Roma, Il mantra di Fonseca: «Si vince insieme»
Il tecnico portoghese parla alla sua gente: «I tifosi sono sempre appassionati, il loro amore per la squadra è fantastico. Uniti possiamo sognare»
«Il momento è importante e dobbiamo lavorare tanto per vincere, solo così possiamo essere forti». Paulo Fonseca ha abbracciato il 2020 così come aveva condotto il 2019. Equilibrio, umiltà e ambizione. Nel giorno dell'allenamento aperto al Tre Fontane, dopo la ripresa delle sedute del 30 dicembre e qualche botto di Capodanno, ha ritrovato la squadra insieme ai tifosi sugli spalti: «I giocatori hanno capito che dopo questo momento di festa è importante lavorare. Sono motivati e ci aspettiamo che possano rispondere bene», ha detto il tecnico a Roma Tv a fine allenamento.
Domenica, infatti, arriva il Torino e sarà come «una gara molto difficile, perché tutte le squadre che vengono qui sono forti». E anche se gennaio sarà un mese con due scontri diretti (Juve e Lazio) e una partita a eliminazione diretta (Parma in Coppa Italia) la testa è rivolta solo alla partita contro i granata: «Noi dobbiamo solo pensare alla partita con il Torino, c'è tempo per pensare al resto».
Una mentalità che non cambia, quella del tecnico portoghese, coerente con una stagione fin qui costruita passo dopo passo, partita dopo partita, come testimoniato anche dalla sua partecipazione al classico slideshow dell'emittente ufficiale, dove - partendo dalla fine - gli viene mostrata l'immagine della Curva Sud: «I nostri tifosi sono una delle cose che mi piacciono di più a Roma - ha detto l'allenatore -. Sono sempre molto appassionati e il loro amore per la Roma è fantastico. Io sono appassionato dei nostri tifosi, sono fantastici. Dobbiamo continuare tutti insieme: squadra, tifosi e società. Solo insieme possiamo vincere. C'è ancora tanto da lavora ma penso che siamo sulla strada giusta. Tutti insieme possiamo sognare».
Adattamento e prime volte
«Sono stati belli questi primi mesi. Sono molto felice qui a Roma ma dobbiamo lavorare fino alla fine per vincere». Perché da quando è arrivato , dai «tanti giornalisti in aeroporto, la grande confusione» ha capito che «qui a Roma tutti sono molto appassionati» e non vedeva l'ora di cominciare, come la prima volta che è entrato a Trigoria. Un momento importante, come tutte le prime volte, come Roma-Genoa: «La prima partita, è stata difficile. Era la prima volta che giocavamo davanti ai nostri tifosi, volevamo vincere. Io non penso molto al passato, dopo abbiamo cambiato molte cose. Dopo questa partita ho pensato che dovevamo lavorare molto per migliorare la squadra».
Cosa ancor più chiara dopo il primo derby di Fonseca: «Abbiamo affrontato una squadra molto difficile. Non abbiamo giocato bene, ma penso che è stata la partita più dura della prima parte di stagione. Io capisco la rivalità del derby, ma il mio ricordo di quella partita è che non mi è piaciuto come abbiamo giocato. Dopo questa partita abbiamo cambiato molte cose ed è stato un bene per la squadra. In Italia il calcio è diverso, è più difficile. Adattarsi è molto importante e ogni partita è importante capire come giocano gli altri. È stato importante questo momento per il mio adattamento».
E i risultati sono arrivati, se poi con il Sassuolo la squadra è "partita": «Abbiamo giocato molto bene, con fiducia e coraggio. Non c'è molto tempo di godersi le vittorie, ma la prima vittoria è sempre importante». Come la prima in Europa League, dove ha iniziato a brillare la stella di Kluivert: «Una partita con buone fasi di calcio. Mi è piaciuto il modo in cui abbiamo vinto. Kluivert ha imparato molto. All'inizio Justin giocava in maniera molto individuali con poca disponibilità alla fase difensiva, ma ha imparato tanto».
A Bologna una vittoria «che ha un significato molto speciale. La squadra ha vinto con un giocatore in meno e negli ultimi minuti, dimostrando un grande spirito. Dopo la partita ho parlato con il mio assistente e gli ho detto che questo è lo spirito che dovremmo avere sempre, anche i calciatori hanno capito che in questo modo si vince». E con i leader, come Kolarov: «Ha un carattere fortissimo. È un grande professionista e un grande uomo. Parla sempre con i più giovani, per me è fondamentale nello spogliatoio».
