AS Roma

Cari Friedkin, la riconoscenza è degli uomini leali

Lettera dall'America

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Tommaso Tummarello
21 Settembre 2024 - 12:53

Epilogo a dir poco amaro quello che accompagna Daniele De Rossi all’uscita, sollevandolo dall’incarico della guida tecnica a solamente poco più di 360 minuti dall’inizio della stagione.
Non era certamente questa la chiusura del sipario che ci eravamo immaginati, a partire dalla brusca modalità a cui siamo stati spietatamente abituati qualche mese fa con un altro esonero, quello di Mourinho; stavolta è più ingiustificato.
Si separa da Trigoria un allenatore giovane, fresco di rinnovo di contratto triennale, nel silenzio assordante di un mercoledì mattina in cui nessuno, ancora una volta, si appresta a dare spiegazioni.
Daniele viene allontanato mentre preparava l’allenamento mattutino, come se fosse una decisione come le altre. Come se anche solo un’alchimia di intenti tra tifoseria, allenatore, squadra (e apparentemente dirigenza…) non avesse più un briciolo di valore nell’ottica del raggiungimento di un obiettivo comune. Da mercoledì 18 settembre, quest’ultima non esiste più, e stavolta non è recuperabile.

La Roma non è solo i suoi risultati, non li è mai stati. È i suoi simboli come Agostino e Daniele.
È nelle imprese realizzate dentro e fuori dal campo, dal 3-0 rifilato al Barcellona alla raccolta di giocattoli dedicata ai bambini ricoverati negli ospedali della Capitale. Negli sguardi di questi mentre scartando un loro regalo intravedono del rosso mescolarsi spontaneamente con il giallo. Qui non è tutto circoscritto ai 90 minuti nei 105 x 70 dello stadio Olimpico. Ecco, con queste decisioni, con questo cinismo, qui non si lavora. A voi spetta la decisione finale, ma sappiate che da circa un secolo esiste un’identità definita e un’orgogliosa tradizione che a volte si incarna in delle figure che indossano scarpini e calzettoni come tutti gli altri, ma non sono come tutti gli altri.
Noi siamo qui, ma per tifare Roma, ripeto non un’azienda. Proprio questo stesso appellativo ha accompagnato l’ormai ex allenatore della Roma in quest’estate. Questo famoso “aziendalismo” che, fermentando trattativa dopo trattativa, hanno tentato di attribuire a un allenatore non più esordiente e con un’identità di gioco ben chiara. Ci rivedremo presto perché la Roma sarà sempre dei Romanisti.

Sono comparsi nei giorni scorsi i messaggi dei saluti social da parte della grande maggioranza della squadra. Spesso non li leggo nemmeno, sembrano l’uno la copia sbiadita dell’altro. Chissà poi che non li scrivano o pensino i rispettivi procuratori o chi per loro. C’è però, addentrandosi nel subisso dei “grazie Mister” un messaggio che spicca sugli altri, autentico. Il post di Mile Svilar mostra un abbraccio con il suo allenatore recitando: “Grazie per aver cambiato la mia vita, sarò per sempre grato”.  Questi siamo noi. Perché in fondo qui non parliamo solo di Roma, parliamo di sport, e di conseguenza, di vita. 
La riconoscenza è una virtù che appartiene agli uomini leali, che deve essere coltivata. Nel lavoro farà sempre la differenza, denota lo spessore di un essere umano. 
Spesso viene facilmente dimenticata; sicuramente in America non è ancora arrivata, visto anche il trattamento non troppo distante nel tempo sempre a spese di Daniele, da parte di James Pallotta.  Perciò ora traducete le ultime righe in inglese.
C’è il rischio che i magnati del 2024 non comprendano ancora l’italiano.

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