AS Roma

Ghisolfi: «Sostenibili e giovani più Juric»

«Anche De Rossi aveva virato verso la difesa a 3. L’Atalanta è un modello, l’impianto di gioco darà stabilità»

(AS ROMA)

PUBBLICATO DA Intervista a cura di Daniele Lo Monaco
02 Ottobre 2024 - 06:00

Centoventi giorni dopo il suo insediamento Florent Ghisolfi ha convocato i rappresentanti di 10 quotidiani per raccontare (finalmente) il suo punto di vista su un’estate intensa e a tratti tormentata. Non lo ha fatto fino in fondo, ma si può apprezzare il tentativo. Viso pulito, molto sorridente, un filo di barba, giacca e camicia chiari, un filo di voce, accompagnato dal fido Simone Ricchio, il team manager romanista che nell’occasione ha fatto da traduttore, visto che il direttore sportivo ha preferito rispondere in francese alle domande rivolte in italiano e atteso poi che il nuovo team manager della Roma le convertisse a beneficio dei cronisti.

Con un quadernetto della As Roma aperto davanti, con due pagine di appunti da consultare quasi ad ogni domanda, Ghisolfi ha provato idealmente a far voltare pagina alla Roma omettendo però tanti particolari che speravamo con l’occasione di poter chiarire. Pazienza, sarà per la prossima volta, del resto la sconsiderata decisione è ancora calda e il francese tutto vuole fuorché riattizzare polemiche che hanno già sconvolto questo inizio di stagione della Roma. Nessuna parola su De Rossi e Lina Souloukou, tante sul nuovo progetto affidato a Juric, l’uomo giusto per il sistema di gioco su cui aveva virato anche Daniele De Rossi (e chissà se questa incertezza nella scelta identitaria tattica non sia stata un fattore nei diversi punti rinfacciati alla base del suo licenziamento). Ghisolfi ha intrattenuto gli ospiti per un’oretta e alla fine è sembrato quasi sollevato, un po’ come deve essersi sentito quando Dan Friedkin ha accettato le dimissioni di Lina. Della triade al comando quest’estate è rimasto solo il più morbido, il meno decisionista del gruppo. Che ora è al comando.

Torniamo indietro di qualche settimana, alla decisione di proporre a De Rossi un contratto triennale per poi esonerarlo dopo quattro partite. Qual è il senso di tutto ciò?

«Non è una domanda facile, ma è legittima la curiosità. Diciamo che del cambio allenatore parleremo più avanti. Ora bisogna trovare una stabilità, e non è facile. Noi vogliamo costruire un club che non sia dipendente da un allenatore, da un ds, da nessuno. Per questo preferiamo concentrarci sulla costruzione di uno staff, ad esempio adesso abbiamo Mark Sertori, nuovo direttore della performance, ora che il mercato è finito ricostruiremo il dipartimento scout. L’obiettivo è fare in modo che quando anche un dirigente o un allenatore lasciano il club, l’organizzazione non ne risenta. È anomalo che un mister e la Ceo lascino il club nella stessa settimana, ora ricerchiamo quella stabilità. Non è un caso che Juric abbia fatto i complimenti al club per l’organizzazione».

Però non può liquidare in due battute la decisione di licenziare dopo 4 partite l’allenatore con il quale era stato appena lanciato un progetto triennale. Così si è autorizzati a pensare che anche Juric rischi il posto in caso di un paio di risultati negativi.

«Capisco le tante domande sul momento e sui motivi, ma non voglio alimentare un dibattito inutile. La decisione, collegiale, è stata presa. Sono inconvenienti del nostro lavoro, dobbiamo provare a continuare a costruire e andare avanti sul lavoro».

Torniamo al mercato allora. Tra il decisionismo riconosciuto a Lina Souloukou e le consulenze di agenti come Riso, qual è stato il suo lavoro?

«Io ho cominciato a lavorare 4 mesi fa, l’organizzazione di Lina Souloukou era già in piedi, io mi sono adattato cercando un punto di equilibrio tra Ceo, Ds e Mister. Sull’agente non mi esprimo perché in quanto tale non ha un impatto decisionale sul club. Presto sarà nominato un nuovo Ceo, l’obiettivo è creare una coesione e una relazione di lavoro con l’obiettivo finale di raggiungere una cerca performance per il club».

Soulé è arrivato per il 433 di De Rossi, poi a fine mercato avete preso due difensori centrali svincolati per passare evidentemente alla difesa a tre. Anche in questo caso, qual è il senso?

