Bove, (non) tutto quanto fa spettacolo
La scelta di discrezione del Romanista e la vergogna del totodramma
L’Italia morbosa. L’Italia morbosa più che mai. Ci si stanca, molto (non la maggioranza dei telespettatori), nel vedere la tivvù di Stato (ma non solo, tutte le altre non sono da meno) che quando racconta, non fa solo cronaca e informazione. Siamo sempre più incollati alla tivvù che fa spettacolo su ogni tipo di dramma. Drammi veri e non solo guerre, fame, migranti. E chi più ne ha, più ne metta. Morbosamente. Si entra nei particolari più macabri della vicenda. Tutto questo nelle ore pomeridiane, quando davanti al teleschermo ci sono tanti giovanissimi per i quali quei particolari, non sono di certo formativi. Ore e ore con “esperti” dell’eventuale caso.
Il Romanista è un giornale dichiaratamente giallorosso, unico nel panorama, dedicato a una squadra di club. Ha affrontato la vicenda di Edoardo Bove con discrezione e garbo inusuali. Per i tempi. Devo confessare che quando il direttore Daniele Lo Monaco ha trattato l’argomento senza dare eccessiva evidenza a una notizia così drammatica, mi sono dispiaciuto. Ma sbagliavo io.
Leggendo tutti i mezzi di informazione, pagine, paginette e siti in questi giorni, sono veramente disgustato. Non sappiamo, nessuno, nulla di quello che il giovane ventiduenne dovrà affrontare. Il suo futuro, la sua vita. Ma stanno facendo il toto-operazione. Dopo aver fatto il toto-secondi sul tempo dell’intervento sanitario che ha salvato la vita al giocatore.
A turno si pronosticano ora, giorno e, addirittura, nel caso dovesseessere operato per mettere un defibrillatore sottocutaneo, si ipotizza la squadra straniera dove, in fututo, potrebbe giocare. Perché, fortunatamente (sottolineo fortunatamente) le regole della medicina sportiva in Italia, sono più stringenti che non in altri Paesi.
Perché a distanza di decenni facciamo ancora il conto delle vite perdute sui campi di gioco. Nella massima serie in particolare, perché è evidente che faccia più notizia. Ecco un punto da approfondire. Perché non si fanno controlli stringenti sui campi di serie inferiore, fino ai ragazzini delle scuole calcio, in cui si obblighino tutte le società ad avere a bordo campo un medico e il defibrillatore? Deve essere legge che non si può disattendere.
Sicuramente rispetto ad altri dolorosi drammi planetari, un problema simile passa in secondo ordine. Ma abbiamo mai pensato che quando i nostri figli, o noi adulti che giochiamo a padel, in caso di malessere, dobbiamo solo sperare nella Dea Bendata?
Lo sport è salute, farlo in maniera più sicura sarebbe un segnale di civiltà. Senza retorica.
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