Ghisolfi dopo Pinto: le (sporadiche) reazioni dirigenziali ai torti arbitrali
Vessato anche Juric dopo i suoi predecessori, ma negli ultimi anni Fonseca, Mourinho e De Rossi hanno spesso dovuto tuonare in prima persona
Storie tese. Quello fra la Roma e gli arbitri è da sempre un rapporto difficile, incrinato ulteriormente da quando i giallorossi stazionano più o meno stabilmente nelle parti alte della classifica. Ovvero da oltre quattro decadi. Senza scomodare il gol di Turone - progenitore di ogni sgarbo - e i torti perpetrati nell'era Calciopoli, basta scandagliare gli episodi più eclatanti negli anni della proprietà Friedkin per suggellare una tendenza mai modificata. Cambiano gli allenatori, non gli atteggiamenti dei direttori di gara. Poco quelli della società.
La lunga serie di torti che ha investito Fonseca, Mourinho, De Rossi e ora Juric li ha spesso costretti a difendersi in prima persona, creando rispettivamente quasi una sorta di uno contro tutti, con inevitabili ripercussioni. Fa eccezione in questo senso l'immediato post partita col Monza, quando Ghisolfi si è presentato davanti alle telecamere per protestare nei confronti della surreale decisione di arbitro (La Penna) e Var (Aureliano) nel negare il macroscopico fallo da rigore subito da Baldanzi a 3 minuti dalla fine. «Non sono solito venire qui, ma quello che è successo è inaccettabile. Un rigore chiaro, l'arbitro era a una certa distanza... Allora perché il Var non è intervenuto? Esigo rispetto per tutti: allenatore, giocatori, tifosi. C'è molta frustrazione nello spogliatoio per quello che è successo», ha tuonato il dirigente francese.
Non un inedito durante la gestione Friedkin, ma quasi. L'ultima volta in cui un dirigente si era esposto in maniera tanto vigorosa nei confronti di un direttore di gara risale a quasi un anno fa. Mourinho in panchina, Pinto dietro la scrivania, entrambi sulla barricata. Sembra passata un'era geologica, invece è il 3 dicembre 2023 quando i due portoghesi fanno fronte comune: «Cerco di essere tranquillo e non alimentare le situazioni extra campo. Ma arriva il momento in cui abbiamo bisogno di dire basta. Quest’arbitro (Marcenaro, ndr) non ci ha mai fischiato ma abbiamo la sfortuna che, quando ha fatto il quarto uomo, ci ha sempre buttato fuori persone dalla panchina. Io dico: se noi non veniamo qua a parlare ci danno la multa, se veniamo a parlare, dobbiamo dire quello che vogliono loro. Dico la verità, non capisco».
Non sono molte le occasioni in cui la società, sempre per bocca di Pinto, si espone sulla questione arbitrale. La prima è nel post Roma-Milan del 31 ottobre 2021, arbitro Maresca: «Non vogliamo nascondere i nostri difetti e quello che dobbiamo migliorare, ma la Roma, i suoi professionisti e i suoi tifosi meritano rispetto. È il momento di dire basta». Parole che suonano sinistramente simili a quelle di Ghisolfi a Monza. Il General Manager interviene poi anche dopo il famigerato arbitraggio di Taylor nella finale di Budapest, ma le sue parole quasi tendono a perdersi fra la furia dello Special One e l'assordante silenzio della proprietà, pure presente a quello scempio.
Quella coppa non tornata nella Capitale unicamente a causa di tutte le nefandezze compiute dal fischietto inglese lascia una ferita difficile da rimarginare e probabilmente segna l'inizio della fine del rapporto fra Mou e il club. Ma José continua a chiedere giustizia da solo o quasi di fronte a ogni torto subito, a ogni angheria indirizzata su di sé o sui propri giocatori, attaccando anche i vertici dell'Aia, coi quali fin dalla sua prima sortita italiana ai tempi dell'Inter i rapporti sono tutt'altro che distesi. La linea scelta dalla società va in direzione opposta: profilo basso, bassissimo. Più spesso silente. Quasi che tutto debba finire sulle spalle del tecnico, larghe quanto si vuole, ma pur sempre di un singolo. Tanto che l'ostracismo nei suoi confronti da parte di chi dirige i match diventa fin troppo manifesto.
Il 7 gennaio 2024 sulla strada della Roma mourinhana c'è ancora Aureliano (toh...). L'ennesimo arbitraggio irritante del bolognese manda su tutte le furie lo Special One, che viene espulso e sarà così costretto a seguire dalla tribuna la sua ultima partita da allenatore giallorosso, al Meazza contro il Milan. Al termine del match contro l'Atalanta cala il silenzio stampa su ogni tesserato. Ma ormai il dado è tratto. Il nuovo corso marcato De Rossi sembra all'insegna della cautela: il nemico giurato della classe arbitrale è ormai lontano e non ci sarà più alcun atteggiamento vessatorio, blatera qualche buontempone. Ma nella gara disputata a Lecce a Pasquetta ancora Marcenaro (tanto per tornare ai deja vu) regala un pesce d'Aprile non richiesto: doppio intervento su Zalewski non sanzionato. E anche DDR perde le staffe: «Le regole devono essere sempre uguali, altrimenti diventa difficile per noi capire. Ne ho visti fischiare tantissimi con degli impatti meno forti. Se c'è un rigore lo devi dare». In Salento finisce 0-0 e i sogni di rimonta in chiave Champions si affievoliscono. Ma per Daniele le amarezze legate agli arbitraggi non finiscono nella prima (mezza) stagione da allenatore. Con Empoli e Genoa altri rigori negati costano punti e contribuiscono a incrinare i rapporti interni. Come sia finita è storia nota. Come questa squadra continui a pagare gli errori/orrori arbitrali è arcinoto. A prescindere dagli interpreti.
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