La stagione di Juan Jesus: il brasiliano subentra sempre ma non si impone mai
Panchinaro. Non ha scalzato un Fazio in crisi profonda. C’era nei deludenti 2-2 con Chievo e Cagliari Meglio con Ranieri, ma non si parla di rinnovo
Il dodicesimo uomo: andando a mettere in fila i giocatori più utilizzati quest'anno dalla Roma in serie A, Juan Jesus è il primo dopo la formazione titolare. Ma non ha giocato molto: 20 apparizioni 1.398', ovvero meno della metà dei minuti del campionato (3.420). Con Manolas intoccabile per velocità e potenziale, doveva provare a togliere il posto a Fazio: missione fallita, l'argentino, nella sua peggiore stagione a Roma, ha giocato 34 partite, arrivando a 2.804', ovvero più del doppio dell'ex difensore dell'Internacional di Porto Alegre e dell'Internazionale di Milano. Che quest'anno ha debuttato alla quarta giornata, nello sciagurato 2-2 contro il Chievo: se la squadra che ha fatto meno punti nella serie A appena conclusa è uscita imbattuta dall'Olimpico, i demeriti vanno divisi tra Jesus e Kolarov, che non sono riusciti a impedire a Stepinski (!) di girarsi in area, e battere a rete. Nelle 5 partite successive due presenze da subentrato, alla decima giornata la seconda da titolare, al San Paolo contro il Napoli. Partita ben giocata, come quelle successive, contro Fiorentina e Sampdoria, in cui ha anche trovato l'unico gol stagionale (che però ha tolto a Cristante, intervenendo sulla linea, toccando un pallone che molto probabilmente sarebbe entrato lo stesso).
Voti de Il Romanista, 7, 6,5 e 7. In quel periodo sembrava sul punto di togliere il posto a Fazio (uno spezzone col Napoli, in panchina coi doriani), ha rovinato tutto nella gara successiva, alla Dacia Arena di Udine, quando venne saltato da De Paul. Con lui in campo la Roma non aveva mai perso, quel giorno in Friuli finì pure la nomea di talismano. La partita dopo però Fazio non era al meglio, e Jesus si ritrovò di nuovo titolare, contro la sua Inter. Quella dopo ancora la iniziò dalla panchina, e avrebbe fatto molto meglio a rimanerci: era Cagliari-Roma, entrò al posto di Zaniolo al 44' del secondo tempo, dopo il gol di Ionita, rimase coinvolto in quel capolavoro di dabbenaggine che fu il 2-2 di Marco Sau al 50', nato da un rinvio di Olsen, dopo che Mazzoleni aveva lasciato in nove i sardi, buttando fuori Srna e Ceppitelli. Figuraccia tale da far traballare come non mai la panchina di Di Francesco, che per la partita dopo, contro il Genoa, varò una difesa che formalmente era a 3, ma in pratica a 5, con i terzini Florenzi e Kolarov fatti passare per centrocampisti. Prestazione sufficiente per il brasiliano, ma ormai il treno era perso: a gennaio ha saltato 4 partite (una di Coppa Italia) per un infortunio al menisco, ma tanto Di Francesco aveva ormai accantonato ogni vaga idea di farlo entrare nella formazione titolare. Da quel Roma-Genoa del 16 dicembre ripartì nell'undici solamente il 2 marzo contro la Lazio, e solamente per i problemi intestinali dell'ultimo minuto che dirottarono Manolas in tribuna.
Tredici le presenze in campionato con Di Francesco, 7 con Ranieri, che iniziò la sua avventura con Manolas indisponibile e Fazio squalificato, per Roma-Empoli (gara in cui Jesus fece autogol). A regalargli minutaggio, nell'ultima fase della stagione, i problemi sugli esterni: con la Spal, dopo la cessione al Cagliari di Luca Pellegrini, il brasiliano ha sostituito a sinistra il malconcio Kolarov, con l'Udinese ha lasciato quel posto a Marcano, andando a destra, con Santon infortunato e Florenzi convalescente. Come tanti, ha visto crescere il suo rendimento con l'allenatore di Testaccio: tra aprile e maggio 6 presenze, tre 6 e tre 6,5. Che non cambieranno il suo destino: ha ancora un anno di contratto, il suo rinnovo non è certo una priorità: se arriveranno offerte la Roma lo lascerà partire, altrimenti si valuterà se fargli un'offerta al ribasso, o lasciarlo andare a scadenza.
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