Mirante contro il suo passato
Coi bianconeri solo Primavera e serie B. Ha giocato un Roma-Juve con Ranieri: fu il migliore
In un momento di grande incertezza, tra i cambiamenti societari appena avvenuti e quelli dirigenziali attesi nel giro di qualche mese, con una rosa ancora incompleta, contro la Juve la Roma si aggrappa al più vecchio dell'organico. Antonio Mirante, classe 1983, era arrivato a Roma per fare il secondo, e per il secondo anno di fila è stato qualcosa di più: Ranieri provò per tre partite a rinnovare la fiducia a Olsen, poi lo mise in panchina, consegnando i guanti al portiere di Castellammare di Stabia, che chiuse l'anno con 11 presenze in campionato, e soli 6 gol subiti.
Giocò anche contro la Juventus, la squadra che lo prese nel Sorrento, in serie D, e lo portò nel calcio professionistico, ormai vent'anni fa. Iniziò vincendo il Torneo di Viareggio, nel 2003, con Gasperini in panchina: rimase anche l'anno dopo, come fuoriquota. Era il più esperto della squadra, di cui facevano parte anche Masiello e Palladino: in semifinale fecero fuori una fortissima Roma, che aveva, tra gli altri, Corvia e Cerci in attacco, Galloppa e Virga a centrocampo, e Curci in porta. Eliminati loro la finale con l'Empoli fu poco più che una formalità: Mirante alzò da capitano il trofeo, e pochi mesi dopo iniziò il suo giro d'Italia dal Crotone in B. Poi fece il suo primo anno di A con la maglia del Siena, e scese di nuovo in B per giocare, da vice-Buffon, le uniche 7 partite con la prima squadra della Juventus, retrocessa per Calciopoli. Poi due anni di Sampdoria, sei a Parma, dove fu promosso subito titolare, e tre a Bologna, prima di arrivare a Roma come contropartita tecnica nell'affare Skorupski.
Ha incassato 120 gol nelle prime due stagioni in rossoblù il polacco, e la Roma, nello scambio, ha avuto anche 5 milioni di euro di conguaglio, visti gli 8 anni di differenza tra i due: a conti fatti, l'unico affare fatto a Trigoria coi portieri, dopo l'acquisto di Alisson. I due che avrebbero dovuto sostituirlo hanno fallito, e sono entrambi rimasti a libro paga della Roma: Pau Lopez era convocato per Verona, Robin Olsen, tornato (a giugno, neppure ad agosto) dal prestito di Cagliari, è rimasto direttamente a casa, lasciando il posto di terzo al 18enne della Primavera Boer. Fonseca non si era sbilanciato nella conferenza stampa della vigilia, ma le ultime prestazioni dello spagnolo - tra la gara di Europa League di agosto con il Siviglia, e l'ultima amichevole dell'estate, a Cagliari - lo hanno convinto a tenerlo a riposo.
E a Trigoria, forse, qualcuno rimpiange di non aver avuto il coraggio un anno fa, di iniziare la stagione con il 36enne Mirante, andando a versare al Betis 23,5 milioni di euro per Pau Lopez (valutazione complessiva 30 milioni, contando anche la rinuncia alla percentuale sulla rivendita di Sanabria, stabilita nel contratto di cessione del 2016). Adesso ci vorrebbe un mezzo miracolo per non trasformare quell'esborso in una minusvalenza, ma Fonseca, andato a Verona praticamente senza centravanti, con un esterno destro considerato in partenza fino a pochi giorni prima, e senza il leader difensivo della scorsa stagione, ha pensato più ai punti che alle plusvalenze. A Verona Mirante aveva fatto ancora una volta il suo dovere, deviando sulla traversa il tiro di Tameze, ma grazie all'errore nel tesseramento di Diawara il suo clean sheet non porterà punti. Ci riproverà domenica sera con la Juve, di nuovo all'Olimpico, come il 12 maggio 2019: finì 2-0, segnarono Dzeko e Florenzi, ma il migliore in campo fu lui.
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