L’addio a Mourinho e l’effetto-domino
Un anno dopo: il suo esonero primo step della crisi
Sembra passata una vita, da quel 16 gennaio di un anno fa, quando - con un laconico comunicato sul proprio sito ufficiale - la Roma annunciava l’esonero di José Mourinho, che nel giro di due stagioni era riuscito a portare i giallorossi alla vittoria della Conference League e alla finale di Europa League. «Riteniamo che - diceva la proprietà nella nota - nel miglior interesse del Club sia necessario un cambiamento immediato». Cambiamento rappresentato da Daniele De Rossi, poi a sua volta cacciato dopo quattro giornate di questa stagione e sostituito con Juric per «puntare ai trofei». Corsi e ricorsi storici, in virtù dei quali il 2024 ha visto accomodarsi sulla panchina giallorossa quattro tecnici diversi.
Lo “Special One”, a detta della cabina di comando della Roma, pagava il prezzo del peggior girone d’andata nell’era dei tre punti: 29 punti in 19 gare; un record negativo che però è stato ulteriormente peggiorato quest’anno (23 in 19 partite). Evidentemente, le responsabilità non erano solo del portoghese. E lo dimostra il fatto che, poco dopo il suo esonero, abbia fatto le valigie anche Tiago Pinto, a cui non è stato rinnovato il contratto. Ha deciso invece di rassegnare le sue dimissioni la Ceo Lina Souloukou, travolta dalla contestazione che ha fatto seguito all’esonero di Daniele De Rossi. Ma la rivoluzione che ha coinvolto i piani alti ha interessato anche la squadra: dando un’occhiata all’undici titolare del 14 gennaio 2023 contro il Milan, ultima gara di José alla guida della Roma, salta all’occhio come cinque calciatori (Kristensen, Llorente, Bove, Spinazzola e Lukaku) non facciano più parte della rosa. A loro vanno aggiunti i subentrati Huijsen e Belotti, oltre a Rui Patricio, Boer, Karsdorp e Joao Costa, rimasti in panchina.
La verità, col senno di poi, è che la decisione di mandare via uno dei tecnici più titolati al mondo ha dato vita a un vero e proprio effetto-domino, che ha investito in pieno la Roma - società e squadra - mettendone in luce tutte le (tante) lacune e debolezze. Tolto lo scudo da Setubal, l’unico uomo che ci aveva difeso dopo lo scempio di Budapest, il velo di Maya è caduto. E con certi limiti continuiamo a fare i conti. Le recenti parole di Mou («Avrei dovuto lasciare dopo Budapest») sono tutto sommato condivisibili, ragionando a posteriori. Anche perché i romanisti non si meritavano di passare da lui a Juric nel giro di 9 mesi.
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