79 anni fa l'ultima partita della Roma a Campo Testaccio
Il 2 giugno 1940 è una data importante per la squadra giallorossa, che proprio quel giorno dava l'addio in campionato allo stadio che era stata la sua casa sin dal 1929
Il 2 giugno 1940 è una data particolare per la storia Roma. Questo giorno coincide infatti con l'ultima gara della squadra giallorossa in campionato a Campo Testaccio. In quella stagione (1939/40) i calcoli iniziali della società capitolina, che pensava di aver creato una squadra in grado di lottare per i primi posti, si rivelarono totalmente sbagliati. I giallorossi infatti, terminarono il campionato settimi, a 5 punti dalla zona retrocessione. Quel giorno Alfréd Schaffer, che era subentrato sulla panchina della Roma nella penultima giornata di campionato al posto di Guido Ara, era pronto a guidare i capitolini per la seconda volta in campionato, prima di vincere nella stagione 1941-42 il primo Scudetto della storia della Roma.
Lo stadio era pronto ad ospitare la sua squadra nell'ultima gara della stagione 1939/40 contro il Novara. Per battere i piemontesi, il neo allenatore giallorosso schierava Ceresa, Brunella, Gadaldi, Serantoni, Donati, Fusco, Krieziu, Pantò, Provvidente, Coscia, Amadei. La partita si concluse con la vittoria della Roma per 3-1 grazie alla rete su rigore di Pantò al 25' e ai gol di Coscia al 32' e di Provvidente al 40'. Prima che lo stadio fosse abbattuto, Schaffer si fece accompagnare dal capitano Gadaldi e si fece raccontare tutto della Roma degli anni Trenta.
Campo Testaccio è rimasto nei cuori dei tifosi giallorossi grazie ai primi successi della squadra di cui uno, quello per 5-0 sulla Juventus ha ispirato un film, Cinque a zero. Proprio dalla pellicola di Mario Bonnard proviene il primo inno della Roma, dedicato allo storico stadio, cantato ancora oggi dai tifosi romanisti in ogni partita.
Campo Testaccio aveva quattro tribune di legno verniciate con i colori sociali, giallo oro e rosso pompeiano. L'impianto poteva ospitare circa 20.000 spettatori e comprendeva anche l'abitazione dell'allenatore, un edificio sul cui muro esterno era dipinto un gigantesco stemma della società giallorossa. Nonostante i prezzi dei biglietti fossero alti per l'epoca, lo stadio era sempre gremito di tifosi e "tifosette", come recita l'inno, e i meno fortunati riuscivano a vedere comunque le partite arrampicandosi sul Monte dei Cocci, altura caratteristica di Testaccio, storico Rione che dava il nome all'impianto.
Il 2 giugno 1940, dopo undici anni di attività, la Roma salutava per sempre Campo Testaccio, un pezzo di cuore per ogni tifoso romanista, che anche se non ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo lo porterà sempre con se, grazie a quell'inno e grazie a quel 5-0.
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