A Torino un punto e a capo
Con Pisilli, Soulé e Saelemakers De Rossi si fa coraggio, con la Juve pareggio prezioso
Ricomincia da sé la Roma di De Rossi, con un punto di (ri)partenza preso meritatamente a Torino, con una partita cominciata bene e finita addirittura meglio, anche se ad un certo punto della ripresa, quando la Juventus ha provato ad accelerare, si è avuta anche la sensazione di poterla perdere. Di sicuro a dispetto delle prefiche non c’è stata alcun dominio dei bianconeri vestiti di blu sui giallorossi vestiti di bianco (mai capiremo fino in fondo le ragioni del marketing), ma una gara equilibrata che per un dettaglio si poteva vincere o perdere, ma sarebbe stato ingiusto. Anche i numeri confermano l’equilibrio, sia nella gara di ieri sera sia nel primo scorcio di questo incerto campionato: la Juve ora non è più a punteggio pieno, in testa con l’Inter ci sono anche Torino e Udinese, la Roma va alla sosta con due punti: pochi, ma in fondo sono solo cinque di distacco dalla vetta. E Milan e Atalanta, vere rivali nella corsa al quarto posto, sono lì.
Chissà dov’erano, a veder scorrere i minuti della gara dall’inizio, tutte queste differenze evocate tra chi giudica il calcio degli highlights, e a volte neanche quello, perché si limita ai risultati. Al “pronti, via!”, le due squadre si sono affrontate per quelle che sono oggi le rispettive potenzialità: nessuna delle due ha la forza ancora per soverchiare l’avversaria, strette nelle rispettive precarietà di sessioni di mercato completate in ritardo (e addirittura non ancora concluse per la Roma), ma di certa prospettiva. Di sicuro, i proclami dei più pessimisti sulla Juve che si sarebbe sbarazzata facilmente della Roma non hanno trovato alcun appiglio quando la partita è entrata nel vivo. Nelle schermaglie iniziali la conferma dei due schieramenti prediletti, il 4231 per Motta e il 433 per De Rossi, il primo con la stessa squadra corsara a Verona, il secondo con sostanziali novità. La Juve è scesa in campo ancora con Savona, Gatti, Bremer e Cabal davanti a Di Gregorio, con la stessa incerta mediana Fagioli-Locatelli (anche a Verona, fino ai regali dei padroni di casa, non era stata particolarmente brillante) e una bella linea di trequartisti con Cambiaso e Yildiz a cambiarsi spesso la posizione, Mbangula fisso a sinistra (già esaurito l’effetto sorpresa...) e Vlahovic al centro dell’attacco (una sola palla giocabile per lui, e unica occasione per la Juve, con una deviazione un po’ sporca mandata in angolo da Svilar al 42’). Dopo i tormenti di una settimana assai complicata, De Rossi se ne è uscito con due grandi novità rispetto alla squadra battuta dall’Empoli: Pisilli in mediana con Cristante preferito a Paredes in impostazione (e Pellegrini leggermente più alto a sostegno di Dovbyk), e Saelemaekers esterno alto a sinistra con Soulé preferito addirittura a Dybala a destra. Chiaro il segnale per i duri d’orecchie: sta nascendo una nuova Roma, chi non si adegua alla corsa e alla sostanza resterà fuori. Dietro la solita linea difensiva, con le consuete, imbarazzanti incertezze tecniche di Celik, la stessa solidità di Mancini e Ndicka (sempre un po’ incerto nell’impostazione) e la medesima regia arretrata di Angeliño.
In tribuna cuori in fibrillazione, nel sold-out per l’Allianz, con la solita rumorosa rappresentanza dei tifosi della Roma dietro lo striscione Curva Sud, unica insegna da trasferta per tutti i gruppi. Intanto in campo Guida non ha dovuto faticare troppo a tenere a bada i più irrequieti e si è fatto aiutare da due sacrosante ammonizioni nei primi 45 minuti (a cui ne è seguita una sicuramente forzata per Mancini, per proteste): la prima, per Fagioli (entrato in ritardo con i tacchetti sul collo del piede di Pellegrini, dopo neanche 120 secondi), la seconda a fine primo tempo per Saelemaekers, che ha stroncato con una tardiva scivolata una progressione del capitano juventino Gatti. In mezzo la già citata mezza occasione per la Juve e altre tre mezze occasioni per la Roma: la prima al 13’ per Pellegrini, che ha ricevuto da Cristante in verticale, si è spostato la palla sul destro e ha calciato a giro trovando però l’opposizione in angolo di un difensore, la seconda al 17’ con Soulé che dopo una bella discesa in diagonale da destra ha calciato alto di sinistro, la terza con Dovbyk che in area si è aggiustato il pallone sul sinistro e ha calciato forte, anche in questo caso fermato nella traiettoria da un difensore prima di arrivare in porta.
