Addio al "Ragno Nero", tra i successi a Milano e il cuore lasciato a Roma
È famoso per essere stato il portiere dei rossoneri degli Anni 60, ma non ha mai nascosto di aver sempre mantenuto un legame fortissimo con i colori giallorossi
È famoso per essere stato il portiere dei successi del Milan di fine Anni 60, ma la squadra in cui ha giocato più di ogni altra è stata la Roma. E Fabio Cudicini ogni volta che è stato chiamato a parlarne, non ha mai nascosto di aver sempre mantenuto un legame fortissimo con i colori giallorossi. Arrivato nel 1958, dopo poco tempo tolse il posto di titolare a Luciano Tessari, che qualche anno dopo sarebbe stato il suo allenatore proprio al Milan. "Era molto fragile fisicamente e dovevi centellinare il suo lavoro - ha raccontato Tessari - Rocco mi diceva: “oh, se me lo rompi ti ’masso”, e noi siamo riusciti a farlo stare bene, portandolo alla conquista, con la maglia del Milan, di scudetto, Coppa dei Campioni e intercontinentale, insieme ad altri cinque “scarti” della roma».
Con la Roma ha vinto anche una Coppa Italia, ha parato due rigori al derby, ne ha anche segnato uno in Coppa Italia contro la Fiorentina. E' stato anche capitano, il 27 marzo 1966 proprio contro il Bologna, cioè il prossimo avversario della Roma. Oronzo Pugliese credeva fosse finito, a 30 anni, e lo lasciò andar via. Lui lo seppe durante la tournée in Australia nel 1966, pianse, andò al Brescia e pensò di smettere. Il Milan credette in lui e divenne protagonista di un'epopea di successi incredibile.
E' stato romanista fino all'ultimo. "Prendete Zoff", disse a qualche dirigente, che non lo ascoltò. E' rimasto romanista anche dopo, è tornato all'Olimpico per la cerimonia della Hall of Fame nel 2012 e per rivedere i compagni con cui aveva vinto la Coppa Italia del 1964, nel 2014. Molti conoscono la carriere del figlio Carlo, famoso soprattutto per i suoi anni al Chelsea. Pochi ricordano che Carlo esordì proprio in una sfida tra Roma e Milan di Coppa Italia, vinta dalla Roma 2-0 e subendo un pallonetto da Caniggia che ancora oggi viene ricordato come un momento epico nella storia romanista. Forse è stata l'unica volta in cui, dal 1958 fino a due giorni fa, non è stato contento per un gol segnato dalla Roma.
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