1-1 della Roma con l'Union SG: se non c'è (ancora) fine alla miseria
Non basta il vantaggio di Mancini dopo 60’. I giallorossi si fanno riprendere anche in Belgio: termina 1-1, ora sono 5 i punti in classifica
Finisce con i belgi in festa, forse non si rendono conto che non hanno fermato la squadra che negli ultimi tre anni ha dominato in Europa (almeno in quella di secondo livello), ma un’accozzaglia di impauriti e spaesati giocatori che non sanno quello che devono fare e quando ci provano si capisce che non ci credono neanche. Finisce 1-1 pure con gli inguardabili gialloblù del Saint Gilloise, forse la più scarsa delle squadre affrontate in questi tre anni europei, sicuramente inferiore rispetto all’Elfsborg che ci aveva battuto. Finisce 1-1, ma poteva finire peggio anche se a un certo punto si pensava che potesse finir meglio perché dopo un inguardabile primo tempo la Roma era andata in vantaggio con un guizzo di testa di Mancini su cross di Pellegrini, ma si è fatta poi riprendere a un quarto d’ora dalla fine su calcio d’angolo, ancora una volta difeso malissimo, stavolta con la complicità pure di Svilar. La Roma raggiunge così faticosamente quota 5 punti nel gruppone, inconsistenti per garantire speranze di infilarsi tra le prime otto, ma insufficienti pure per guardare con fiducia al playoff, considerando pure che la prossima partita, la terz’ultima, si giocherà in casa del Tottenham ieri battuto 3-2 dal Galatasaray. Ma al di là delle considerazioni sulla estemporanea classifica, e alla vigilia della complicata, ma importantissima sfida di campionato col Bologna prima della sosta per la Nazionale, appare ormai chiaro come la squadra si sente senza guida, che non abbia rispetto della figura di Juric, che a fine gara non riusciva neanche a dare spiegazioni sull’avvilente susseguirsi di prestazioni pietose, anche se qualcuna di questa lui l’ha vista persino bella.
E se il secondo tempo è stato sconfortante, il primo è stato letteralmente indecente, nell’accezione più pura del termine: priva di decenza. Contro una squadra decisamente scarsa, tra le più mediocri del campionato belga, con una classifica in Europa League piuttosto significativa (un gol e un punto nelle tre precedenti esibizioni) e in uno stadio semivuoto (con le curve neanche aperte, come quando si prova a riempire le tribune se gioca la Nazionale cantanti) la Roma ha chiuso la prima parte della partita con un paio di conclusioni nello specchio della porta su due palle inattive (un tentativo di tiro di Pellegrini e un tentativo di colpo di testa di Mancini, entrambi controllati senza fatica da Moris) e con il solito rigore da reclamare, ignorato sia da Brisard (e forse si può capire, vista la caduta un po’ goffa di Mancini nel contrasto con Machida) e, cosa più grave, sia dal Var Delajod, come se anche in Europa si fosse sparsa la voce che con la Roma di quest’anno si possa perpetrare qualsiasi misfatto, tanto chi vuoi che protesti? Niente di più ha prodotto la squadra di Juric nei primi 45 minuti di una partita che l’allenatore aveva definito tanto importante, e che era alla fine quasi decisiva, aggiungiamo. La Roma è scesa in campo ovviamente con il solito sistema di gioco, perché il calcio di Juric è monotematico, stavolta però con la sorpresa di Cristante al centro della difesa, con l’ulteriore e stavolta clamorosa bocciatura di Hummels, centrale campione del mondo e vicecampione d’Europa a maggio (di quest’anno, non vent’anni fa), che finora non aveva giocato, ci aveva raccontato l’allenatore, perché non c’era motivo di togliere Ndicka dal centro della difesa: e alla prima occasione in cui il difensore ivoriano non è stato convocato per un’influenza, ecco che al suo posto viene schierato il più lento centrocampista della rosa, così da far credere che per Juric Hummels non sia proprio più un giocatore di calcio. E chissà quale futuro oggi potrà avere il tedesco nella Roma. 3421, dunque, con Mancini e Angeliño ai fianchi, l’immarcescibile Celik a destra, lo stralunato El Shaarawy a sinistra, la coppia riconfermata composta da Koné e Le Fée in mezzo al campo, e poi Baldanzi e non Dybala, e Pellegrini e non Pisilli dietro Shomurodov e non Dovbyk, evidentemente risparmiati per la sfida col Bologna di domenica pomeriggio. Di fronte il 352 di Pocognoli, pronto