Roma, Friedkin stringe i tempi: il punto sulla trattativa
Nessun passo indietro del texano, che vuole chiudere entro gennaio. Forbice tra domanda e offerta di 50 milioni, ma può essere colmata. Resta centrale lo stadio
Dan è sotto l'eterno sole della California, Long Beach, una delle tante Fregene di quella megalopoli che è Los Angeles, vuoi mettere trascorrere le festività natalizie in costume di bagno? Dan è Friedkin, l'imprenditore a stelle e strisce che punta a diventare il nuovo proprietario della Roma. Ce lo descrivono tranquillo, ottimista, sorridente, sempre più convinto del deal colorato di giallorosso.
Pur nella consapevolezza delle difficoltà che un business di questo tipo presenta, l'uomo che colleziona aerei da guerra, tutto è meno che spaventato da un'eventuale concorrenza che negli ultimi giorni si sarebbe materializzata con un solido fondo inglese, il Cvc (quello che ha venduto la Formula Uno agli americani), fondo che già da tempo avrebbe manifestato il suo interesse per il pacchetto di maggioranza della Roma, ma la trattativa non ci risulta mai decollata. Dan non ha fatto nessun passo indietro rispetto alla decisione di diventare il nuovo proprietario del club.
La trattativa sta andando avanti da mesi, sta proseguendo tra inevitabili alti e bassi, ma ora Dan è passato alla fase del pressing. Nei confronti di James Pallotta che dall'altra parte degli Stati Uniti, Florida, Miami, al sole pure lui, si aspetta un ulteriore, neppure esagerato, rilancio, per dire yes, la Roma è tua caro Dan. Le cifre sono state fatte da una parte e dall'altra, la distanza tra offerta e richiesta non sarebbe superiore ai cinquanta milioni e chi è coinvolto nell'affare e chi ha pratica di finanza, dice che un affare del genere non può saltare per una cifra inferiore al dieci per cento di tutto il cucuzzaro.
Ci sono da abbattere le ultime resistenze di Pallotta che, pure se a qualcuno potrà sembrare strano, ci descrivono intristito dal fatto di dover dire addio alla Roma. Ma a convincerlo ci penseranno i suoi soci, ormai stanchi di un business che finora ha voluto dire solo esborso di soldi senza avere fino a oggi nessun ritorno. Di fatto i soci hanno già detto sì, ma l'ultima parola spetta a Pallotta.
E il presidente vuole pensarci bene, soprattutto ci terrebbe a lasciare il club nelle migliori mani possibili, a un gruppo in grado di continuare la valorizzazione di un asset che negli ultimi otto-nove anni ha visto decuplicato il suo valore. Non sarà un trofeo, ma qualcosa varrà lo stesso.
In questo senso Friedkin sembra che abbia dato ampie garanzie. Il suo possibile ingresso nella società giallorossa è stato presentato come un'operazione a lungo termine, più che un puro business mordi e fuggi. Un investimento sì d'immagine ma con l'obiettivo di creare una società e una squadra più solide, ricche, forti. Qualcuno lo chiamerebbe un vanity asset, in ogni caso Friedkin punterebbe a fare della Roma il fiore all'occhiello del suo gruppo, con la sua famiglia coinvolta in prima persona nel deal visto che il figlio Ryan è indicato da tutti come il probabile ventiquattresimo presidente della società.
Per paradosso anche il nuovo stadio sarebbe in secondo piano rispetto al progetto squadra e società, fermo restando che l'impianto di Tor di Valle rimarrebbe comunque al centro del futuro della Roma. Dan è certo che, al di là del tot che dovrà sborsare (non si dimentichi che Friedkin ha offerto due miliardi di dollari per l'acquisto della franchigia Nba degli Houston Rockets senza riuscire ad acquistarla), la Roma diventerà sua. Quando? Difficile dare una data certa, indicativamente si può dire entro gennaio. A quel punto sarà fatto l'aumento di capitale che, per quello che sappiamo, non fa parte degli oltre settecento milioni di euro che Friedkin ha già messo sul piatto della bilancia per l'acquisto della Roma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA