Baldissoni: "La Roma non ha bisogno di soldi. Molto presto lo sponsor. Lo stadio volano per i ricavi"
Il direttore generale della Roma ha parlato ai microfoni di Radio 24: "Siamo molto fiduciosi in vista dell'incontro con l'Uefa"
Il direttore generale della Roma Mauro Baldissoni ha parlato ai microfoni di Radio 24. Queste le sue dichiarazioni:
Che cosa dobbiamo aspettarci da qui alla fine del mercato da parte della Roma?
"Non credo molto, nel senso che è arrivato Jonathan Silva che sta completando le visite mediche e sostituirà Palmieri. Poi non so, il ds fino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno di mercato è in allerta perché possono capitare tante situazioni, che però non determinano grandi stravolgimenti".
Via Emerson, Dzeko è rimasto: c'era bisogno di una cessione importante?
"Bisogna fare chiarezza, perché si è parlato di turbamenti e questa città cade spesso preda di turbamenti. Non è che è necessario fare una cessione, ma voi sapete che purtroppo le squadre da qualche anno non sono libere di agire a loro piacimento, ma devono fare i conti con un regolamento internazionale e che tra l'altro è diventato anche italiano dall'anno scorso, il Fair Play Finanziario, che implica delle restrizioni nell'operatività. Essenzialmente, bisogna raggiungere il pareggio di bilancio, non si possono avere costi superiori ai ricavi, altrimenti bisogna recuperare con degli attivi di bilancio. Faccio questa precisazione perché non è tanto una questione di denaro. Sento spesso dire che la Roma ha bisogno di soldi: la Roma non ha bisogno di soldi, nel senso che quando servono abbiamo una proprietà solida. Basta guardare i bilanci che sono pubblici: soltanto negli ultimi 15 mesi la proprietà ci ha inviato 98 milioni, senza considerare gli altri 100 dell'aumento di capitale del 2014".
Se Pallotta decidesse di fare un ulteriore regalo, questo risolverebbe la questione del FPF?
"Purtroppo no, perché nella stagione scorsa abbiamo fallito l'ingresso in Champions League e avevamo una rosa con dei costi molto importanti per una competizione di un certo livello. Ma abbiamo fallito i ricavi conseguenti dall'eventuale qualificazione, quindi la proprietà ha fatto gli investimenti necessari per mantenere questi costi. Questo non è utile a rispettare il parametro di bilancio, che non fa considerare i contributi della proprietà come attivi, di bilanci che coprono i costi e quindi le perdite. Il Fair Play nasce proprio per porre dei limiti dopo gli acquisti di City e PSG da parte di proprietà che facevano riferimento a due Stati. Altre grandi società sportive si erano allarmate e l'Uefa ha deciso di imporre questo limite proprio per evitare che un proprietario ricchissimo avesse una possibilità infinita di spesa, violando la competizione".
Come mai però questa necessità è emersa a gennaio?
"Al 31 gennaio abbiamo venduto un solo calciatore, ieri: questa è la dimostrazione che non c'era necessità. Ovviamente, avendo delle necessità, bisogna cercare di essere bravi a trasformarle in opportunità, cosa che la Roma ha fatto in questi anni. Avendo acquisito una società con una situazione di perdita pregressa, questo sempre per quanto riguarda il conteggio del FFP, la Roma è stata sanzionata pur avendo una proprietà arrivata da poco. Essendoci un calcolo pluriennale, la Roma era già soggetta a sanzione. Le strade erano due: abbattere i costi di gestione e tornare a crescere dal punto di vista della competitività sportiva e quindi dei costi della rosa in parallelo con una crescita organica dei ricavi. Immaginate quanto ci sarebbe voluto. L'altra strada era di continuare ad investire, mantenendo costi alti e recuperando con le plusvalenze per sistemare il bilancio. Facendo questo, la Roma è riuscita a mantenere la competitività anno dopo anno, tanto che è stata stabilmente in Champions League negli ultimi anni, salvo fallire l'accesso attraverso il preliminare l'anno scorso. Detto questo, una necessità può diventare un'opportunità. Se ti arriva un'offerta imprevista per un giocatore come è successo per Dzeko, che può essere ritenuta importante dal punto di vista economico, in considerazione del fatto che a seguito dell'eventuale cessione si sarebbe potuto valutare come impiegare il denaro per trovare un sostituto all'altezza, l'offerta viene considerata".
Come mai la vicenda Dzeko non si è concretizzata?
