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Le Fée: "Quando mio padre era in carcere parlava sempre di me ai suoi amici"

Il centrocampista giallorosso ha parlato del padre morto nell'aprile 2021, dopo diversi anni di carcere: "Mi mandò ad allenarmi appena iniziai a camminare"

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA La Redazione
05 Dicembre 2024 - 19:29

Enzo Le Fée ha parlato in un'intervista a FreeFoot, nella quale si è soffermato sul rapporto che aveva con il padre, morto nell'aprile 2021 dopo diversi anni di carcere. Ecco le dichiarazioni del centrocampista giallorosso: 

Sulle motivazioni che lo hanno portato a lasciare il Rennes

"Quest’estate in realtà non avevo realmente intenzione di cambiare squadra, stavo bene al Rennes, anche se ho avuto un po' di difficoltà a sentirmi a casa. Questo perché già all'inizio della scorsa stagione, con Bruno Genesio, non è andata come previsto e perché sentivo di aver bisogno di un periodo di adattamento. Dopo il suo esonero, stavo iniziando a ritrovare il mio calcio integrandomi bene ed è arrivato Julien Stéphan. Con lui ho iniziato a giocare bene ma, purtroppo, in Coppa di Francia mi sono fatto male e questo mi ha frenato. Sono rientrato verso fine stagione, ma senza avere la sensazione di sentirmi a casa e senza ricevere l'affetto dei tifosi e questo mi ha infastidito. Così quest'estate mi sono preso la briga di lasciare il Rennes. Abbiamo quindi ricevuto una chiamata da Florent Ghisolfi che ha avuto la possibilità di portarmi alla Roma".

Sul padre.

"Il suo sogno era quello di diventare un calciatore professionista. Sfortunatamente, questo è deragliato un po' presto e poi sono venuto al mondo. Penso che mi abbia regalato una maglia appena nato, Mi ha mandato ad allenarmi quando sapevo a malapena camminare. Ha fatto di tutto per farmi entrare in quel mondo. Penso che non abbia avuto difficoltà a farmi entrare perché era anche qualcosa di innato in me. E ricordo, abbastanza giovane comunque, di aver avuto la maturità per dirglielo che 'dove per lui il treno deragliava, per me continuava' e alla fine sono riuscito a fare la scalata per poter entrare nel mondo professionale e nel potere fiorire in questo mondo".

“Sapevo già che dentro parlava molto di me”

"Ogni volta che lo andavo a trovare in carcere c'erano due o tre suoi amici che passavano dietro dicendo 'il futuro, il futuro'. Quindi sapevo già che dentro parlava molto di me. E poi sono riuscito ad arrivare nel mondo dei professionisti così lui ha potuto vedere le partite dal vivo e poi ha assunto una proporzione ancora maggiore perché tutto il carcere ha iniziato a guardare la partita. Appena sono arrivato, è venuto a trovarmi e mi ha parlato, non ero necessariamente visto come una star, ma ero visto più come il figlio di Jérémy, per esempio."

Un reinserimento difficile dopo una condanna per “occultamento di cadavere”

"Il reinserimento dopo il carcere è stato difficle. Lo dimostra una cosa stupida: quando uscì dal carcere andammo da McDonald's, io pagai con il cellulare. Lui mi disse 'aspetta, cosa hai fatto lì' . Gli dovetti spiegare che si poteva pagare con il cellulare. Mio padre non aveva mai avuto un conto in banca e aveva sempre vissuto di contanti, quindi mi sono preso il tempo di aprire un conto per lui”.

Prima di concludere sull'ultimo tragico episodio di questo rapporto.

“Si è suicidato per non pagare questi ragazzi perché non poteva e non voleva chiedermelo. Per me se ha fatto così ora si sente meglio lassù e andrò a ridere con lui più tardi, quando lo raggiungerò."

 

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