AS Roma

Roma premiata per il caso Nura: dal dramma sportivo alla carriera di ambasciatore

I giallorossi sul palco per come hanno gestito il terzino, che ha smesso a 21 anni. De Sanctis: «Lavora per Roma Cares in Africa, e come talent scout insieme a Bruno Conti»

PUBBLICATO DA Francesco Oddi e Emanuele Ciccarese
14 Dicembre 2019 - 10:36

Sarebbe sicuramente diventato un giocatore di serie A il terzino destro nigeriano Abdullahi Nura, forse pure un campione. Ma lo scorso aprile, a 21 anni, ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato, che di fatto era avvenuto già a marzo 2018, quando per la seconda volta (la prima era arrivata nel novembre 2015, quando Garcia lo aveva appena promosso dalla Primavera, e l'esordio in serie A sembrava questione di giorni) gli era stata revocata l'idoneità agonistica per problemi cardiaci. Era stato ceduto due mesi prima al Perugia, in serie B, prestito di un anno e mezzo: è tornato a Roma dopo sole 3 presenze in B, le uniche della sua carriera nel calcio dei grandi.

La società giallorossa, che avrebbe potuto chiedere la risoluzione del contratto dopo 6 mesi di inattività, non lo ha lasciato solo, offrendogli un lavoro per il post carriera. E per questo ieri ha preso il "Premio Gesto Etico", al Salone d'Onore del Coni, agli Oscar dello Sport italiano, istituiti dall'Asi (Associazioni Sportive e Sociali Italiane). «Sono felice di essere qui e di questo premio perché conosco bene la sfortunata storia di Nura - ha dichiarato Morgan De Sanctis, presente alla cerimonia con Baldissoni - arrivò nel 2015: l'allenatore era Rudi Garcia e io ero ancora un giocatore. Ci accorgemmo subito del suo talento: ricordo bene una partita di allenamento a Trigoria tra la prima squadra la Primavera, quando i nazionali erano assenti. Nel primo tempo la squadra di Alberto De Rossi era in vantaggio per 3-0, Nura fece 2 gol e l'assist per il terzo. Allora Garcia all'intervallo lo spostò nella prima squadra e la partita finì 3-3. Quando giocammo con Barcellona e Leverkusen in Youth League sia Rudi Voeller sia Luis Enrique a fine partita si fermarono a chiedere chi fosse quel ragazzo. Che ha avuto molta sfortuna: oltre alla rottura del legamento crociato un anno e mezzo fa gli è stata diagnosticata una ipertrofia del muscolo cardiaco. A febbraio si è capito che non poteva più ottenere l'idoneità sportiva. La Roma l'ha sostenuto: poteva rescindere il contratto ma non l'ha fatto, perché aveva capito il dramma umano e sportivo di un ragazzo giovanissimo. Insieme a lui abbiamo pensato questo percorso fuori dal campo. E alla fine di novembre, ben 9 mesi dopo aver saputo che avrebbe smesso, abbiamo fatto la rescissione, inserendolo in società: ha iniziato a fare lo scout nelle giovanili, sotto l'occhio vigile di Bruno Conti. Ed è ambasciatore in Africa e in Nigeria con Roma Cares. Perché la Roma non è solo un club calcistico, ma molto di più, a livello sociale».

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