"Se la Roma avesse avuto l'esigenza di vendere Dzeko, avrebbe probabilmente favorito questa cessione. La Roma ha mantenuto la sua posizione, con le sue richieste, appunto perché poteva diventare un'opportunità interessante a certe condizioni. Questo valeva per la Roma come valeva per il giocatore. Non abbiamo avuto fretta di accelerare nulla e siamo infatti felici che Dzeko sia rimasto. Qualora fosse uscito, sarebbe stato compito della direzione sportiva trovare soluzioni altrettanto competitive, ma Dzeko è un grande campione e siamo felici che sia rimasto".
Cosa si sente di dire ai tifosi? La Roma prova a vincere o fa trading?
"Ripeto, quando si acquista una società che ha una struttura di costi e ricavi a partire da meno 58 milioni e un valore patrimoniale dei calciatori pari a 37 milioni, o si abbattono i costi di cessione e si ricomincia da zero, facendo crescere contemporaneamente i ricavi. Ma facendo questo si raggiunge la competitività dopo dieci anni anni, o si fa quello che abbiamo fatto noi. Abbiamo investito, abbiamo mantenuto livelli di costi gestionali alti, perché i costi di gestione finiscono per l'80% in salari di giocatori. Il fatto che sia un progetto sportivo e non di trading è testimoniato dal fatto che la Roma continua a mantenere la seconda rosa come costo di gestione della Serie A pur avendo il quarto-quinto monte-ricavi. Per far crescere i ricavi in modo organico ci vuole molto più tempo, quindi le cessioni sono funzionali alla competitività della squadra. La Roma ha fatto per due volte il record di punti della sua storia: l'obiettivo di rimanere competitivi è stato raggiunto, purtroppo passando per cessioni che non sono un'opzione, ma una necessità per i regolamenti internazionali".
Il malumore nasce dall'andamento della squadra...
"Vorrei precisare che i soldi non sono soltanto spese per gli acquisti, ma anche per i rinnovi, che sono molto onerosi. Dalla scorsa estate abbiamo rinnovato i contratti di Strootman, Nainggolan, Manolas, stiamo discutendo con Florenzi... Abbiamo dimostrato di voler puntare sulla continuità di questa squadra, mantenendo giocatori di profilo internazionale per far sì che sia sempre più competitiva. Se poi i risultati non arrivano è un altro discorso: è evidente che qualcosa in campo non funziona e bisogna trovare una soluzione. Fino a dicembre questa squadra è stata competitiva, ottenendo il primo posto nel girone difficilissimo di Champions e stando a ridosso delle prime posizioni: poi da metà dicembre i risultati non sono stati assolutamente all'altezza delle aspettative. Non parlo solo delle aspettative dei tifosi, ma anche delle nostre. Su questo c'è da lavorare e ovviamente la frustrazione e la delusione dei tifosi è giustificata ed è anche la nostra: capiamo lo sfogo, non possiamo biasimarli".
Quanto pesa la qualificazione in Champions? Cosa vi aspettate dal prossimo incontro con la Uefa?
"In questo momento abbiamo ceduto solo Emerson Palmieri, che in campionato ha giocato zero minuti quest'anno, sostituito da Jonathan Silva che giocava titolare in Champions e che ha disputato una finale di Libertadores. Abbiamo una tematica in corso con l'Uefa verso la quale siamo estremamente fiduciosi in virtù del percorso intrapreso. Quello che noi abbiamo presentato nel settlement agreement di un paio di anni fa è la volontà di rispettare il fair play senza trucchi o aggiramenti, cosa che abbiamo dimostrato di saper fare. Abbiamo sforato un solo parametro dei quattro totali e soltanto nell'ultimo anno dei tre che erano in esame. Quindi siamo fiduciosi che dimostrando che continuiamo ad operare con gli stessi principi, l'Uefa, che già ci ha sempre manifestato fino ad oggi l'apprezzamento per quello che è l'atteggiamento gestionale di questa società, dovrà ulteriormente considerare la buona volontà e l'impegno dimostrato fattualmente e consentirci di continuare ad operare in questo modo senza sanzioni particolari. Questo è quello che ci aspettiamo".
Come mai la Roma non ha uno sponsor?
