Il precedente Bartelt: quando la Roma rischiò l'eliminazione dalla Coppa Uefa
Nel 1999 i giallorossi giocarono col Newcastle nei sedicesimi di finale: l'argentino non era in lista Uefa, ma rimase in panchina, altrimenti sarebbe stato 0-3 a tavolino
Capitano una volta ogni vent'anni errori come quello che ha determinato la sconfitta a tavolino della gara con il Verona. Nel caso della Roma gli anni sono 21: capitò il 25 novembre del 1999, quando Diawara era ancora un bimbetto che aveva appena imparato a camminare, Paulo Fonseca un difensore del Vitoria Guimaraes, Franco Sensi il presidente della Roma, e Fabio Capello l'allenatore scelto per far fare il salto di qualità alla Roma, dopo il quarto e il quinto posto del biennio di Zeman, tartassato da una serie di torti arbitrali, che per molti erano dovuti soprattutto alle tante dichiarazioni polemiche del boemo. Che aveva un pallino costoso, Vincenzo Montella, che aveva cominciato ad andare in doppia cifra a vent'anni con l'Empoli, e non si era fermato né in B né in A: Franco Sensi si decise a investire 40 miliardi per strapparlo alla Sampdoria poco prima di scegliere Capello al posto del boemo.
Che era riuscito a far segnare 18 gol a Marco Delvecchio - tre sole volte in doppia cifra in carriera, solo quell'anno superò quota 11 - ma non aveva fatto il miracolo con l'argentino Gustavo Bartelt, arrivato nell'estate 1999 con l'arduo compito di sostituire il connazionale Abel Balbo, uno che se non fosse nato nel decennio dell'amico Batistuta sarebbe stato ricordato come un fuoriclasse. Bartelt è ricordato per uno spezzone di Roma-Fiorentina, 2-1 in rimonta, unica gara ben giocata di una stagione con 12 presenze e neanche un gol. Con l'arrivo di Montella e Capello, che non era tipo da perdere tempo a rilanciare giocatori che avevano fallito, l'ex Lanus venne considerato un esubero (neppure l'unico, visto che a libro paga c'era anche un altro centravanti sudamericano che aveva deluso, Fabio Junior) e finì con l'allenarsi a parte.
Però l'argentino coi capelli di Caniggia e un soprannome ("El Facha", "Il bello") che non lasciava presagire nulla di buono in una città tentatrice come Roma, prese la cosa sul serio, tanto che, dopo un paio di mesi, Capello decise che poteva essere reintegrato: il 7 novembre, in casa di una Reggina che a centrocampo schierava Pirlo e Baronio, fece l'esordio stagionale, 6' al posto di Montella, alla prima convocazione. Non c'era nel derby in cui Montella e Delvecchio fecero una doppietta a testa in 31', la convocazione successiva arrivò per i sedicesimi di Coppa Uefa, Roma-Newcastle 1-0, gol di Totti su rigore: subentrò tre volte tra il reintegro di novembre e la cessione di gennaio, un prestito all'Aston Villa che non lo utilizzò mai, ma non quella sera, contro Alan Shearer e compagni. E fu una fortuna, per la Roma: nessuno pensò a inserirlo nella lista Uefa quando era fuori rosa, nessun si ricordò che non era stato inserito quando venne convocato per quella partita. In quel giovedì di Coppa Capello non fece cambi, e l'Uefa fu clemente: se l'argentino (che un paio d'anni dopo fu coinvolto nello scandalo passaporti) fosse entrato, la Roma, che passò il turno con lo 0-0 del ritorno, sarebbe stata eliminata a tavolino.
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