AS Roma

Pisilli scaccia le streghe e la Roma rimonta il Venezia

Fino al 75’ la squadra di Di Francesco è padrona del campo. Pari fortunoso su tiro di Cristante, poi arriva il ragazzino a regalare i tre punti a Juric

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
30 Settembre 2024 - 06:00

La Roma ha vinto una partita che a un quarto d’ora dalla fine sembrava strapersa mentre Juric sceglieva la strada della disperazione schierando un inedito 4231 con El Shaarawy terzino e Celik centrale proprio mentre il Venezia sembrava rifiatare per poter portare addirittura con maggior convinzione l’assalto finale, per raddoppiare il vantaggio raggiunto a fine primo tempo con Pohjanpalo e magari festeggiare portando in trionfo Di Francesco, l’uomo che così bene aveva studiato la squadra del suo cuore fino a trovare le chiavi giuste per entrare in paradiso con i suoi semisconociuti ragazzi. Ma poi Cristante, fischiato ancora una volta - come Pellegrini - anche solo per il fatto di scendere in campo e risparmiato nei cambi di Juric nonostante l’evidente difficoltà di prestazione, ha caricato il destro da 25 metri e calciato forte, la parabola ha incontrato subito il tacco di Busio (un interessantissimo centrocampista italo americano che qualcuno aveva anche proposto alla Roma questa estate), si è impennata e si è riabbassata giusto alle spalle di Joronen, per il gol di un immeritato pareggio che come spesso accade ha trasformato gli ultimi minuti in un’altra partita. E, puntuale, al minuto 38 è arrivato anche il 2-1, di Pisilli, al terzo tentativo di testa su altrettanti corner: segno che la difesa del Venezia non era sufficientemente preparata su questo tipo di variazioni sul tema. Così la Roma si è portata a casa tre punti non pienamente meritati, ma conquistati con tanta voglia nella canicola dell’Olimpico, con il sole a battere forte su buona parte del prato e degli spalti, ultimo scampolo di un’estate che sembra non voler finire mai.
Ma all’epilogo vincente di una sfida che rilancia adesso la Roma in zone più nobili della classifica (intanto, la prima metà) si è arrivati attraverso il tormentato percorso di una gara complicatissima, con il Venezia attivo e mai domo, capace di andare in vantaggio meritatamente e di sfiorare più volte la rete del raddoppio, con la Roma salvata da Svilar, da un fuorigioco centimetrico e da un pizzico di superficialità mostrata in rifinitura dai ragazzi di Di Francesco. Stavolta non è bastato lo switch del tifo della curva, con l’interruttore schiacciato al 15’ del primo tempo, a rianimare una Roma che già nei primi minuti era apparsa smunta, svilita, fiacca. Contro il Bilbao l’interruzione dello sciopero del tifo - civilissima misura di protesta della Sud contro quella che resta l’inspiegabile decisione di esonerare De Rossi quando la Roma sembrava sul punto di decollare - aveva prodotto una scossa che aveva consentito alla squadra di tornare a credere in se stessa e ne era nata una gara diversa, progressivamente dominata dai padroni di casa, fino alla rete del vantaggio e alla gestione un po’ troppo misurata della ripresa, con la beffa del pareggio finale dei baschi. Stavolta niente, a parte cinque-minuti-cinque che avevano fatto ben sperare. Fino a che la Sud non è rimasta muta, sul tabellino della cronaca era appeso solo un gran volo di Svilar a deviare una botta di Svoboda e un sinistro senza pretese di Soulé. Juric crede in un solo calcio ed evidentemente la Roma l’ha preso per questo. Può piacere o non piacere, ma anche stavolta è sceso in campo con l’immutabile 3421, con Angeliño tornato stavolta tra i tre centrali, con Celik ed El Shaarawy esterni di centrocampo, Cristante e Koné interni, Pellegrini recuperato al suo posto e con la fascia di capitano, Soulé al posto di Dybala (recuperato anche lui ma in panchina) e davanti Dovbyk. Di Francesco aveva trovato efficace il 352 con cui aveva battuto il Genoa (che la settimana prima aveva fermato la Roma determinando l’esonero di De Rossi) e l’ha riproposto anche all’Olimpico, tenendo fermi i tre centrali dietro con il rinforzo degli esterni Zampano e Haps, Nicolussi Caviglia in regia, Ellertson e Busio in mediana, più l’imprendibile Oristanio alle spalle del finlandese Pohjanpalo. Negli accoppiamenti voluti da Juric nella fase di non possesso, l’anello debole sembrava Angeliño, costretto da centrale ad uscire fino ad andare a prendere la