AS Roma

Viva Joaquin Peirò

Con la Roma da capitano alzò la Coppa Italia del 1969. Il rapporto speciale con Herrera, che però non si fidò di lui alla monetina col Gornik

PUBBLICATO DA Luca Pelosi
19 Marzo 2020 - 09:04

Se fosse stato per lui, la Roma avrebbe disputato una finale di Coppa delle Coppe contro il Manchester City. Il 26 aprile 1970, al termine dello spareggio (anzi, del terzo pareggio consecutivo...) della semifinale contro il Gornik Zabrze, Joaqin Peirò, che se n'è andato ieri a 84 anni, voleva scegliere "Croce". Helenio Herrera però, e non Peirò, gli ordinò di scegliere "Testa". Scegliendo testa, d'altronde, aveva vinto sia il sorteggio per le maglie sia il sorteggio per il calcio d'inizio. E anche, ai quarti di finale, il sorteggio per eliminare il PSV Eindhoven.

La monetina lanciata dall'arbitro Machin cadde purtroppo nello stesso verso in cui era stata lanciata e cioè croce. Così la Roma fu privata della possibilità, che si era ampiamente meritata, di giocare una finale di Coppa delle Coppe. Ci era arrivata grazie alla vittoria in Coppa Italia dell'anno precedente, che aveva avuto ancora il suo capitano, Joaqin Luca Peirò, grande protagonista. Nella gara decisiva a Foggia aveva aperto le marcature con uno dei gol più belli della storia della Roma. Giunto sulla linea di fondo, di fronte al palo sinistro, si arrestò di colpo. Da fermo, diede al pallone un effetto tale che, dopo una parabola morbidissima, s'infilò in porta dopo aver rimbalzato sul palo destro. Ci fu un attimo di stupore generale prima di ricevere l'abbraccio dei compagni di squadra e addirittura l'applauso dei giocatori del Foggia.

C'era da fidarsi di un campione come Joaqin Peirò, Herrera lo sapeva bene, al punto tale che in occasione di una partita contro il Napoli, quando era squalificato, non affidò il compito di gestire la squadra ad alcun membro dello staff, ma proprio a Peirò. Allenatore in campo e giocatore, quel giorno sbagliò un rigore ma la Roma vinse 2-0 e lui fu il migliore in campo. Peccato che non si sia fidato al momento della scelta della monetina, in quella che fu anche l'ultima partita del fuoriclasse spagnolo da giocatore della Roma.

Ci era arrivato nel 1966, proveniente proprio dall'Inter di Herrera, dove si era stancato di giocare "solo" nelle partite più importanti. A trent'anni, aveva ancora molto da dare e lo dimostrò. «Gli anni di Roma sono stati i migliori», ha detto una volta, pur avendo vinto tutto con l'Inter. Oronzo Pugliese lo trasformò da centravanti a registra arretrato e lui si divertì a comandare il gioco e servire assist geniali ai compagni, come fece in un derby per Fabio Enzo, che con quel gol fece vincere la Roma, come fece un'altra volta mandando in gol Taccola a capodanno e facendo venire giù l'Olimpico dagli applausi. Herrera, così, si ritrovò un giocatore completo. «È l'uomo - diceva il Mago - che può e deve dirigere l'attacco. Ha una classe immensa e riesce perfino a mantenere intatta la sua velocità con il passare degli anni». A lui disse: «Sei un fuoriclasse e devi rendere da fuoriclasse». Gli affidò non solo la fascia di capitano ma proprio le chiavi della squadra.

Segnò anche in un derby di Coppa Italia, che però negli almanacchi figura come 2-0 a tavolino per la Roma. La Lazio era la società ospitante e fu punita perché, a pochi minuti dalla fine, si spensero le luci dell'Olimpico. Ieri, invece, si sono spente le luci su Joaqin Peirò.

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