«Soulé è adatto per il 433 ma ancora di più nel 343, nei due dietro una punta centrale. Nella parte finale anche De Rossi aveva switchato verso la difesa a tre, si era reso conto che i giocatori avrebbero potuto adattarsi meglio a questo tipo di schieramento. E perché analizzando la situazione la difesa aveva bisogno di maggior stabilità. Per questo a Genova abbiamo giocato a tre e per questo a fine mercato sono arrivati Saelemaekers, Hermoso e Hummels, tutti giocatori adatti a questo sistema. C’era anche stato l’imprevisto su Danso. In ogni caso abbiamo 7 giocatori che possono giocare come quinto. E Ivan adesso rappresenta una continuità con il lavoro svolto. Parlando di stabilità, molti club l’hanno basata su un sistema di gioco, il progetto di gioco è al centro anche delle nostre idee e così sarà anche più facile prendere nuovi giocatori e valorizzarli. L’Atalanta è un esempio in questo senso, ora noi cerchiamo anche questa stabilità tattica giocando così con la prima squadra e anche con la primavera».

Com’è andata con Dybala? La Roma ha spinto per cederlo?

«Tutti sanno come sono andate le cose. La Roma non ha spinto affatto per cederlo. C’è stato un interesse molto forte di un club saudita, lui ci ha pensato, il 99% dei calciatori lo avrebbero fatto, alla fine ha fatto la scelta di cuore di restare. Noi  conosciamo il calciatore e la connessione che ha dentro e fuori, con i tifosi, i compagni, il club e soprattutto con Dan e Ryan Friedkin. Noi siamo un club pragmatico, sappiamo che se un giocatore di 30 anni ha l’opportunità di andar via noi siamo costretti a prendere la cosa in considerazione. Sapevamo in ogni caso da un lato di dover essere pronti a sostituirlo, dall’altro avevamo il lato positivo di continuare ad avere un giocatore e una persona top».

Arriverà solo un Ceo, o anche un direttore tecnico di area sportiva?

«Io non sono al corrente di un’intenzione di questo tipo dei Friedkin, quindi non posso rispondere a questa domanda. Indipendentemente dalla figura che arriverà, l’obiettivo è costruire una struttura che collabori e che lavori insieme».

Lei ha un obiettivo a lunga scadenza, legato al suo contratto triennale, e immaginiamo qualche altro obiettivo a più breve scadenza. La Champions è un obiettivo quest’anno?

«Sì, abbiamo un obiettivo a lungo termine sui tre anni, ma da subito siamo tornati a concentrarsi sul mercato alle performances dei giocatori. Non abbiamo più preso giocatori in prestito con stipendi alti, ora li prendiamo giovani e stipendi più bassi. L’età media si è abbassata di 1,5 anni (e Hummels l’ha rialzata un po’...), in un campionato, come quello di Serie A, in cui l’età media si è alzata per tutti. E in più  abbiamo anche migliorato i conti, anche se il dato è confidenziale e non posso rivelarlo. Poi per miglioramenti più decisi serviranno più finestre di mercato. Anche i dati fisici sono migliorati, vogliamo meno infortuni e anche questo dato è migliorato del 10%. Poi ci sono gli obiettivi a breve termine: non mi sentirete mai parlare di transizione, noi siamo la Roma e dobbiamo performare ogni anno, io posso solo assicurare che darò sempre il 100% di me stesso. Dan e Ryan fanno scelte forti, ma vi assicuro che sanno anche supportare le persone che lavorano per il club. Una frase che riassume bene il progetto è che vogliamo una squadra p performante e sostenibile».

Come si pone rispetto alla contestazione dei tifosi?

«Sì (sorride, ndr), c’è un po’ di agitazione. Con Daniele abbiamo vissuto un momento difficile e doloroso, lui è una leggenda del club, io lo ringrazio perché mi ha accolto in maniera perfetta, avevamo un rapporto franco e onesto, e sinceramente sono rimasto toccato dalla situazione perché se l’allenatore fallisce anche io ne risento. Sottolineo che come ha scritto Dan nel comunicato questa resta casa sua e siamo tutti sicuri che farà una grande carriera. Anche i giocatori sono stati toccati. Ora il mio obiettivo è creare unità interna, se un giocatore viene fischiato tutti sono fischiati. E poi abbiamo Juric che, con la sua umiltà e il suo rispetto per Daniele e per i giocatori, in pochi giorni ha svolto un lavoro ammirevole, mostrando tanta coesione in un contesto comprensibilmente difficile. E poi sono arrivate due vittorie e un pareggio in pochi giorni, io ho scoperto un uomo e un mister di qualità e di valore. Anche così si spiega il mio abbraccio alla fine della partita con l’Udinese».

Può rassicurare i tifosi rispetto alla decisione dei Friedkin di acquistare l’Everton?

«I Friedkin sono sempre stati molto chiari: vogliono il meglio per la Roma e lo dimostrano ogni giorno a livello economico e spendendo tante energie personali. Vincere è l’obiettivo, ma dobbiamo farlo attraverso tutte le cose che abbiamo elencato prima. Per quanto riguarda l’Everton niente è cambiato: qui nessuno può immaginare in quale modo si impegnano per il club e io ne sono testimone».

