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La Roma e gli effetti del coronavirus: il quadro economico di uno stop che fa paura

Tutto sospeso. I giallorossi e le altre società preoccupano anche dagli introiti di botteghino, diritti tv, e sponsor (che potrebbero chiedere riduzioni)

PUBBLICATO DA Piero Torri
16 Marzo 2020 - 08:00

Contrordine. Annullato l'appuntamento di mercoledì. La situazione consiglia di non correre ingiustificati rischi. Continuate a seguire il programma di lavoro nelle vostre case. Non è possibile stabilire una data per rivederci sui campi di Trigoria. La comunicheremo il prima possibile. E il prima possibile, ce lo auguriamo con tutto il cuore. La Roma ha sospeso tutto, fino a nuova comunicazione. Giocatori, tecnici e staff tecnico rimarranno a casa, a Trigoria e nella sede di via Tolstoj le presenze continueranno a sommare il minimo indispensabile, meglio aspettare di vedere quello che ora non si può sapere.
Si sa, al contrario, quello che più o meno potrebbe essere il danno economico con cui la Roma (e in proporzione, in alto o in basso, tutte le altre squadre) rischia di dover fare i conti, sapendo già di avere un bilancio in sofferenza, come certificato dalla semestrale approvata a fine febbraio, rosso da ottantasette milioni di euro e prospettive che non sono un inno all'ottimismo.

Proviamo a fare qualche conto, prendendo in considerazione il peggiore dei casi. Ovvero che non si possa riprendere l'attività in tempi che non consentano il ritorno in campo per questa stagione. Di fatto vorrebbe dire l'annullamento di un quarto della stagione, in campo a dodici partite di campionato e, minimo, a una di Europa League. Per un fatturato che in questo esercizio si stabilirà tra i centottanta e i duecento milioni di euro, vorrebbe dire incassare un quarto di meno, una cifra indicativa stimabile tra i quaranta e i cinquanta milioni.

Per spiegarla meglio, bisogna prendere in considerazione almeno tre voci: diritti televisivi, botteghino, sponsor. Dovendo, al contrario, continuare a onorare gli stipendi dei giocatori (che in questa vicenda a proposito del cash non hanno mai fatto sentire la loro voce, iniziative benefiche singole a parte), le relative tasse, le scadenze legate alla compravendita dei calciatori, non dimenticando il danno di immagine complessivo per il calcio, un prezzo che probabilmente potrebbe essere pagato nelle prossime stagioni. Partiamo dai diritti televisivi del campionato. Mancano dodici partite alla conclusione della nostra serie A, vuole dire, di fatto, un terzo dell'intero pacchetto. Chi paga, farà finta di niente oppure dirà che rivuole i soldi indietro per un terzo? La seconda che abbiamo scritto, potete giurarci. Le società potrebbero rispondere negativamente, appellandosi a un diritto di recesso che non esiste nel contratto firmato dalle parti. Il rischio di fronte a un irrigidimento della situazione, potrebbe finire in un tribunale. Come è facilmente intuibile, è questa la prima motivazione per cui Federazione e Lega (non solo le nostre, comunque) proveranno in tutti i modi a trovare una soluzione perché il campionato arrivi a una conclusione con tutte le giornate giocate. C'è già un'ipotesi: ripresa il due di maggio (sabato), conclusione possibile entro il trenta giugno (data limite), con la possibilità di concludere pure le coppe a patto che l'Uefa decida di far giocare i rimanenti turni eliminatori in partita secca.

Secondo aspetto: il botteghino. Per la Roma vorrebbe dire essere costretta a rinunciare a sei incassi di campionato (Samp, Udinese, Inter, Fiorentina, Verona, Parma), cifra quantificabile non inferiore ai sette-otto milioni di euro. In più ci sarebbero gli incassi in Europa (la partita con il Siviglia avrebbe portato un incasso stimabile intorno ai due milioni, e se poi si fosse andati avanti…). Da tenere anche presente che una qualificazione ai quarti di finale, di premio porterebbe un milione e mezzo di euro. Non è una cifra enorme, ma comunque significativa.

Capitolo sponsor. Non si può escludere, anzi, che le aziende che hanno un contratto con la Roma, possano chiedere una diminuzione del dovuto considerando l'inevitabile minore visibilità. Richiesta che non sarebbe folle, ma che ovviamente porterebbe a una nuova decurtazione del fatturato annuale. Tralasciando altri settori a partire dal merchandising, la somma di tutti questi aspetti andrà inevitabilmente ad aggiungere sofferenze non solo al bilancio della Roma, ma a quello di quasi tutte le altre società, per qualcuna ci potrebbe essere anche lo spettro del fallimento.
Per questa ragione, tra le società (tra cui la Roma) si sta facendo strada l'idea di un confronto con l'Uefa a proposito del fair play finanziario. Ovvero, per esempio, un congelamento delle regole per una stagione, stabilendo allo stesso tempo dei limiti precisi per evitare che qualcuno, sfruttando il buco di una stagione, si dia alle spese pazze sapendo di non correre rischi. È un'ipotesi su cui i club ragioneranno nei prossimi giorni. E se mai si dovesse arrivare a un punto d'incontro con l'Uefa, la cosa, riferita alla Roma, potrebbe portare alla riattivazione, diciamo così, della trattativa per la cessione del club a Dan Friedkin. Che, di fronte alla pandemia che sta sconvolgendo il mondo, ha scelto di stoppare tutto. E sinceramente è difficile non capirlo.

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