Bellinazzo: "Il calcio non sarà più lo stesso. A rischio anche la stagione 20-21"
L'esperto di calcio e finanza: "Perdite quantificabili per circa 700 mln, in calo sponsor e botteghini. L'Uefa corra ai ripari, giusta che la Roma chieda il paracadute"
L'onda anomala che porta il nome di Coronavirus è partita dalla Cina, ha travolto l'Italia e adesso si riversa sull'Europa e sul resto del Mondo. È ancora presto per capirne fino in fondo gli effetti che avrà sulle nostre vite, ma intanto noi abbiamo cercato di tracciare l'impatto che questa emergenza avrà sul calcio con Marco Bellinazzo, giornalista de "Il Sole 24 Ore", che sta trascorrendo la sua quarantena a Milano insieme alla famiglia: «Siamo in casa con due bimbi piccoli. Qui in Lombardia la situazione è pesante. I numeri di decessi e contagiati sono veramente significativi. Speriamo che le misure adottate facciano effetto».
In questa situazione ha ancora senso parlare di ripresa del campionato?
«Più passano le ore e meno l'ipotesi di ricominciare è solida. I dati non segnano una netta inversione di tendenza e bisogna essere molto realistici».
Quali sono gli scenari?
«Se dovesse esserci un netto calo dei contagi nelle prossime 2-3 settimane si potrebbe pensare di ricominciare per la metà di maggio. Naturalmente a porte chiuse, perché nessuno dovrebbe azzardarsi ad avanzare l'ipotesi di giocare a porte aperte».
E se le misure adottate non dovessero avere effetto?
«L'ipotesi di riprendere ancora più in avanti si fa molto complessa perché i giocatori devono avere il tempo di rientrare in forma in maniera omogenea, su base nazionale, e questo farebbe slittare molto i tempi arrivando a giugno, se non addirittura a luglio».
Un'idea potrebbe essere quella dei playoff ma il presidente Gravina ha detto che la proposta "non è piaciuta" ai club, perché secondo lei?
«Lo spirito innovativo in Italia non si accorda con le emergenze. Poi credo che sia prevalsa una visione di corto respiro, ma a mio avviso sarebbe stata un'ottima soluzione. Si sarebbero potute congelare le posizioni sulla base della classifica attuale per assegnare i piazzamenti europei e decretare le retrocessioni».
Se la stagione finisse oggi quali sarebbero le ripercussioni economiche per i club?
«Si tratta di conseguenze rilevanti. Sicuramente ci sarebbe un impatto importante sulle entrate derivanti dal botteghino quantificabile in 100-150 milioni, in base alle medie spettatori delle ultime gare. A questo proposito credo che sarebbe doveroso restituire una parte degli abbonamenti. Molte società non lo prevedono nello statuto, ma sarebbe un segnale importante per i tifosi».
Poi c'è tutta la questione relativa agli sponsor e ai diritti tv.
«Venendo meno un terzo della stagione c'è la possibilità di controversie legali importanti tra le aziende che hanno investito e i club, ma anche tra gli abbonati e le pay-tv che a loro volta si rifarebbero sulla Lega. Si tratta di possibili perdite quantificabili in circa 500 milioni. Per questo il presidente Gravina ha spinto tanto per vedersi riconosciuta in maniera più esplicita una causa di forza maggiore per l'interruzione del campionato. Ma non so questo quanto sia riconoscibile in termini di legge da parte di chi ha pagato per una prestazione che poi non è stata erogata. Il quadro è complesso».
C'è il rischio che questa crisi abbia un impatto anche sulla prossima stagione?
«È un tema molto sottovalutato. La pandemia sarà dichiarata ufficialmente conclusa solo 4 mesi dopo la fine dell'emergenza sanitaria e quindi ci porteremo dietro ancora per tanto tempo il carico psicologico di questa epidemia».
Con quali ripercussioni?
«Difficilmente rivedremo stadi pieni prima che venga trovato un vaccino perché molte persone non saranno predisposte a frequentare luoghi affollati. C'è una proiezione, molto probabile a mio avviso, di una forte decrescita degli introiti derivanti dagli abbonamenti e dal botteghino. E anche tanti sponsor potrebbero venir meno».
Perché?
«È evidente che davanti alla crisi le aziende per prima cosa taglieranno le spese di promozione. Il danno in termini di sponsorizzazioni potrebbe riguardare l'intero campionato 2020-21 e a quel punto rischia di cambiare il rapporto anche con le pay-tv. La crisi economica diffusa, con tanta gente che rischia di finire in cassa integrazione, potrebbe portare anche a un calo degli abbonamenti televisivi e a catena le televisioni potrebbero garantire meno proventi alle squadre. Al momento stiamo parlando di 1,4 miliardi di euro. L'anno prossimo scade il contratto con Sky e Dazn e nei prossimi mesi sarà emanato un bando per i diritti del prossimo triennio e su quello vedo molte nubi».
