Mkhitaryan: "Non temo la pressione di Roma. Klopp un padre, che liti con Mourinho"
L'attaccante armeno si racconta: "Il trasferimento è avvenuto molto in fretta, in giallorosso per continuare a divertirmi. La gente qui vive di calcio ed è molto bello"
È un momento d'oro per Henrikh Mkhitaryan. Anche contro il Cagliari l'armeno è stato decisivo con gol e assist nella vittoria della Roma e la sua popolarità in giallorosso è ai massimi da quando è arrivato nella Capitale la scorsa estate. L'ex Arsenal è stato protagonista di un lungo video del youtuber russo Yevgeny Savin che è andato a Trigoria per intervistarlo.
La sua avventura a Roma
"Il primo settembre, due ore dopo il match giocato con l'Arsenal, Mino Raiola mi ha detto che avrei dovuto prendere il primo volo per Roma. È successo tutto molto in fretta. Mi ero ripromesso che le cose sarebbero dovute cambiare in questa stagione. Quando hai 30 anni non hai più tempo da perdere e hai bisogno di andare avanti per continuare a divertirti. A inizio stagione il nostro obiettivo era entrare nelle prime, andare in finale di Coppa Italia e proseguire il più possibile nel cammino Europeo. La pressione qui non è un problema per me. Non per la mia età, ma perché ho giocato in club come Manchester United e Arsenal. La gente qui vive di calcio ed è molto bello".
Sulla possibilità di giocare in Russia
"Non ho rifiutato lo Spartak Mosca. Quando ero allo Shakthar pensavo di essere nella squadra più forte dell'ex unione sovietica. Non c'era motivo di andare allo Spartak perché il mio sogno era di giocare in Europa. L'Anzhi mi ha promesso un ingaggio folle più i bonus, ma per inseguire il mio sogno ho rifiutato. Quanti soldi? Un po' meno di Eto'o. Quindi non proprio 20 milioni, ma quasi".
I conflitti con Mourinho
"Una volta Mourinho mi ha visto a colazione e mi ha detto: "Per colpa tua la stampa mi critica". Io gli risposi: "Davvero mister? Non lo faccio certo di proposito". Ai tempi del Manchester United c'erano paparazzi tre giorni a settimana. Ti filmavano mentre entravi in macchina, come eri vestito… Una volta arrivati al centro sportivo loro erano ancora lì. Ogni passo era controllato. Se Mourinho è l'allenatore più difficile della mia carriera? Sì, potrei dire di sì. E' un vincente di natura. Vuole che tu vinca e che tu faccia quello che ti chiede. E' difficile per chiunque. Ci sono state divergenze e conflitti, ma non hanno avuto un forte impatto sul buon lavoro e i tre trofei vinti. Se è vero che mi ha attaccato dopo la partita e mi ha spinto dicendo che dovevo allenarmi? Si è vero. Tutto è iniziato da lì. Ho pensato: "Non ho altro da aggiungere al Manchester. Lavoro, presso, aiuto la squadra, segno e qualcuno è anche insoddisfatto. Non volevo perdere tempo e giocare a calcio". Giocare al Manchester è comunque un'occasione che ti capita una volta nella vita. Scendere in campo insieme a Ibrahimovic, Pogba, Mata, De Gea… Se dovessi ritornare indietro nel tempo, avrei rinnovato il contratto con i Red Devils. Non mi pento però di ciò che ho fatto".
Il passaggio all'Arsenal
"Sapevo che Wenger e l'Arsenal erano interessati a me, ai tempi dei conflitti con Mourinho. Wenger mi voleva con i Gunners. Passare con loro è stato coronare il sogno che avevo da bambino. Molti giocatori francesi avevano indossato quella maglia in passato: Henry, Pires, Bergamp, Petit, Vieira. Ero appassionatissimo. Poi, con l'arrivo degli Emirati Arabi, hanno iniziato ad avere problemi economici e hanno iniziato ad investire sui giovani. Trasferirmi all'Arsenal di Wenger è stato un sogno, una favola".
La malattia e la morte del padre
"È stato difficile. Non capivo dove fosse mio padre. Mi chiedevo: "Perché non sta con noi?". Allora ho deciso di puntare sul calcio. Quando sei piccolo pensi solo a divertirti durante gli allenamenti. Forse la perdita di mio padre mi ha spinto a prendere molto più seriamente il calcio".
Il futuro del calcio armeno
"Il problema più grande è che gli armeni non hanno voglia di imparare. Giocatori e allenatori sono pigri. Non voglio criticare nessuno, non sto parlando di nessuno. Le persone lavorano in maniera completamente diversa in Europa e in Armenia. La maggior parte del popolo pensa: "Voglio dormire, svegliarmi ed avere un milione di dollari sotto al cuscino". Ho guadagnato i miei primi 20 dollari quando avevo 15 anni. Poi sono diventati 40, 80, 120 etc. Non mi sono mai lamentato. Lavoravo, lavoro e mi diverto".
L'inizio alla Shakhtar
"Lo Shakhtar non ha un centro sportivo ma una reggia. Sognavo di giocare in Europa. Lucescu mi diceva sempre: "Esci dal centro sportivo, perché ci stai così tanto?". Ci ho vissuto praticamente dentro per tre anni, quando ero allo Shakhtar. Quando poi sono passato al Borussia Dortmund mi dissero che non c'erano più stanze disponibili. Così ho affittato un appartamento. Molte persone mi chiamavano ai tempi dello Shakhtar, mi dicevano: "Vieni qui, firma questo contratto".
Il passaggio al Borussia Dortmund
"Sono partito insieme a Raiola per Londra, inizialmente per parlare con il Tottenham. Stavamo aspettando offerte dal Liverpool ma non eravamo sicuri. Poi abbiamo ricevuto la chiamata dal Dortmund e siamo volati immediatamente in Germania. Avevano venduto Goetze e gli serviva un nuovo "numero 10". Al Liverpool e al Tottenham i posti erano già presi, quindi trasferirmi al Borussia era la migliore cosa da fare. Klopp mi disse subito le sue idee, dove mi vedeva in campo".
Il rapporto con Klopp
"Prima di parlare con Klopp, mi ha abbracciato, tirato su da terra e detto: "Non ti lascerò andare fino a quando non firmerai il contratto". Alla fine della conversazione poi aveva aggiunto: "Promettimi che tornerai al Borussia Dortmund". E' un amico. come un padre o un fratello per me. Quando ho lasciato il Dortmund ho iniziato a capire veramente il calcio".
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