Adesso servono vari passi indietro
Dai dirigenti ai calciatori, da Pallotta a Fonseca. Il primo dovrà essere quello di rendersi conto della situazione e pensare che la priorità può essere soltanto una: la Roma
Non vediamo innocenti. Non si può che cominciare da qui per provare ad analizzare il momento di questa Roma, che definire problematico è un esercizio di sfrenato ottimismo. L'intenzione è quella di provare a cercare risposte convincenti, in grado di dare almeno un abbozzo di risoluzione, certo non di sparare sulla croce rossa giallorossa, esercizio che lasciamo senza nessuna fatica a chi ha il solo scopo di affondare la boccheggiante navicella romanista. Dunque, non vediamo innocenti. Il primo passo, da parte di tutti, dovrà essere proprio quello di rendersi conto della situazione, degli errori fatti in un passato più o meno recente, fare un passo indietro, evitare personalismi che sono tuttora in corso a Trigoria e via Tolstoj, pensare che la priorità può essere soltanto una: la Roma. Ma soprattutto, dopo la Roma, dovranno essere i tifosi quelli a cui pensare. Un aspetto che l'attuale dirigenza ha sottovalutato è proprio quello di non essersi resa conto fino in fondo del distacco che si è creato tra la Roma e la sua gente, tifosi per i quali i colori giallorossi sono un sentimento, vero, puro, imprescindibile, irreversibile, unico. Dovrà essere il primo obiettivo per questa società, meglio ancora per la nuova società perché soltanto un parente stretto di Pallotta può non dirgli che la sua avventura romanista non può che essere arrivata al capolinea.
Lo stesso passo indietro dovrà farlo anche Paulo Fonseca per tornare semplicemente se stesso, quello che nei primi sei mesi romanisti, almeno fino alla trasferta di Firenze del 20 dicembre, aveva convinto un po' tutti, anche i cecchini di professione, mettendo in campo una Roma propositiva, ambiziosa, con un'identità di gioco riconosciuta e riconoscibile. Ecco, caro portoghese, quella Roma ora non c'è più, ne prenda atto, non dica una cosa per poi farne un'altra, tipo «la partita con l'Udinese è la più importante della stagione» per poi, a sconfitta consumata, confessarci che le scelte di formazione erano state fatte pensando alla gara successiva con il Napoli (speriamo bene). Fonseca torni Fonseca, quello che abbiamo conosciuto da luglio a dicembre, si senta libero di fare le sue scelte, mandi in campo quelli più forti, se si deve perdere è meno colpevole farlo con Dzeko piuttosto che con Kalinic, e se poi il bosniaco sarà stanco sarà un problema da affrontare in seguito.
Infine, i calciatori. E qui di passi indietro tutti, ma proprio tutti, ne dovranno fare molti perché si sono presentati alla ripresa di questo campionato irripetibile in condizioni colpevoli. Non corrono, non si aiutano in campo, non sono un gruppo, figuratevi una squadra. Per molti l'avventura romanista terminerà in tempi più o meno brevi. Sarà il caso di lasciare un ricordo almeno di dignità. Quella che non è stata messa in campo contro Samp (in parte), Milan e Udinese. Ci sono 9 partite da giocare in campionato. Giocatele con l'obiettivo di poter guardare tutti negli occhi. E, pure, per provare a preparare l'avventura in Europa League. Avventura che adesso è un'utopia, provate a trasformarla perlomeno in un sogno di piena estate.
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