AS Roma

È tornata “la Juventus”: ecco la guerra dei mondi

Due mentalità agli antipodi: “mai schiavi del risultato” contro “vincere è l’unica cosa che conta”

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
06 Aprile 2025 - 06:00

Se si vuole valutare la distanza che c’è sempre stata tra il mondo romanista e quello juventino si deve provare a misurare l’abisso che passa tra uno slogan come «Mai schiavi del risultato» e quello attribuito a Boniperti di cui tutti i tifosi della Juventus vanno fieri: «Vincere è l’unica cosa che conta». Su queste basi siamo d’accordo tutti che la discussione su questo Roma-Juventus (calcio d’inizio ore 20,45, telecronaca esclusiva su Dazn, radiocronaca obbligatoria su Radio Romanista) non può nemmeno iniziare. Da una parte la bellezza del percorso, il fascino assoluto di una filosofia appagante già per quello che si vive, non solo per quello che si cerca, l’attrattiva pagana della festa quotidiana, mai finalizzata davvero al vincolo di un risultato. Dall’altra l’opposto: il buio quasi autoimposto solo per quella luce in fondo al tunnel, neanche la soddisfazione di come volerci provare a patto di doverci riuscire. In pratica vogliono convincerci che sia meglio soffrire una vita per festeggiare un minuto piuttosto che il contrario. Quale pazzo accetterebbe questa schiavitù? Quale viaggiatore è disposto a rinunciare al come solo per vedere il dove? 

Roma-Juventus è sempre stata questa guerra dei mondi, il confronto tra chi ci prova, mettendo l’anima dentro ogni tentativo, e chi “si accontenta” di riuscirci pur di trovare un modo, e pazienza se poi non è lecito. Perché poi da lì è giustificabile truffare un esame, comprarsi una partita, pompare più sangue nelle vene, corrompere un giudice, un arbitro o un giornalista, nascondendogli il baratro dell’insostenibile sconfitta a cui va incontro ogni essere umano che baratta la sua onestà (anche solo intellettuale) in cambio di una briciola di quel potere corrotto. Nella storia per un romanista la Juventus è sempre stato questo: l’arroganza del potere contro la volontà del popolo. L’oligarchia contro la democrazia. Plasticamente, il bianco e il nero contro il giallo e il rosso. 
Nel tempo, da osservatori mai neutrali, ma comunque ben disposti ad accogliere le anime pentite, abbiamo avuto modo di apprezzare qualche tentativo sparso qua e là nella storia del club bianconero di (ri)costruire la credibilità di un brand così compromesso attraverso il passaggio in un percorso più rispettoso, di norme e avversari. Un tentativo in questo senso era stato fatto anche con Thiago Motta dopo la bella rivelazione di se stesso che il tecnico brasiliano aveva dato guidando il Bologna in quella maniera spettacolare.

Ma niente, che ti chiami Maifredi, Ranieri, Sarri o Motta, se provi a cambiare la storia alla fine vieni travolto da quel tambureggiante messaggio: qui la bellezza non serve, qui vincere è l’unica cosa che conta e pure se vinci, caro Sarri, devi farlo a modo loro. Così oggi si è tornati a Tudor, e dopo una settimana di inebrianti peana di tutte le gazzette più o meno locali (in termini editoriali, la Juventus è locale ovunque grazie all’alto numero di tifosi sparsi in ogni angolo d’Italia, a riprova che il popolo meno appassionato lo attiri facilmente in trappola vendendogli un prodotto vincente purchessia) stasera lo aspettiamo al primo vero esame. Intanto con Tudor è tornata “la Juventus” ed è il motivo per cui oggi sarebbe particolarmente bello batterli. Anche se non sarà l’unica cosa che, per noi, conterà.

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