Di quelli che servono anche nei momenti di difficoltà, come la sconfitta in Roma-Atalanta: «Una squadra molto difficile da affrontare. Non abbiamo fatto una partita in cui meritassimo di perdere, ma è stata tosta. Non mi piace ricordare questo momento perché è la prima sconfitta. O la seconda sconfitta, quella di Parma, dove la squadra era troppo stanca, dopo l'Europa, e giocavano sempre gli stessi».
E c'è un altro momento che Fonseca non ricorda con molto piacere ed è quello che è successo dopo il gol annullato a Kalinic in Roma-Cagliari: «Avevamo fatto un'ottima partita e avremmo meritato di vincere. Lo sfogo con Massa? Non mi è piaciuto il modo in cui l'arbitro ha diretto la partita. Io ho perso un po' il controllo, ma può succedere. È stato importante per me perché ho capito che devo sempre mantenere un certo equilibrio». Lo stesso che ha tenuto per gestire gli infortuni, a partire da quello di Diawara e Dzeko in quella gara: «Questo è un problema che si vede in tante squadre che giocano tante partite. In quella fase i giocatori hanno capito che dovevano essere uniti perché era un momento difficile».
Poi i momenti chiave della stagione fin qui percorsa: «La vittoria in Turchia in Europa League è stata la miglior partita della stagione. Abbiamo capito che era un momento importante, dovevamo vincere, e lo abbiamo fatto con una buona partita, facendo un buon calcio». E Inter-Roma, partita in salita per i problemi fisici di Pau Lopez e la febbre di Dzeko: «Dopo la partita ero soddisfatto. Abbiamo controllato bene la partita. Negli ultimi metri ci è mancata la decisione corretta, ma penso che abbiamo dominato un avversario molto forte. Onestamente Inter e Juve sono più forti in questo momento».
I singoli nel collettivo
Poi Fonseca si è soffermato su un po' di singoli a partire da Dzeko: «Un grande professonista, che lavora sempre per la squadra, è come Kolarov dentro lo spogliatoio. All'inizio ho parlato tanto con lui, per me è stato molto importante il fatto che sia rimasto a Roma». Un altro leader, esploso subito, è Chris Smalling: «Lo conosco bene, è un grande difensore. Si è adattato meglio di quanto pensassi. Tutti i giocatori credono molto in lui e io credo in lui, penso che in coppia con Mancini siano molto importanti per la stabilità difensiva. Il tema del razzismo? Io sono totalmente contrario. Prima della partita abbiamo visto parole infelici che per me non devono esserci. Lui e Lukaku sono grande dimostrazione che il razzismo non entra in campo».
Poi i due talenti azzurri. Pellegrini, decisivo con la Fiorentina dopo il rientro dall'infortunio: «Veramente difficile giocare contro i viola, loro in casa avevano fatto buoni risultati. Era importante vincere prima della sosta, Lorenzo è un bravo ragazzo. Un giocatore molto intelligente, con un carattere forte. Per me è il miglior giocatore italiano in questo momento».
E Zaniolo, che «sta migliorando, devo dire che era un giocatore selvaggio. Penso che ora sta capendo lo spazio e il tempo giusto, tatticamente sta imparando, ha un grande talento». Per arrivare a un altro patrimonio del calcio nazionale, Gianluca Mancini: «Quando non avevamo centrocampisti e ho pensato a Mancini perché lui ha qualità. Penso che la squadra si è adattata bene e lui si è adattato bene alla posizione, ha mostrato un grande spirito. Mancini è un giovane, ma mi ha sorpreso, è un leader, può essere uno dei migliori centrali d'Europa».
E, da un Gianluca all'altro, per finire con Petrachi, con il quale il sodalizio è strettissimo: «Mi piace il suo cappello, l'ho indossato contro la Fiorentina e la mia ispirazione è stata lui... (ride). È un grande uomo. Ho una grande fiducia in lui, è un grande direttore. Sta sempre con me e la squadra. Noi parliamo molto di come migliorare la squadra, abbiamo lo stesso obiettivo e siamo sempre d'accordo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA