AS Roma

Aureliano, a Monza l’ultimo scandalo: la Roma non va oltre il pari

Mota pareggia il vantaggio di Dovbyk, all’87’ pestone clamoroso su Baldanzi in area ignorato al Var

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
07 Ottobre 2024 - 06:00

Inaccettabile. Lo ha detto Ghisolfi, l’unica voce e neanche troppo stentorea che può rappresentare quello che resta della As Roma, lo hanno detto tutti i romanisti, non possono non pensarlo tutti quelli che hanno visto la partita di Monza: quello che è accaduto al minuto 87 della partita che avrebbe potuto permettere alla squadra giallorossa di rientrare in carreggiata in campionato con la terza vittoria consecutiva, non può essere commentato con un aggettivo diverso: è semplicemente inaccettabile. Ammesso infatti che sia possibile che lo scarso arbitro La Penna possa aver visto ciò che ha detto a Baldanzi («il tuo avversario ti ha colpito ricadendo, non mentre saltava») e quindi letteralmente una cosa per un’altra, l’arbitro addetto al Var, il signor Aureliano di Bologna (con una lista di precedenti “sfortunati” contro la Roma lunga così) non può non aver visto quello che è successo e non può non aver constatato il clamoroso pestone in area di Kyriakopoulos sul piede di Baldanzi con successiva scalciata sulle gambe del giocatore romanista, travolto dall’intervento scomposto dell’avversario.

Due sono le cose: o ha dato una differente interpretazione a fatti evidenti, e quindi deve immediatamente essere rimosso da ogni incarico, oppure ha visto i fatti e ha deciso di non intervenire, e quindi deve essere a maggior ragione messo in condizione di non nuocere più. Tertium non datur: e l’interpretazione che ci hanno riferito circa la presunta somiglianza di questo episodio con un contatto in Napoli-Monza tra Bianco e Di Lorenzo è sballata, per la superficie decisamente meno significativa di piede pestato. Poi quel rigore sarebbe stato da trasformare e magari la Roma l’avrebbe sbagliato, chi può dirlo. Ma è inaccettabile che quel rigore non sia stato dato. Poi se la Roma e chi della Roma oggi è in grado di rapportarsi ai vertici arbitrali, federali e della Lega Calcio (?) ritiene che invece si debba accettare allora va bene così. Per ora lo stato d’animo dei tifosi resta quello espresso nello striscione appeso allo U-Power Stadium: “Società fantasma, ‘na squadra de zombie”.

Juric era arrivato a questa partita con la serenità dello stallo che si trova solo dentro l’occhio del ciclone: tutto intorno impazza la bufera, lui tranquillo e compassato ad annotare progressi di gioco che gli osservatori esterni in Svezia non hanno riscontrato, anche se su molti aspetti la Roma di Elfsborg è stata simile a quella di ieri, almeno sotto il profilo della performance. Juric ha voluto giocarsela con la squadra che gli dava maggiori garanzie, a partire dal terzetto difensivo più affidabile con Mancini, Ndicka e Angeliño, con Celik ed El Shaarawy (presto sostituito dal figliol prodigo Zalewski) esterni, Cristante e Koné interni e Soulé preferito a Baldanzi (a dispetto di una condizione non ideale mostrata nelle ultime uscite) per sostituire Dybala al fianco di capitan Pellegrini, e alle spalle di Dovbyk.

Nesta sul filo del rasoio si è messo a specchio, con dieci coppie che si sono rapidamente formate sul campo: Izzo ad occuparsi di Pellegrini (e viceversa), Pablo Mari con Dovbyk, Andrea Carboni con Soulé, Pereira con El Shaarawy (e poi Zalewski), Bondo con Cristante, Bianco con Koné, Kyriakopoulos con Celik, Pessina sulla trequarti con Angeliño, il talentuoso Maldini con Mancini e Ndicka a perdere tutti i duelli aerei con Djuric. Era questo più o meno l’unico schema pensato da Nesta per mettere la Roma in difficoltà, con gli inserimenti alle spalle dell’ariete croato e degli altri due difensori, non sempre rapidissimi a chiudere. Ma per il resto del primo tempo è stato un ininterrotto dominio romanista, proprio come in Svezia, ma senza le tre o quattro ripartenze che in Europa League sono costate carissime. L’unica vera occasione da gol il Monza l’ha prodotta con una scucchiaiata di Bianco in area su Pessina, bravo a scaricare su Maldini che di sinistro ha calciato dritto verso la porta giallorossa, trovando l’impatto del piede di Svilar proteso in avanti. Ma per il resto è stata la Roma a creare le migliori occasioni, di cui tre enormi: la prima al 15’, con un sinistro di Koné in diagonale respinto dal palo alla sinistra del giovane Pizzignacco (sostituto di Turati), con tap-in vincente di Dovbyk annullato dalla revisione Var del fuorigioco semiautomatico; la seconda al 23’ con una bellissima combinazione Koné, Cristante e Pellegrini, bravo a controllare in passaggio in area e pronto a calciare in diagonale sull’uscita del portiere, con la palla che è andata a lambire il palo; la terza al 25’ con un gran tiro di Koné che con una doppia deviazione è finito più o meno dove era finito il tiro di Pellegrini, per la frustrazione degli oltre 2500 tifosi romanisti a riempire il settore ospiti, assai poco ben disposti anche nei confronti della squadra anche se sul campo i romanisti sono sembrati piuttosto attivi e in certi frangenti gli avversari più temibili sono stati i moscerini accampati a  milioni sopra l’erba dello U-Power Stadium. Poco invece hanno fatto gli avversari in carne ed ossa. Il Monza di Nesta è ben poca cosa e chissà se questo pareggio gli consentirà di conservare ancora la panchina. Nel caso, mandasse anche lui una bottiglia di vino al duo La Penna-Aureliano.

Alla ripresa del gioco Juric ha ovviamente mantenuto la stessa squadra e la Roma ha continuato a macinare occasioni, pur lasciando qualche spaziatura di troppo agli avversari. All’11’ Cristante ha servito Dovbyk che ha lasciato a Pellegrini, bravo a girargli sotto, poi sul sinistro del capitano Pizzignacco non ha faticato a contenere il pallone. Al 13’ Soulé ha mandato in verticale Dovbyk in corsa verso la porta e l’ucraino tenendosi dietro gli avversari ha provato a calciare da fuori area verso l’incrocio più lontano, sbagliando però la misura della conclusione. Ma ormai la Roma sembrava sul punto di tracimare. E al 16’ è arrivato il riscatto del centravanti, alla rete numero 4 in maglia giallorossa, la terza in campionato: dopo aver difeso fuori area il pallone dalla solita pressione muscolare di Izzo, Artem si è presentato in area, ha affrontato Pablo Mari scartandolo sul sinistro, ha superato anche Pereira e poi ha calciato in diagonale facendo passare il pallone sotto le gambe di Carboni e lontano dalla portata d’intervento di Pizzignacco. Un gol da vero centravanti che ha fatto sobbalzare il settore gremito di passione giallorossa.

Ma la gioia del vantaggio non è durata molto: il tempo per Nesta di innalzare un po’ il tasso offensivo della sua squadra (dentro Mota per Bianco) ed è arrivato il pareggio, al minuto 25: su una combinazione Maldini-Carboni sulla zona sinistra del fronte d’attacco, proprio Mota Carvalho ha organizzato l’attacco alla porta di Svilar sul lato destro, ignorato purtroppo e non solo una volta da Zalewski, il quinto di sinistra, l’uomo cioè che in queste situazioni ha l’obbligo di allinearsi con gli altri difensori per chiudere sul palo più lontano. Ma Nicola, tornato provvidenzialmente tra i convocati proprio nel giorno dell’infortunio con l’infortunio patito da El Shaarawy, si è distratto e la marcatura è saltato: così sul cross di Carboni e l’uscita in tuffo non felicissima di Svilar, la palla è finita dove avrebbe dovuto essere Zalewski, ma non c’era, e così Mota ha fatto 1-1. Juric ha fatto lo stesso i cambi che aveva programmato (Hermoso e Pisilli per Angeliño e Soulé), mettendo Niccolò sulla trequarti e lo spagnolo a chiudere da terzo di difesa.

Al 27’ Zalewski ha fornito a Koné una palla giusta, ma il tiro di destro è finito fuori di poco. Ma la grande chance il francese di origine ivoriana l’ha avuta pochi minuti dopo, al 31’, imbeccato da Dovbyk con uno scarico da sinistra, Manu si è aggiustato il pallone in area e con un destro a giro ha mandato verso il secondo palo senza però prendere lo specchio. Poi al 41’ Baldanzi e Shomurodov sono stati scelti da Juric per l’assalto finale (fuori Pellegrini e Celik) e il tentativo sarebbe andato a buon fine se l’arbitro avesse riconosciuto il fallo clamoroso proprio sul talento toscano. E invece niente. Poi la Roma ci ha provato fino all’ultimo dei cinque minuti di recupero, senza successo. Alla fine saranno poco più di 56 i minuti di tempo effettivo, 15 i tiri, 66% il possesso palla, ma appena 1,16 di expected goals. Chissà se sono numeri che possano giustificare l’esonero di Juric. Con Friedkin non si sa mai.

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