Dovbyk c'è, ma la Roma poi si spegne
Gran primo tempo e vantaggio meritato. Nella ripresa esce Dybala, i baschi crescono e fanno pari
Un po’ come a Genova, e speriamo che stavolta Juric possa proseguire il suo lavoro, la Roma ha dominato per un tempo e si è rintanata nel secondo, finendo per pareggiare una partita che sembrava vinta e portando a casa solo uno dei tre punti in palio nella prima sfida della Fase Campionato della nuova Europa League. Con l’Athletic Club è finita 1-1, rete nel primo tempo di Dovbyk (e sono tre ufficiali) e pareggio a quattro minuti dalla fine di Aitor Paredes, difensore centrale basco, abile a sfruttare una bella torre di Unai Nunez, doppio contrasto vinto di testa nonostante il quadruplo presidio romanista, Angeliño e Hermoso sulla torre, Cristante e Mancini sulla conclusione.
L’esito finale non dovrebbe (come non avrebbe dovuto per Genova) cancellare quanto di buono era stato fatto per un tempo, il primo, nonostante la partenza diesel. Sì perché per un quarto d’ora la Sud aveva prolungato la protesta di domenica, decidendo di ritirare le pezze e non tifare, tutti seduti a vedere la partita come si fa a teatro. Ma senza Sud non c’è Roma e senza Roma non c’è la Sud: quando si sono ritrovati, la squadra e la sua gente, al 16’, Paredes (Aitor, il difensore basco) aveva appena deviato alto di testa un calcio d’angolo ben indirizzato sul secondo palo, con Celik fermo a guardare. Era il secondo squillo di rilievo dell’Athletic Club, i biancorossi baschi vestiti nella serata di un inguardabile viola. Poco prima, su un disimpegno un po’ superficiale di Hermoso, Inaki Williams non aveva saputo sfruttare al meglio un assist lungo in area, e dopo il controllo in corsa aveva spedito alto. Niente di che, insomma, ma la squadra di Valverde sembrava avere una maggiore solidità rispetto alla Roma, senza mai costruire dal basso, di fatto impedendo così ai giallorossi di liberare le pressioni offensive che così bene avevano indirizzato la partita con l’Udinese. Ma sono bravi a lavorare sulle seconde palle e anche stasera dai e dai l’hanno ripresa così. Valverde ha insistito sul solito 4231 tenendo però in panchina per la prima ora il suo miglior giocatore, Nico Williams, e mandando invece in campo dall’inizio il suo meno celebrato consanguineo, il fratello Inaki, preso in marcatura da Hermoso, con Ndicka ad occuparsi di Guruseta e Mancini sull’inoffensivo Djalo. I quattro difensori baschi Gorosabal, Vivian, Paredes e Berchiche hanno pensato all’inizio ad una serata non troppo faticosa, in mezzo Prados è stato preso da Baldanzi (utilissimo per la sua predisposizione in marcatura e per la riproposizione continua), de Galarreta se l’è vista con Cristante mentre Koné si abbassava sul trequarti Unai Gomez, così i due esterni Celik e Angeliño potevano concentrarsi sui terzini spesso disinnescati da lontano mentre Dovbyk e Dybala non hanno dovuto correre troppo, opposti ai due centrali. Dopo quel quarto d’ora di studio, la Sud ha cominciato a cantare e la Roma a giocare e la partita ha preso un’altra forma, con i giallorossi che si sono stabilizzati nella metà campo avversaria e hanno cominciato a macinare occasioni e a prendersi porzioni di campo. Al 21’ un lungo lancio di Celik su un gran movimento di Dovbyk ad aggirare Vivian è terminato giusto davanti all’ucraino e alle spalle del basco, sull’uscita del portiere Artem ha provato a toccare il pallone per scavalcare l’avversario ed andare a segnare a porta vuota, ma la traiettoria s’è fermata sul bersaglio grosso e l’occasione è svanita. Al 22’ un’iniziativa di Dybala in fascia è finita ancora sulla corsa di Celik che ha messo un altro bel pallone in area verso il secondo palo dove Angeliño s’è librato in cielo per far da torre ancora verso Paulino che per una volta non ha colpito pulito il pallone e l’occasione è sfumata. Ma il gol sembrava maturo ed è arrivato dopo altri dieci minuti di possesso palla senza soluzione di continuità. L’azione è partita da un buon recupero di Ndicka, con sviluppo passato attraverso il tocco di velluto di Dybala per Koné che si è liberato del pallone prima di subire un brutto fallo (che poi l’arbitro dimenticherà di sanzionare) per Baldanzi che a sua volte ha servito Angeliño aperto in fascia mentre Dovbyk guadagnava metri per entrare in area con un po’ di vantaggio senza correre il rischio di finire in fuorigioco: il resto l’hanno fatto la precisione dello spagnolo per il cross e la precisa stoccata di testa dell’ucraino in diagonale. In vantaggio la Roma è andata sul velluto e ha gestito il resto del tempo senza rischiare quasi niente, ad eccezione di una percussione di Prados a sorprendere Koné che per fermarlo è stato costretto al fallo giusto al limite dell’area, e così ha giocato il resto della gara con il peso di un cartellino sulle spalle.