mezzala islandese Ellertson, col rischio di lasciare qualche voragine alle sue spalle nella veloce e mai banale costruzione del gioco veneziano, vista la grande mobilità di Oristanio e la presenza scenica di Pohjanpalo, su cui Ndicka e Mancini hanno dovuto ovviamente fare gli straordinari. Ottime le uscite degli ospiti, spesso in verticale per evitare le marcature individuali romaniste, perfette le corse in diagonale, robuste le chiusure degli spazi anche a baricentro basso, quasi a sfidare i giallorossi ad avanzare per colpirli meglio nelle mirate ripartenze. Juric aveva studiato la formazione tenendo conto dello sforzo ravvicinato del doppio confronto Udinese-Athletic Bilbao, e Mancini lo ha fatto allarmare proprio al 15’, dopo un pretenzioso tiro di Dovbyk (uno dei tanti del primo tempo), restando a terra a palla lontana: subito è andato a scaldarsi Hermoso, ma poi il toscano si è rialzato e ha proseguito la partita fino al 13’ della ripresa, fino al cambio di sistema di gioco. La scintilla data dal ritorno del tifo ha prodotto per cinque minuti qualche conclusione giallorossa, in particolare di Pellegrini, fischiatissimo capitano (altra conseguenza dello stordimento che si avverte nella tifoseria, altra conseguenza delle scellerate scelte societarie): sua una punizione bloccata da Joronen al 17’, sua una deviazione di testa su calcio d’angolo vicinissima al palo, unica vera occasione del primo tempo. Ma lì la Roma si è spenta, pur mantenendo una certa supremazia territoriale, ma esponendosi invariabilmente alle iniziative dei ben più pericolosi avversari, come sempre accade quando ad organizzarle è un tecnico bravo come Eusebio Di Francesco. E piano piano il Venezia è diventato padrone del campo, per quanto assurdo potesse sembrare. Lo testimonia come sempre il taccuino:  al 23’ Ellertsson ha trovato Oristanio alla deviazione di testa, alta; al 26’ un’uscita felice ancora su Oristanio (con un possibile fallo su Mancini non rilevato da Abisso) ha portato Pohjanpalo ad un’altra pericolosa conclusione rimpallata da Angeliño in corner; al 29’ l’ennesima costruzione dal basso verticale ben riuscita ha messo ancora in difficoltà la difesa romanista, fino all’assist di Oristanio ancora per Pohjanpalo, con rabbiosa conclusione fuori misura. Al 44’ il meritato vantaggio, con una palla morbida messa in area da sinistra da Haps, scaricata su Busio che ha cercato il palo più lontano incocciandolo in pieno, sulla respinta Ndicka si è addormentato e Pohjanpalo ne ha approfittando, calciando forte in porta. E subito dopo, prima ancora della fine del tempo, un altro sinistro di Haps deviato ha messo il finlandese davanti a Svilar, bravissimo a rispondere, e sul tap-in  di Ellertsson è stato Mancini a salvare sulla linea.
Tornata negli spogliatoi sotto una pioggia di fischi, la Roma ha provato a ridestarsi nella ripresa senza rinforzi. Ci ha provato ancora Pellegrini a rimettere la sua squadra in carreggiata, ma ne è scaturita un’altra sbandata: al 12’ il Venezia è andato anche in gol con Haps, ma l’esultanza è stata spenta dalla bandierina alzata dell’assistente Pagliardini che non si era fatto sfuggire il fuorigioco di Zampano in un’altra bellissima combinazione a tre del Venezia. Così Juric ha giocato il tutto per tutto, mettendo in campo Baldanzi e Pisilli per Mancini e Koné, schierando la squadra con il 4231 con El Shaarawy e Angeliño terzini/ali, Cristante e Pisilli dietro quattro punte, Soulé, Pellegrini, Baldanzi e Dovbyk. Ma un minuto dopo Oristanio si è presentato ancora da solo davanti a Svilar, mostruoso una volta di più ad intercettare il tiro a mano aperta. E allora è stato Pisilli a suonare la carica, prendendo la mira due volte di testa su altrettanti corner al 16’ e al 20’, alto.  Poi ci hanno provato Dovbyk e Angeliño al 27’ e al 29’, anche loro senza trovare la porta. E allora ci sono voluti il destro di Cristante e la testata secca di Pisilli - al terzo tentativo di testa su tre corner - a rendere felici i 62165 dell’Olimpico, ancora spaventati dal pericolo corso. Juric ha rimesso subito il terzo difensore (Hermoso, al posto di Soulé, che si è curiosamente infortunato per eccesso di esultanza) mentre DiFra ha rialzato il baricentro della sua squadra facendo altri due cambi offensivi dopo i tre conservativi subito dopo l’1-1. Tutto inutile per lui, tutto utile per la Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI