano le telecamere, sa chi è che fa lo Slideshow alle 11 di mattina. Non è uno che non si informa. E poi ha gente che lavora quotidianamente con noi. E' gente che vuole vincere. Lui nel suo lavoro è uno dei numeri uno nel mondo, vuole farlo anche nel calcio. Ha dovuto capire cosa è Roma, adesso è entrato pienamente nel ruolo e spero che continui a rinforzare questa squadra perché anche lui e il suo staff, come Baldissoni e Monchi, ma anche chi c'era negli anni precedenti come Sabatini e Massara, meritano il riconoscimento di aver creato una squadra forte che tirerà su qualche trofeo".

La volontà di Monchi: DDR resta

"Non c'è mai stato nella Roma un dirigente che ha vinto tanto come Monchi. Questo ci rende consapevoli che è uno che la strada la conosce. E' vero che lì stava a casa sua e aveva tutto sotto controllo. Qui non è stato così subito perché c'erano tante cose da capire e imparare oltre alla lingua, anche io ci ho messo sedici anni. Dal punto di vista della voglia di vincere non è secondo a nessuno. Ha grande voglia di essere presente con noi e col mister e ha enorme conoscenza calcistica. Ha tirato fuori due o tre calciatori dal cilindro, Cengiz non lo conosceva nessuno. Aspettiamo questa estate che sarà un altro esame importante per lui. Sono sicuro che sa già quello che deve fare. E' contento di ciò che ha visto quest'anno. Io posso solo ringraziarlo perché so che sono qui alla Roma lo devo principalmente a lui: fu lui che, arrivato da poco tempo, si impose per farmi rimanere l'anno scorso. E credo di essere stato bravo, gli ho dato ragione da questo punto di vista".

La fondamentale vittoria di Cagliari

"Arieccolo, Cengiz. Segna sempre lui in queste partite delicatissime. Subito dopo Roma-Liverpool, siamo entrati in campo ancora con quell'amarezza addosso. Abbiamo perso uno dei giocatori migliori, cioè Manolas. Il nostro allenatore ha stupito tutti perché tutti pensavamo che spostasse me in difesa, o Kolarov, muovendo cinque-sei giocatori. Invece con la naturalezza che solo i grandi hanno ha detto 'Gioca Elio". Ed Elio in quella circostanza è stato l'emblema del gruppo unito e che lavora, del giocatore che sa che non giocherà nemmeno un minuto e continua ad allenarsi bene. Perché poi alla fine un'occasione arriva. Una vittoria fondamentale perché praticamente ci ha messo in Champions. Eravamo consapevoli che praticamente in Champions ci eravamo tornati".

Vincere a Roma

"Il nostro saluto ai tifosi dopo l'ultima in casa. Lo diamo e lo riceviamo. Una serata piacevole, divertente. Il primo anno lo facevo da solo, poi ho portato una figlia, che adesso ha 13 anni e sembra mia moglie, poi un'altra un po' di anni dopo. Quest'anno ho portato l'ultima bestia che è arrivata in famiglia, che ha preso a morsi il lupetto Romolo in campo. Dovevamo fare questo punto importantissimo per la Champions, ma l'immagine è quella delle nostre famiglie in campo a salutare l'altra nostra famiglia, i tifosi. Tutti vogliamo vincere. Io so cosa significa vincere a Roma, alcuni giocatori sono entrati negli spogliatoi con gli occhi lucidi dicendo: 'Pensa cosa succede qui se vinciamo'. Ecco, questo è quello che devono pensare i nostri tifosi, noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi. Vedere i miei figli, soprattutto il maschietto, con il numero 16 e la maglia della Roma, è emozionante. E anche mia moglie, che in queste circostanze dimostra di essere molto vicina a me, anche se del calcio le interessa pochissimo, le interessa di me, di noi, della nostra famiglia allargata. La amo molto anche per questo".

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