Per Dzeko è braccio di ferro con l'Inter. E intanto cresce il feeling con Fonseca
Da Trigoria è gelo con i nerazzurri, i giallorossi corrono il rischio di non cedere Edin. Il centravanti si è già promesso a Conte, ma è la Roma a decidere
Dzeko e la Roma, la Roma e Dzeko, sembra un vicolo cieco. Non per niente, ma perché la situazione che si è venuta a creare intorno al bosniaco è abbastanza paradossale e l'estate che l'attuale numero nove romanista sta vivendo lo è anche di più. L'antefatto lo conosciamo: in tempi non sospetti, a più di un anno dalla scadenza del contratto comunque (come si fa di solito per i giocatori importanti), Dzeko è rimasto in attesa di una chiamata dalla Roma per il rinnovo per diversi mesi. Il silenzio in questi casi non è assenso, tutt'altro, né va dimenticato che non è nella policy aziendale della Roma prolungare contratti onerosi a giocatori che hanno superato da un po' i 30 anni. Tradotto: Edin Dzeko, o chi per lui, si è guardato intorno, ha ricevuto chiamate.
I Conte tornano
La telefonata più convincente è stata quella di Conte che già lo voleva al Chelsea nel gennaio del 2018. Anche in quel caso la Roma fu tentata di "alleggerirsi", ma solo nel caso di un'offerta più che congrua. All'epoca Dzeko non voleva andar via, nonostante la gratificazione di un'avance internazionale così importante. Probabilmente, con la trattativa che avanzava, anche se il mercato è questo, si dev'esser sentito trattato come uno dei tanti e non come un giocatore importante. La Roma aveva una Champions da onorare (anche se nessuno avrebbe immaginato fino alla semifinale). Non si verificarono le condizioni per nessuno e non se ne fece niente. Dzeko e la Roma volarono insieme fino a Liverpool, a un passo dal sogno. Quel sogno ricompattò più o meno tutto.
È altresì vero che nell'ultimo anno, dal dopo Roma-Barça in poi, il club (Monchi, Massara, Petrachi, per intenderci) e la squadra (Difra, Ranieri, Fonseca e diversi addii illustri) hanno subito diversi scossoni che hanno portato a uno sgretolamento e alla necessità di ricostruire. E cambiare, come parola d'ordine. Dzeko si è convinto di un ridimensionamento, che lui stesso con le sue prestazioni negative ha contribuito a generare. Ma è nato prima l'uovo o la gallina? Sono passate quattro stagioni, Roma rappresenta il record di anni di permanenza per la carriera del bosniaco (sta iniziando la quinta stagione, col Wolfsburg si fermò a quattro). Edin e la moglie (i cui social sono molto romanisti di recente) amano la Capitale, dove sono nati i due figli e, lo sa tutto il mondo, non si vive male. Ma non si è vinto niente, ci si è andati solo vicini. E la possibilità di avvicinarsi a battersi con i più forti oggi è rappresentata più dall'Inter che dalla Roma. Dzeko non ha firmato nulla, ma si è promesso a Conte. Per un contratto molto simile a quello che ha con la Roma, ma con un progetto - almeno sulla carta - dai presupposti più alti (e con una Champions di mezzo). Che a 33 anni fa la differenza.
A poco è valso a far cambiare idea al bosniaco il prolungamento di due anni proposto dall'allora ds Ricky Massara alla fine del campionato: Edin aveva preso la sua decisione. A poco è valso l'interessamento di Fonseca, appena approdato a Roma. Con l'allenatore Dzeko si trova benissimo e tra i due si è instaurato un ottimo rapporto, viziato però in partenza dalla decisione presa (e il portoghese vuole solo chi vuole la Roma).
Le strade percorribili
La Roma e Dzeko sono a due passi da un vicolo cieco, ma c'è ancora un bivio. Da una parte, trovare una soluzione che accontenti tutti, che potrebbe però tardare ad arrivare - possibile anche negli ultimi giorni del mercato - nell'attesa dell'effetto domino tra gli attaccanti delle grandi. Da Higuain a Icardi, fino a Dybala e Lukaku. La Roma vuole 20 milioni (lo ha pagato 15 nel 2015 e domani ricorre l'anniversario del maestoso arrivo a Fiumicino) per un giocatore per il quale fino a metà dell'ultimo campionato non c'era la priorità di rinnovare. L'Inter non vuole essere presa per il collo per acquistare un giocatore che a settembre (tecnicamente a gennaio) varrà zero euro per il proprio club. Si tratta, quindi. In presenza di un braccio di ferro che non conviene a nessuno e che appare difficile non si sblocchi alla fine della fiera.
Dall'altra parte, la Roma può tenere Dzeko: perché è forte, perché non è facile migliorarsi in quel ruolo, perché non ha in tasca l'alternativa. Ma confermare contro voglia un giocatore per il quale conta molto l'aspetto umorale sarebbe un bel rischio. Che Fonseca per primo non vorrebbe correre. Occorrerebbe motivarlo nuovamente. In questo senso i primi approcci del ds Petrachi hanno lasciato il segno. Il dirigente nella sua prima conferenza stampa romana non usò giri di parole (fu generico, ma...) bollando per poco professionale il giocatore che in presenza di un contratto si accorda con altre squadre. Dzeko è orgoglioso. Più volte nella sua carriera, se stuzzicato, ha reso di più e ha risposto sul campo. E anche questa volta sta succedendo.
E se da un lato il ragazzo è leggero perché la decisione l'ha presa ed è convinto che finirà all'Inter e magari si sta allenando alla grande per la nuova avventura, è pure vero che la sua ispirazione attuale fa il gioco della Roma e delle sue pretese. Difficile, difficilissimo, nella situazione presente che Edin resti a Roma e si leghi con un contratto più lungo ancora al club. Più plausibile che rimanga un anno - si vedrà con che mood - per poi salutare tutti a giugno (l'Inter sarebbe ancora lì o sarebbe l'ora della Cina o dell'America?). Poi però sorgerebbe la domanda: la piazza sarebbe disposta a dimenticare la pessima stagione (di tutta la squadra, per la verità) del bosniaco dell'anno scorso? Potrebbe l'attaccante di Sarajevo dimenticare qualche fischio di troppo dell'Olimpico nel finale di stagione? La storia del calcio, al netto dell'incognita della prima partita sbagliata o del primo periodo di digiuno, insegna che tutto è possibile. La risposta è: lo scopriremo solo vivendo.
Ma ci vorrà un po', perché le vie del mercato sono infinite, fino all'ultimo minuto prima della chiusura. E nessuno, né Inter né Roma (e aggiungiamo Juve o Napoli), per far chiudere il cerchio del tutti contenti, ha intenzione di inserire alcuna deadline alle proprie manovre. Per la gioia - si fa per dire - degli allenatori.
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