Dal sogno alla realtà
Un’impresa intrisa d’amore e di follia, unica nel panorama nazionale. L’idea era dare un punto di riferimento ai tifosi della Roma, ma senza essere un house organ
"Ma che sei matto?”, “Ma chi te lo fa fare?”, “È un progetto irrealizzabile”. Queste le principali reazioni che suscitò tra amici, conoscenti e addetti ai lavori la mia idea di creare vent’anni fa un quotidiano interamente dedicato alla mia Roma. Ho fatto il direttore del settimanale Grazie Roma nella stagione in cui vincemmo il terzo scudetto, ma quell’esperienza non andò oltre i due anni e mi rimase la delusione di non aver potuto dare continuità a quel progetto editoriale. Da lì cominciò a ronzarmi per la testa l’idea di realizzare qualcosa di nuovo ed inedito nel panorama nazionale. Parlando col mio amico giornalista Valter Delle Donne ci confrontammo sulla possibilità di fare un quotidiano solo ed esclusivamente della Roma e sulla Roma, un punto di riferimento per il popolo giallorosso che potesse finalmente trovare spazio e voce, che altrove solo parzialmente poteva riscontrare.
Non un house organ, ma un giornale indipendente dalla società in grado però di affiancarla nel suo lavoro, nelle sue continue e storiche battaglie, ma soprattutto che fosse uno stimolo per i dirigenti giallorossi per vedere finalmente realizzati i sogni di una tifoseria unica al mondo. Sono sempre stato convinto che le idee non solo nel giornalismo possano fare la differenza, ma questa più che un’idea poteva sembrare una follia, una meravigliosa follia dalle esaltanti prospettive e dalle innumerevoli difficoltà. Paulo Coelho diceva che chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia. Ma qui più che pioggia poteva sembrare un nubifragio o una bomba d’acqua.
Il percorso che si prospettava era tutt’altro che semplice, era come scalare l’Everest in condizioni quasi proibitive per i costi di gestione e i tentativi di boicottaggio che ci sarebbero inevitabilmente stati. Avevo quindi bisogno di giornalisti disponibili di grande esperienza e livello per intraprendere quest’avventura. Lavorando quotidianamente in radio sono stato facilitato nell’individuare le persone che ritenevo idonee a farlo. Ne parlai con l’allora giovane giornalista Andrea Di Caro, attuale vicedirettore della Gazzetta dello Sport, professionista impeccabile e persona di grande spessore umano e lo coinvolsi in questo progetto, ma per fare il direttore avevo bisogno di un giornalista esperto in grado di avere le spalle larghe e di reggere l’urto che inevitabilmente avrebbe causato l’uscita del nuovo quotidiano. Mi venne in soccorso il Corriere dello Sport che nell’ottobre del 2003 bloccò la pubblicazione dell’inchiesta sui padroni del calcio che stava facendo il suo vicedirettore Riccardo Luna. Da quel momento non ricordo di aver letto la sua firma sul giornale nemmeno sotto le previsioni del tempo.
Era stato fermato e messo in stand by. Chi meglio di lui, pensai, potrebbe dirigere un quotidiano dei tifosi romanisti, da sempre schierati fieramente contro il potere costituito? “Un timoniere di valore continua a navigare anche con la vela a brandelli”, scriveva Seneca. E sapendo che la navigazione sarebbe stata piena di ostacoli in balìa della tempesta, chiamai subito Riccardo per prospettargli la mia idea.
Ci incontrammo i primi di novembre del 2003 al Bar Camilloni a Sant’Eustachio insieme ad Andrea Di Caro e lì cominciò a prendere forma Il Romanista, che nacque nel 2004 col sostegno di 50 tifosi della Roma che formarono una public company. Nel progetto entrarono il compianto Francesco Campanella, Daniele Lo Monaco, l’attuale direttore del quotidiano, il poeta Tonino Cagnucci, tornato a casa da direttore editoriale dopo una breve esperienza nella Roma, l’ottimo Gabriele Fasan, da sempre una delle colonne portanti del giornale e tanti altri. Il Romanista, tra alti e bassi e qualche interruzione di pubblicazione ha raggiunto il traguardo dei 20 anni, unico esempio al mondo di quotidiano dedicato ad una squadra di calcio. Conservo ancora il numero 0 e paradossalmente, pur avendo avuto il ruolo iniziale di direttore editoriale, non scrissi mai una riga.
Questo per incomprensioni con Riccardo Luna prima dell’uscita del primo numero del quotidiano e soprattutto per il mio carattere sicuramente un po’ talebano che mi porta a privilegiare prima i rapporti umani e poi quelli professionali. Venendo a mancare i primi non riesco a portare avanti i secondi facendo finta di nulla. Non si vive di solo pane e così me ne andai senza pensarci un momento, prendendo una drastica decisione come mi è capitato tante volte nella mia vita.
Il Romanista è stato un trampolino di lancio e una palestra di vita per tanti giovani aspiranti giornalisti, oggi apprezzati professionisti del settore e non può esserci soddisfazione più grande per il sottoscritto che aver contribuito con questa pazza idea a realizzare i loro sogni e le loro aspirazioni. Oggi è diventato un gruppo editoriale, non più solo quotidiano ma anche radio, grazie alla determinazione e alla bravura di Daniele Lo Monaco e alla lungimiranza di Bruno Benvenuti, che hanno traghettato il giornale verso le nuove frontiere della comunicazione. Io mi godo lo spettacolo e con me tanti tifosi romanisti lo stanno facendo, convinti del fatto che si può e si deve credere che ci può essere un diverso modo di fare comunicazione, senza urlare o essere beceri e populisti. Mi sento un po’ come un compositore che ascolta la musica che ha scritto interpretata in modo mirabile da un grande direttore d’orchestra e da straordinari orchestrali.
Può forse apparire presuntuoso, ma concedete questo vezzo a chi ha visto il suo sogno diventato realtà. Viva Il Romanista!
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