evidentemente ad abbassarsi con la difesa a cinque anche se non ce n’è mai stato reale bisogno. Sì perché la Roma ha cominciato con l’atteggiamento da scampagnata, un po’ come era entrata in campo a Firenze, ma stavolta di fronte non aveva i discreti giocatori viola, ma i meno celebrati gialloblù. Così il giovane tecnico belga ha lasciato libere le briglie ai suoi ragazzi e incredibilmente l’inesperto Saint Gilloise ha messo alle corde la più celebrata Roma: già al 2’ Khalaili ha trovato un varco (uno dei mille lasciati dalla squadra di Juric nel corso della partita) ed ha attaccato dritto, calciando forte da 25 metri fino a sfiorare la traversa. Al 4’ Shomurodov è stato ammonito per il primo di una lunga serie di interventi fuori tempi dei romanisti, mentre al 5’ una punizione calciata nell’area della Roma ha visto due calciatori gialloblù andare a saltare in splendida solitudine nella zona del secondo palo per la comoda sponda per il destro (per fortuna alto) di Sadiki. Segnali di cortocircuito, di una squadra ormai priva di anima oltre che delle minime cognizioni tattiche. Al 17’ su punizione di Vanhoutte ancora una volta nessuno è andato a contrastare il cross e la deviazione di Burgess è finita di poco a lato. Al 18’ un’altra transizione (un altro problema ormai atavico, spesso negato dal tecnico) ha messo Fuseini in condizione di battere a rete, ma il tuo tiro ritardato è stato rimpallato da Le Fée. Al 29’ la Roma si è affacciata timidamente nella metà campo avversaria e con una manovra avvolgente ha poi consentito a Mancini di infilarsi sulla destra dell’area di rigore, fino all’intervento scomposto di Machida: e se l’arbitro poteva non essere convinto dell’irregolarità del contrasto, avrebbe dovuto essere aiutato dal collega al Var. Ma niente. Al 33’ su corner ci ha provato Pellegrini senza troppa convinzione. Al 39’ Svilar ha deviato in corner un tiro-cross di Niang. Al 42’ ancora Pelle ha pescato su punizione Mancini, che a sua volta di testa ha deviato debolmente di testa verso Moris. Al 46’ ci ha provato infine Koné con un’incursione tutta verticale, con assist per Baldanzi che a sua volta ha scaricato per El Shaarawy che però ha tirato nella curva vuota.
Nel secondo tempo si è ripartiti con la mollezza del primo. Abdulhamid si è scaldato per tutto l’intervallo come se fosse previsto il suo ingresso alla ripresa, e invece è rimasto poi seduto in panchina tutta la partita. Si sono alzati presto invece Pislli e Dovbyk per la consueta sostituzione operata dal croato ad inizio ripresa: perché non procedere direttamente all’intervallo senza sprecare slot? Comunque sono entrati entrambi al 10’ al posto di Shomurodov (neanche il peggiore in campo) e Le Fée, piuttosto anonimo. Prima, al 2’ un destro di Vanhoutte ha impegnato ancora Svilar, al 4’ Shomurodov ha deviato di testa fuori di poco un assist di Pellegrini, al 5’ Cristante ha salvato correndo all’indietro su un assist verso Ivanovic, tamponando l’ennesima transizione negativa, al 7’ è stato invece Baldanzi a mettersi in evidenza con uno spunto da destra verso il centro, con gran sinistro a giro che ha colto la base del palo di Moris. Dopo i cambi, nella solita altalena di cose buone e altre obbrobriose è arrivata prima l’ennesima ripartenza belga, con un tre contro due vanificato da un movimento anticipato (e quindi in fuorigioco di Khalili, su cui comunque Svilar aveva salvato in tuffo), e poi il vantaggio romanista, con un gran cross di Pellegrini in area e magnifico volo di Mancini ad anticipare di testa le mani di Moris, poi inutilmente proteso a farsi riconoscere dall’arbitro un fallo che si era solo sognato. Purtroppo però la Roma si è spenta lì: dopo il gol ha solo cercato di speculare, senza realmente difendere con attenzione, e finendo per prestare ancora il fianco a qualche ripartenza. E sull’ennesimo calcio d’angolo maldifeso è arrivato il gol del pareggio, al minuto 32, per merito di Mac Allister e demerito di Svilar. Nel finale una squadra seria avrebbe messo alle strette i derelitti avversari, invece nonostante gli ingressi di Zalewski e Soulé, pensa te, gli unici pericoli li ha corsi Svilar, graziato dall’imprecisione degli attaccanti di casa, che poi hanno finito osannati dalla loro gente. Beati loro.
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