Ci può raccontare come è arrivato lei alla Roma e come la Roma ha scelto Juric?

«Per quanto mi riguarda i primi contatti sono stati nel corso della primavera, io ero a Nizza, avevo avuto anche altri contatti con  club impegnati nella Champions League, penso di aver svolto un buon lavoro al Lens e al Nizza nella creazione di una cultura del club e nella costruzione della squadra. Ho avuto tre o quattro colloqui con i Friedkin, poi sono arrivato un po’ tardi perché dovevo liberarmi dal Nizza, così abbiamo cominciato a lavorare solo ad inizio giugno. Quanto a Juric abbiamo scelto di dare continuità con la squadra immaginata, lui è conosciuto per la sua difesa a tre, conosce la squadra, i giocatori e la serie A ed inoltre era disponibile ad accettare un contratto di breve durata, senza neanche discutere la parte economica. Ha la qualità per portare la Roma dove merita».

In Champions?

«In Champions. Ma anche in termini di identità corrisponde ai valori perché lavora molto e chiede di lavorare molto, il lavoro è uno dei valori che mi hanno inculcato da quando sono arrivato. E poi vogliamo una Roma aggressiva che vada a pressare alto, come stava facendo anche Daniele».

Ci racconta qualcosa sulle trattative diverse che state facendo con Svilar, Zalewski e Pisilli?

«Magari quello che vi dico non ci aiuterà nella trattativa, ma certo quando vediamo ragazzi come Baldanzi e Pisilli entrare in campo in quella maniera corrisponda anche al Dna della Roma come lo intendiamo noi. E vogliamo portare sempre più giocatori delle giovanili in prima squadra. Di Zalewski non ho alcun problema a parlare. Abbiamo aperto un dialogo con i procuratori, speriamo di trovare una soluzione prima possibile. Lato club perdere il giocatore a parametro zero non è un’opzione. Per Pisilli cerchiamo una soluzione prima possibile, ha già un contratto, abbiamo un discorso aperto con gli agenti. È giusto che sia ripagato del suo lavoro, ma è più importante che sia così performante e poi vedremo. Anche Svilar merita il rinnovo, ne stiamo parlando».

Siete intenzionati a fare la seconda squadra come Juventus, Milan e Atalanta?

«Intanto fatemi dire una parola sul settore giovanile, per noi è qualcosa di molto importante. Alberto De Rossi ne è il responsabile, abbiamo preso Roberto Trapani come responsabile dello scouting per trovare i migliori giocatori di Roma e d’Italia. E poi abbiamo Bruno Conti che è rimasto con noi, lui segue le squadre dall’under 14 in giù e noi vogliamo continuare a sostenere il settore. Per quanto riguarda la seconda squadra ci stiamo pensando. Certo rappresenta un costo, ma le squadre che lo hanno fatto vedono i frutti del lavoro svolto. Insomma, non posso ancora dirle che è sicuro, ma stiamo facendoci una riflessione». 

Può rassicurare i tifosi su Le Fée?

«Lui non ha mai avuto infortuni importanti, neanche da giovane. È un peccato, questo infortunio ferma un po’ la sua evoluzione, era entrato bene con l’Empoli, al mister piace tanto, è importante recuperarlo. Anche qui vediamo però la qualità del gruppo. Avremo altri infortuni, con tante partite, ma abbiamo una rosa che ci permette di vedere la qualità dei giocatori».

Se la Roma non andrà in Champions potrà tenere i suoi giocatori migliori?

«Quest’estate siamo riusciti a non vendere giocatori top della rosa, quello è un altro obiettivo dei Friedkin, di continuare in questa direzione. Abbiamo messo da parte un buon risultato economico pur non vendendo giocatori top. Vogliamo entrare nel nuovo stadio con giocatori importanti, spero di poter procedere in questa direzione senza dover vendere appunto i giocatori più importanti».

A proposito di Dybala. C’è una negoziazione in corso per il rinnovo del contratto? L’allenatore ha ricevuto indicazioni riguardo il minutaggio del giocatore?

«No, il mister non ha alcuna indicazione da parte della società. Non c’è nessuna discussione in corso. L’unica cosa che vogliamo è che Dybala sia concentrato in campo, che si liberi mentalmente e possa dare il meglio di sé in campo».

Alla Roma manca un terzino destro importante dai tempi di Maicon. Non è stata una scelta rischiosa quella di Abdulhamid?

«Ma Saud non è stato acquistato per fare il titolare. Lui ha tante qualità. Si tratta di un calciatore appena arrivato in Europa dall’Arabia Saudita. Pensare che non abbia qualità vuol dire non conoscere il giocatore, non va giudicato per 15 minuti alla prima all’Olimpico, in un match così importante. Giocando a tre, abbiamo tanti giocatori per fare i quinti, anche a destra, lui fa parte di questi».

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