Nella ripresa Dybala ha alzato bandiera bianca, un dolorino sospetto l’ha fatto fermare, al suo posto è entrato Soulé. L’inerzia è sembrata subito diversa, i baschi sono sembrati all’improvviso più combattivi, tecnicamente la Roma è calata chissà se solo per caso (pensiamo di no) e la partita è cambiata. Al 6’ un errore di Koné ha mandato al tiro Gomez, disinnescato da Svilar. Al 9’ è stato invece proprio Soulé ad avere la palla della serata, di quelle che se vanno in un modo ti portano a trionfare e se vanno in un altro rischiano di complicarti tutto: nel giro palla da terzino a centrale Aitor Paredes è scivolato e ha lasciato campo libero all’avversario, Mati ha puntato dritto verso l’altro centrale, l’ha scavalcato in corsa decentrandosi verso sinistra e poi ha calciato in diagonale, purtroppo non abbastanza angolato, permettendo così a Agirrezabala di intervenire in tuffo a mezza altezza, tenendo in equilibrio la gara. Così Valverde si è giocato tutte le sue carte. Alla scadenza dell’ora ha inserito l’esperto Ander Herrera (tornato a Bilbao dopo otto anni tra Manchester United e Paris Saint Germain) e la stella Nico Williams, dirottata peraltro presto su zone più centrali. Al 17’ i baschi hanno protestato un po’ per un presunto fallo in area su Guruseta, ma il Var ha mantenuto il punto del bulgaro Kabakov, arbitro un po’ troppo permissivo. Al 17’ Baldanzi ha preso un giallo per un eccesso di esuberanza e Juric l’ha subito richiamato in panchina, inserendo Pisilli al suo posto. Il meccanismo delle scalature per controllare centralmente due mediani e il trequartista loro con i due mediani e il trequartista nostro aveva bisogno di una rinfrescatina. Solo che la già complicata gestione del dopo Dybala ha risentito anche della mancanza del fosforo di Tommasino, finalmente centrato nel suo ruolo di giovane guerrigliero al servizio della causa. Valverde ha provveduto a tenere alta la tensione della sua squadra con altri due cambi (Berenguer e de Marcos per Unai Gomez e Gorosabel) mentre Juric ha risposto togliendo l’infortunato Celik per far spazio per l’esordio di Abdulhamid, salutato da una vera e propria ovazione di fiducia dello stadio. Al 30’ Inaki ha provato una conclusione da fuori area alzando la palla oltre la traversa e poi sono state sparate le ultime cartucce: Paredes e Shomurodov nel tentativo di rendere più vivi il palleggio e i palloni calciati lunghi in verticale, Nunez per Vivian per il tutto per tutto basco. E i frutti sono stati colti: su un ennesimo calcio da fermo (10 gli angoli conquistati alla fine), la traiettoria è stata calcolata ancora perfetta verso il secondo palo, e nonostante la già citata doppia superiorità numerica, i baschi hanno vinto la torre e lo scacco matto, con Svilar inerme spettatore. Nel finale solo un brivido a ravvivare lo spirito domato dei romanisti: sugli sviluppi di un calcio d’angolo, la parabola alta della respinta è ridiscesa giusta verso Hermoso che non si è fidato ad aspettare che il pallone potesse terminare sul piede e ha così anticipato la conclusione provandoci di testa.
Logicamente colpendo con forza relativa e quindi favorendo l’opposizione di Agirrezabala. Così è arrivato il triplice fischio, per l’1-1 che riconosce un punto per uno e rimanda ad altre sfide la candidatura delle due squadre. Finalino per la Curva Sud che, in coerenza con quanto mostrato domenica, ha respinto con il solito coro i giocatori nel saluto finale: «Tifiamo solo la maglia». E sanno farlo benissimo.
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