Mancini si racconta: la crescita con Ranieri, Mou, De Rossi e il futuro
Parla il difensore giallorosso: "Ranieri mi odiava. Con José la cura alla fase difensiva era maniacale, con Daniele guardavamo molto alle uscite dal basso"

(GETTY IMAGES)

Dopo le dichiarazioni rilasciate a Cronache di Spogliatoio qualche giorno fa, Gianluca Mancini è stato protagonista di un'intervista a TvPlay. Tra i temi trattati, il difensore giallorosso si è soffermato dapprima sulla sua crescita, dal punto di vista tecnico ma anche sotto l'aspetto caratteriale: "Ranieri appena mi ha visto ha detto che quando mi vedeva contro mi odiava. La mia è stata un’evoluzione: prendevo tanti cartellini e facevo proteste senza senso. Mi condizionava tanto, era deleterio per me stesso. L’evoluzione è cominciata con De Rossi. Appena arrivato lui, un suo collaboratore mi salutò in modo strano. Dopo un paio di giorni mi disse che che mi avrebbe messo sotto con la macchina. Dopo una settimana si scusò e disse che aveva sbagliato tutto su di me, che ero un ragazzo eccezionale. Io in campo mi trasformo, sto cercando di migliorare. Anche con gli arbitri il mio atteggiamento è cambiato. Prima davo fastidio, ora è differente. Non prendo troppe espulsioni, perché di entrate brutte non ne faccio. In Coppa Italia, con Orsato, sbagliai tanto e presi tre giornate. Chiesi scusa in quell’occasione".
Una crescita, dovuta anche a compagni come Mats Hummels: “Mi sta aiutando. Avere campioni come lui è utile in campo e nel quotidiano. A 36 anni gioca ancora a questi livelli, quindi è un superprofessionista. Vorrei arrivare anche io a quell’età giocando così. Contro Kulusevski ha fatto un intervento in scivolata e si è rialzato come niente fosse. Gli dissi che era pazzo, perché a me avrebbero dato sette rossi.” E il fallo a Bilbao? “Per me non era da espulsione. Era giallo. Quando l’attaccante sbaglia un gol, ha un’altra occasione. Il difensore invece deve sperare che non succeda nulla di grave dopo un errore.”
La crescita di Mancini con Claudio Ranieri, dunque, è sotto gli occhi di tutti, e andrà proseguita anche senza la guida (sul campo) del nuovo tecnico: “Allenatore giochista o gestore? Non ho preferenze. Se il mister mi dice di dare una testata al muro, lo faccio. Ogni tecnico ha la sua idea. Con De Rossi facevamo 40 minuti di uscite dal basso prima della gara. Con Mourinho, la fase difensiva era maniacale.”
Con Mourinho e De Rossi poi, c'è stato l'avvicendamento Rui Patricio-Svilar: “Rui era un portiere forte. In allenamento, avere da una parte lui e dall’altra Svilar era incredibile. Mile è molto forte, trasmette sicurezza, parla tanto. Il ruolo del portiere è cambiato.”
Un commento infine, sul rapporto con la piazza giallorossa e sul futuro: “Roma è calorosa e passionale. La gente ti carica ogni giorno. A Bergamo non è così. Qui scendi in campo anche per loro. Quando arrivai a Villa Stuart non c’era nessuno, ma vedere i compagni accolti a Fiumicino da tutta quella gente è bellissimo. Se dovessi scegliere un paese, direi l’Inghilterra. Giocare in Italia è bellissimo, ci sono stadi molto passionali. Sono abituato all’Olimpico: ogni domenica sembra una finale.”
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