"Così ho scattato la foto di quel bambino con la maglia della Roma a Milano"
Parla Paolo Gerace, il fotografo che ha immortalato il ragazzino con la 22 di Zaniolo: "Erano in due, palleggiavano e si passavano il pallone in una via Manzoni deserta"
«Ho capito subito che si trattava di un ottimo scatto, anche perché ricorda un'epoca che non c'è più, quando si giocava a calcio per strada. La cosa più bella è che ritrae via Manzoni, che di solito pullula di persone, pressoché deserta. Ci sono solo questi due bambini che giocano a pallone». Paolo Gerace fa il fotografo da oltre vent'anni e per lui non è una novità finire sul Corriere della Sera. Ma, mentre solitamente i suoi scatti ci raccontano guerre e terremoti (è un fotoreporter che ha lavorato tanto anche all'estero), stavolta Paolo ha immortalato due bambini che giocavano a pallone, in centro a Milano: uno di loro indossava la maglia della Roma, con il numero 22 di Zaniolo, ed è finito sul primo quotidiano italiano.
«Era bravissimo! Avrà avuto sì e no sei o sette anni – ci racconta Gerace - La cosa buffa è che a pochi passi c'è la Questura, ma le forze dell'ordine non sono passate». Un'immagine che ieri ha fatto il giro d'Italia, e che fotografa – è proprio il caso di dirlo – alla perfezione il delicato momento che l'Italia sta attraversando. Un'immagine che sa di speranza e che simbolicamente unisce Roma a Milano e quindi l'intero Paese. Dentro puoi leggerci la voglia di normalità, quella normalità che la pandemia ci ha tolto. E così persino due innocenti calci a un pallone per strada diventano rivoluzionari, romantici. In tutto tredici scatti inviati al Corriere della Sera tramite l'agenzia per cui lavora, Imagoeconomica, il più bello dei quali è finito a pagina 5. A Gerace è bastato passeggiare per le vie del capoluogo lombardo.
«Ero piuttosto lontano, più o meno a una decina di metri, perciò ho usato un teleobiettivo, per enfatizzare la strada totalmente deserta – prosegue Gerace – Non ho neanche rivolto loro la parola: palleggiavano e si passavano il pallone. Ti confesso che, essendo loro due in controluce, all'inizio non mi ero neanche accorto che uno dei due indossasse la maglia di Zaniolo. Avevo notato la divisa della Roma, ma non il numero 22. L'altro, invece, aveva una maglia del Real Madrid».
Zaniolo stesso, e la Roma, l'hanno condivisa ed elogiata.
«Mi fa piacere che sia stata molto apprezzata, soprattutto in un periodo in cui i giornali non utilizzano tante foto. Faccio questo mestiere da tanti anni, ma non mi sono mai occupato di sport né di calcio in vita mia. Perciò sono contento che il Corriere abbia deciso di darle tanto spazio».
Come è nato lo scatto?
«Per fare questo mestiere devi "sbatterti": andare in giro tutto il giorno, camminare… Io di solito giro in bicicletta o in motorino. Devo dire che sono abituato alle condizioni estreme, quindi per me non è certo una novità».
Ed ecco spuntare fuori questi ragazzini...
«Erano in due, giocavano da un lato all'altro della strada, che era deserta, attorno alle quattro del pomeriggio. Sono stato lì giusto un quarto d'ora, ma è stato sufficiente per realizzati degli scatti molto buoni».
In alcuni si vedono entrambi i bambini, ma alla fine ha vinto quella in cui "l'aspirante Zaniolo" si produce in un bel colpo di tacco.
«Eh, ma ci sapeva fare davvero! Per il giornale hanno scelto obiettivamente la più bella di tutte, anche se a me piace moltissimo anche in bianco e nero. Ma hanno deciso di pubblicarla così e va bene: hanno usato l'originale, senza neanche tagliarla».
Anche perché parte della bellezza risiede proprio in via Manzoni deserta.
«Esatto. Mi piaceva molto questo contrasto e ho voluto enfatizzarlo: i bambini che giocano a pallone in una zona in cui, in condizioni normali, sarebbe impossibile farlo».
Quindi dei due campioni non sai nulla, men che meno come mai fossero lì...
«No, so solo che se ne stavano lì, a giocare a pallone. Come si faceva una volta».
E come sperano di fare di nuovo tutti i bambini d'Italia e del mondo, in questo momento surreale. Con il sogno di tornare presto a imitare Zaniolo e abbracciarsi ancora dopo un gol: di questi tempi è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
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