Sono previsioni che spaventano.
«Ci sarà un ridimensionamento del sistema calcistico, ma questa crisi potrebbe rivelarsi un'opportunità di ridurre i costi - penso agli ingaggi dei calciatori e alle commissioni dei procuratori - e di realizzare interventi strutturali che garantiscano stabilità economica alle squadre».
In Spagna la federazione ha aperto una linea di finanziamento per i club da 500 milioni, qualcosa del genere può avvenire anche in Italia?
«Tecnicamente sì, ma in Spagna Federazione e Liga hanno lavorato in forte sintonia. In Italia la Federazione è travolta dalle richieste delle singole leghe e dalle spaccature che ci sono, in particolare in Serie A, dove dominano posizioni molto differenti»
Da dove può ripartire il calcio italiano?
«Serviranno investimenti su stadi e infrastrutture per far ripartire l'economia e rendere i club italiani più solidi. Utilizzare gli incentivi pubblici che dovranno arrivare anche per lo sport. Il calcio ha pari dignità rispetto ad altri settori industriali e ha un ruolo sociale senza dubbio più significativo».
Come può intervenire il Governo?
«Mi auguro che in parte possa esserci la parziale restituzione del gettito fiscale prodotto dal calcio, stiamo parlando di circa 1,2 miliardi l'anno, vincolando i club a reinvestire i soldi in progetti di sviluppo che sono mancati in questi anni».
Questo ridimensionamento investirà anche il mercato?
«Sicuramente. Anche le squadre più blasonate risentiranno della crisi e difficilmente si rivedranno certi prezzi. Sarebbero anche meno giustificabili dal punto di vista etico. Si sgonfierà quella bolla che si è avuta dopo il passaggio di Neymar al Psg».
Con queste premesse potranno essere allentate anche le norme del Fair Play Finanziario?
«L'Uefa sta pensando di applicare alcune norme più flessibili che già esistono in ambito europeo, in riferimento ad anni particolari in cui è possibile sforare certi parametri. In questa ottica l'Uefa ritiene che già esistano certi strumenti in grado di attenuare l'impatto dell'emergenza Coronavirus».
Basterà?
«A mio avviso no, perché l'impatto sarà molto rilevante a tutti i livelli. Dovrebbero essere presi in considerazione anche altri strumenti, ma le risposte dell'Uefa non sono sempre molto tempestive. Nuove valutazioni saranno fatte più avanti perché i bilanci di questa stagione si verificheranno l'anno prossimo, quindi c'è tutto il tempo per cambiare qualche norma».
La Roma ha proposto all'Uefa un "paracadute" per le squadre che perdono la Champions, è d'accordo?
«Ritengo che sia un'iniziativa opportuna, perché fare o non fare la Champions è diventato un evento troppo incidente per tante società. Avere o non avere 50 milioni, magari perdendoli per un punto, significa mettere a repentaglio l'intero piano di investimento».
Che risposta si aspetta dall'Uefa?
«Considerando la rigidità che c'è da parte dell'Uefa su questi temi, non credo che la lettera della Roma sortirà molto effetto. Però il problema c'è, perché se una squadra fa investimenti da Champions e ottiene risultati come ha fatto la Roma raggiungendo la semifinale, una sola stagione negativa non ha solo effetti sportivi, ma anche economici, talmente importanti che un correttivo andrebbe apportato, magari pensando anche a una ridistribuzione dei ricavi in ambito europeo. Perché allo stato attuale i margini per ripartire diventano sempre più risicati. Guadate il Milan: è entrato in un vortice da cui difficilmente uscirà a breve».
Il Coronavirus avrà effetti anche sul passaggio di proprietà della Roma?
«L'affare al momento è sospeso, non interrotto. Non c'è nessun dietrofont da parte dei texani, semplicemente si sono avviate delle riflessioni. Gli effetti della probabile crisi economica che potrebbe colpire gli Stati Uniti hanno spinto Friedkin ad una maggiore prudenza. L'incertezza sul futuro del campionato di Serie A e delle competizioni europee hanno messo in allarme i consulenti del gruppo, portandoli a fare una nuova valutazione del club e delle prospettive di crescita. Anche perché la valutazione della Roma si basava molto sulle potenzialità di crescita attribuite al club. Friedkin ha confermato la volontà di comprare ma ora andrà rivista la valutazione economica».
Intanto quali sono le mosse di Pallotta?
«La Roma ha un fabbisogno di cassa importante e l'attuale proprietà è orientata a evitare qualsiasi tipo di problema. Copriranno le spese necessarie e questo ricadrà anche sulla valutazione futura del club. Più soldi metterà Pallotta ora e meno dovrà metterne Friedkin dopo, anche questo è argomento di trattativa. Ma sia chiaro, senza Coronavirus a quest'ora la Roma avrebbe un nuovo proprietario».
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