"Anche questo dello sponsor è un elemento importante da considerare. Le catene di ricavo sono ben definite nel calcio: una è quella dei diritti tv, che sono anche legate ai risultati sportivi, una è quella del botteghino, e l'altra è quella commerciale, che fa riferimento ai contratti di sponsorizzazione. Lo sponsor principale della maglia è soltanto una delle voci che compongono i ricavi commerciali, ma in qualche modo è quella più evidente. Parliamo però in questo caso di contratti pluriennali: vuol dire che accettare un'offerta in linea per esempio con l'ultima che avevamo dal 2013, e che era indicativamente meno della metà dei nostri competitor principali anche in Italia, avrebbe significato continuare a bloccare quella che noi riteniamo debba essere la crescita del valore del brand Roma. Per questo la nostra scelta è stata anche di rinunciare ad alcune offerte che non ritenevamo congrue. Sono molti i parametri che possono essere misurabili, come tutte le iniziative di media e social media che hanno avuto un successo internazionale: vogliamo far crescere il brand Roma e pensiamo di essere molto vicini all'annuncio di collaborazioni con brand di valore nazionale ed internazionale per ammontari che sono in linea con quelli dei nostri competitor. Siamo comunque molto vicini a raggiungere un accordo".
Quanto sarà importante lo stadio?
"È il vero volano, il game-changer per i discorsi che stiamo facendo e il motivo per il quale questa proprietà crede molto nella creazione della nuova infrastruttura. Abbiamo fatto spesso riferimento e paragoni ad altre realtà, ma il più facile ed evidente è quello della Juventus, che ha fatto +175% di ricavi dallo stadio anno su anno. Questo passa per un investimento enorme, parliamo di un'opera che costerà circa 800 milioni, più di 200 dei quali saranno investiti dalla proprietà: tutto questo dovrà fare ricavi molto superiori rispetto a quelli attuali, che ci consentano di mantenere e accrescere il livello di competitività per poter ambire a risultati sempre maggiori. Mi viene da ridere quando sento che il presidente Pallotta vuole fare lo stadio perché ci vuole guadagnare lui: è ridicolo. È ovvio che un investimento così importante serve a garantire alla Roma un volano e un incremento di ricavi, perché lo sponsor, che contiamo di annunciare a breve, non non sarebbe in grado di portarci ad un livello di competitività come quello che dovremmo ottenere con lo stadio".
Le voci di mercato hanno influito sui risultati negativi?
"Questo sarebbe molto grave, perché darebbe ulteriori alibi a dei professionisti di spessore internazionale. Pensare che hanno risultati negativi perché ci sono voci di mercato sarebbe un insulto alla loro professionalità. Soprattutto non giustificherebbe il fatto che la Roma ha cominciato a fornire prestazioni inferiori alle aspettative già da metà dicembre. La Roma non ha vinto nessuna delle ultime sette partite giocate, quindi pensare che questo possa essere causato dalle voci di mercato è un alibi che noi non dobbiamo dare ai calciatori".
Vede la luce alla fine del tunnel?
"Non è il mio ruolo occuparmi di tematiche calcistiche, ma questa squadra dimostra una costante: quando comincia a distaccarsi dagli obiettivi che ritiene di dover avere dimostra un calo mentale e di determinazione che porta a prestazioni timorose. Lo abbiamo visto anche a San Siro: la Roma parte molto bene, domina il campo per lunghi tratti, poi però subentra il cosiddetto braccino. Una squadra che non è tranquilla e ha paura di non essere in grado di raggiungere gli obiettivi che ha, è una squadra che entra in un periodo di crisi. Questo è accaduto anche negli anni passati e devo dire che è un tema sul quale ci stiamo interrogando: stiamo cercando le soluzioni, perché siamo sempre competitivi, ma mai abbastanza da riuscire effettivamente ad ottenere un trofeo.Su questo noi dobbiamo lavorare di più e meglio: è una questione che non riguarda solo la squadra, ma anche noi dirigenti e tutto quello che è l'ambiente Roma all'interno. Dobbiamo avere la forza di andare a competere veramente per tutti gli obiettivi che ci diamo, altrimenti continuiamo a creare degli ottimi presupposti, con dei fallimenti che diventano frustrazione e rabbia e non fanno altro che peggiorare le possibilità di successo".
Quale è la posizione della Roma riguardo la Var?
"La Var non può garantire comunque la giustizia assoluta, sia per il protocollo che è limitativo, sia perché alla fine le decisioni delicate sono sempre soggette ad una valutazione umana. Non piace pagare il costo attraverso la perdita dell'immediatezza del gioco: non sapere se si può esultare dopo un gol perché bisogna attendere delle decisioni che portano via tempo è una cosa molto negativa, se poi non garantisce la giustizia assoluta. Se gli errori devono esserci comunque, preferisco che siano dovuti alla natura umana".
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