Nuovo inizio. È arrivato il momento
Il rischio di perdere Pellegrini è stato alto, ma la scelta di Ranieri ha cambiato il corso delle cose
Le braccia larghe, quasi a voler raccogliere tutti. La postura eretta, tra uno scalino della Tevere ed un altro. Lo sguardo rivolto più alla tribuna che al campo. Ed una frase, pronunciata con ferma serenità: “Io vi perdono”. Siamo, più o meno, al 118° minuto di questo Derby. La partita dovrebbe essere finita intorno al 97° minuto, ma solo sul campo. Perché in Tevere Roma Lazio non è finita. La si gioca ancora. E la si gioca dall’Empoli, passando per Juric, arrivando fino all’ultimo minuto di San Siro, quando anche a casa di Lollo avevano perso fiducia che potesse mai essere di nuovo. Si ripercorre tutto. C’è una gioia diffusa che non maschera la necessità non tanto di avere un regolamento verbale dei conti ma di pacificarsi con ciò che è stato. Di vivere un nuovo inizio. Adesso. Che, sì, il campionato non potrà più darti molto, ma molto, se finalmente si trovasse la quadratura del cerchio, potrebbero darti l’Europa e la rincorsa alla decima. Ma questo è il 118° minuto. Ed era stato proprio quel seggiolino, che a fine partita stava lì, con le braccia aperte, a far sembrare la Tevere il Corcovado, ad avere dettato la linea ad inizio partita, durante una discussione che aveva coinvolto alcuni di noi nella solita, ahimè, fila in attesa di un bagno libero.
Pochi istanti prima di quell’indispensabile sosta, difatti, avevamo appreso, certamente noi che ci trovavamo lì, legati dal tifo e dai problemi dettati dall’età avanzata, della scelta a sorpresa di Claudio nostro di far giocare Pellegrini. E questa scelta era arrivata dopo quel secondo tempo di San Siro, all’esito del quale anche chi, come chi vi scrive, vorrebbe sempre Lollo in campo aveva iniziato a perdere certezze. Da una settimana, difatti, si erano ormai aperte chat carbonare di fedelissimi tifosi del Pelle, in cui ci si confessava la paura che si fosse veramente arrivati alla fine. E lo si faceva esclusivamente tra di noi, da sempre amanti di Lollo, proprio per scongiurare quella grandinata di “te l’avevo detto” che, da domenica sera, ci stava arrivando addosso da ogni dove.
Ma in quel preciso momento, venuti a conoscenza della mossa dello scacchista Ranieri, noi entravamo in una dimensione diversa. Mista di auspicio e preoccupazione. A dare certezza, però, ci pensava quel seggiolino lì, grandissimo e datato tifoso romanista, da sempre sugli spalti della Tevere, che prendeva la parola e, in replica a chi contestava a Ranieri l’azzardo, evidenziava una grande verità, evidentemente celata agli occhi dei più: “Lasciate stare che io stravedo sempre per Pellegrini. Ranieri è un genio: lo mette stasera perché sa che Pelle non potrà mai avere lo Stadio contro, troppo impegnato a tifare Roma ed a tifare contro. Quindi, è la situazione ideale per farlo ritrovare. Perché potrà iniziare a giocare tranquillo, senza paura dei fischi in arrivo. E, se fa bene stasera, non avrà necessità di dare una conferma. Conta solo stasera. O dentro, o fuori. E, se fa bene, e se segna, e se si vince, preoccupiamoci a prendere Frattesi ed un terzino, senza più la paura che si vendano Pellegrini e Dybala. Perché, a quel punto, non toccano nessuno dei due”. Una luce nel buio. Nessuno aveva pensato a questo. Quel capannello, composto di tifosi che ne sanno di pallone, di Roma e di Olimpico, improvvisamente si riduceva al silenzio. La sola replica era in un “però se sbaja…” che cadeva nel vuoto. Troppo importante tutto. La partita, il risultato, il futuro. Tutto. E tanta, assoluta, fiducia in Claudio (staccata: “Ranieri ha ragione pure quando sbaja”).
Prendevamo, quindi, finalmente posto speranzosi di vedere giocare quei tre lì davanti, alle spalle del Pichichi, come solo loro sanno fare. E, da quel momento in poi, era solo meraviglia. Lollo che rende facile l’impossibile, Paulo che rende semplice il complicato, il Pichichi che stoppa anche uno scaldabagno in caduta libera dal quinto piano, Saele che è rincorso da Tavares, quando tutti temevano il contrario (“Una nemesi”). E Mats. Mats (sintesi perfetta: “Ti ripeto: secondo me a Juric j’aveva rigato la macchina”). Mats, che deve stare sempre lì. Sempre. E se avesse segnato con quel tiro, o con quel colpo di testa. Mats, che non deve lasciarci mai soli. Mai. E qualcuno si accerti che a Trigoria si facciano dare sempre la sua reperibilità, perché dobbiamo essere certi che, al bisogno, lui possa accorrere in nostro soccorso (“Lo devono chiamà pure se se furmina ‘na lampadina”; “Fa stare tranquilli tutti, pure i raccattapalle”). Il primo tempo finiva così. Con la convinzione che avessimo la partita in pugno (“Primo tempo perfetto”) ma la preoccupazione che potesse sfuggirci tra le mani (“Questi so’ forti, nun è finita: speriamo che nun calamo”).
E il secondo, come ti sbagli, era una Tirana, certamente meno importante, ma una Tirana, in cui siamo stati più di cinquanta minuti a contare, ogni dieci secondi, quanti ancora ne mancassero. Perché siamo stati laggiù, schiacciati, abbracciati tutti a Svilar (“Domani mattina vado a Trigoria e mi incateno fino a quando non mi dicono che gli hanno rinnovato il contratto”), a guardare quei palloni che, volando, entravano in area per andare a sbattere, sempre, sulla testa di quei tre (“Mats, Mancini e Ndicka non stanno facendo cadere a terra uno spillo”), con la sola preoccupazione delle giocate rapide, perché avevamo più difficoltà a chiudere e troppa, per mancanza di energia (“Paredes e Konè non ce la fanno più”), per ripartire.
Ma era destino che finisse così. E quando Pairetto ha fischiato, e dopo i baci, gli abbracci, le pacche sulle spalle, è arrivato il momento di guardarci negli occhi, ci ha pensato lui: “Io vi perdono”. Perché il rischio che abbiamo corso di perdere Pelle, per troppi mesi soffocato dai fischi, è stato troppo. Ma la scelta di Ranieri ha cambiato il corso delle cose e scongiurato questa sciagura. Ed allora mettiamoci alle spalle tutto ciò che è stato. Perdoniamoci. Perché adesso inizia, per Lollo e per tutti noi, una nuova stagione. Con Dybala, Pellegrini, Saele, il Pichichi. Inizia una nuova stagione. A partire da domenica a Bologna. Lì dove, mi comunica il Conte Lando, troveremo, per pranzo, il Diana chiuso. E questa, sì, che è una gran brutta notizia. Speriamo rimanga l’unica.
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