AS Roma

Quel recupero di Pellegrini che mette a tacere i fischi

Il paragone con Carlo Petrini potrebbe sembrare "forte". Ma vuole essere solo un esempio. Il Capitano giallorosso non va fischiato in maniera premeditata

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Mauro De Cesare
25 Ottobre 2024 - 17:27

Ci sono azioni particolarmente importanti, ma che vengono declassate a semplici, fortuite, occasionali coincidenze. Succede, in ogni quotidiano momento. Quindi, anche in una partita di calcio. E quell’azione di gioco che non è fortuita, deve aprire gli occhi che, troppo spesso, restano chiusi. Chissà per quale motivo, all’Olimpico.

Stiamo parlando della Roma, che ha sconfitto non certo in maniera entusiasmante la Dinamo Kiev. Ma vogliamo parlare di un giocatore su tutti. Travolto da un insolito biennio di fischi. Lorenzo Pellegrini.

Giovedì è rimasto in panchina per un logico avvicendamento, visti gli impegni che aspettano la squadra giallorossa. Ma non sono mancati (ahinoi) i “sibili” all’annuncio delle formazioni. Da troppo tempo accade, da troppo tempo non si guardano quei piccoli o grandissimi episodi che un giocatore può compiere. Ma soprattutto quello che c’è dietro e che, in questo caso, zittisce (o dovrebbe zittire) tutti i fischi prevenuti. Senza per questo voler sostenere che un giocatore o una squadra siano esenti da contestazioni.

Ho, abbiamo visto, una giocata che solo se sei un imparziale e attento spettatore non puoi farti sfuggire e sottovalutare. A pochissimi minuti dal termine della partita, con la Roma in vantaggio di un solo gol, la Dinamo è a un solo “piattone” dalla porta di Svilar per raggiungere il pareggio.

La telecamera riprende l’interno dell’area di rigore, un fazzoletto di campo, quel fazzoletto di campo da dove sta per partire la “condanna”. Ma improvvisamente si “appalesa” il fischiato per eccellenza: Lorenzo Pellegrini. E da dove sbuca costui? Prima che quel pallone possa finire in fondo alla nostra rete, arriva veloce, velocissimo, a mettere il suo scarpino sul pallone, spedito in calcio d’angolo.

E, allora?, direte voi: gioca e quello deve e doveva fare. E non è mica così scontato. Era stato seduto in panchina fino a pochi minuti prima. Fischiato al suo ingresso in campo (ma dov’è la novità?), e in quel momento era lontano da dove si stava concludendo l’azione. Tutto sommato poteva anche disinteressarsi di quell’azione dalla quale era distante. Non per cattiveria o “vendetta”, ma per frustrazione. Accade.

Non è successo a Lollo, che non è nuovo a questo tipo di interventi. Perché conosce il gioco del calcio, ma soprattutto perché è romanista, ama questa maglia e non gioca per perdere. Per far perdere la Roma. Non è un fuoriclasse? Certo, sicuramente è un ottimo giocatore. E come tutti i calciatori, è il terminale di una società, di una dirigenza, di un allenatore, e gioca con altri dieci compagni.

E questi slanci, queste corse a perdifiato, nascono spontanee, non sono frutto del caso. Ricordo il povero Carlo Petrini. Sbagliava decine di gol, solo davanti al portiere. All’ennesimo “buco” torna a centrocampo, si ferma, si gira su se stesso chiedendo scusa ai tifosi sulle tribune. Ecco cosa vuol dire lealtà. Carlo Petrini (morto dopo una vita drammatica) non sbagliava in maniera premedidata.

Il paragone e il ricordo potrebbero sembrare “forti”. Ma vuole essere solo un esempio. Lorenzo Pellegrini non va fischiato in maniera premeditata.

Lui, gioca con e nella Roma.

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