Nel primo tempo la partita è stata molto tattica, con due squadre che si sono molto rispettate, un po’ timorose a dire il vero; e se ce lo si poteva attendere per la Roma, che in realtà ha tenuto meglio il campo dei rivali, è stato sorprendente invece per la Juventus, arrivata al confronto col vento in poppa delle due vittorie nelle due precedenti uscite. Così all’inizio del secondo tempo Motta ha messo due diversi lubrificanti nel motore: Koopmeiners a trequarti e Conceiçao in fascia destra per Cabal e Mbangula, con Cambiaso e Yildiz a rivitalizzare la fascia sinistra. La sensazione sin da subito è stata che l’inerzia della partita fosse cambiata: la spinta dei padroni di casa si è fatta più poderosa, la Roma ha lasciato qualche posizione ed è arrivata presto l’occasione migliore della partita, con una palla persa male in uscita da Celik (gli è successo tante volte, confermando di non avere la qualità necessaria per poter sviluppare il tipo di gioco richiesto dall’allenatore), l’immediata transizione verticale di Locatelli su Koopmeiners, lo scarico di Vlahovic che si è per fortuna intestardito a cercare la conclusione (poi sballata, fuori) piuttosto che la rifinitura sull’arrembante Yildiz. Suonato il campanello d’allarme (e valutato correttamente da parte dell’attento Guida un involontario fallo di mano di Bremer in un contrato in area con Soulé), De Rossi è corso ai ripari, inserendo allo scadere dell’ora di gioco Dybala e Zalewski al posto proprio di Soulé e di Saelemaekers, nel tentativo di tenere di più il pallone viste le crescenti difficoltà ad uscire pulito dalla prima impostazione. Tentativo non riuscito, peraltro, perché Motta ha alzato ulteriormente il tasso tecnico della sua squadra togliendo i mediocri Locatelli e Fagioli per far spazio a Douglas Luiz (misteriosamente tenuto in panchina per la terza volta consecutiva) e McKennie.
Questo è stato il momento migliore per la Juventus e quello di maggior sofferenza della Roma. Zalewski è sceso di fatto a fare il quinto difensore su Coinceçao, tutta la squadra si è abbassata e ha comunque contenuto con disinvoltura l’assalto avversario. Nel ping pong dalle panchine, De Rossi ha risposto mettendo prima Koné (all’esordio assoluto, essendo appena arrivato a Roma) richiamando Pisilli e al 37’ anche Shomurodov e Baldanzi al posto di Dovbyk e Pellegrini. Impalpabile la prestazione del gigante ucraino, stretto nella morsa di Gatti e Bremer: ma arriverà anche per lui il momento della gloria. Motta ha infine inserito Nico Gonzalez per il deludente Vlahovic. Magicamente però è stata la Roma ad assumere il comando delle operazioni, sorprendendo nuovamente Motta. Zalewski ha confezionato qualche assist interessante sulla diagonale con Angeliño e la Juventus rinnovata ha faticato per un po’ a trovare le misure all’inattesa vigoria dei romanisti. Due le occasioni confezionate in questo finale arrembante: al 42’ Zalewski ha trovato in area Dybala che ha provato a calciare rapido, trovando però l’opposizione di un avversario; e al 45’ l’episodio che avrebbe potuto cambiare il senso della serata ai 2099 romanisti del settore ospiti e a chissà quanti altri sparsi per lo Stadium, con un’altra bella manovra culminata con uno scarico ancora di Zalewski per Angeliño, con lo spagnolo che da fuori area ha calciato di prima in diagonale, sfiorando il palo alla sinistra di Di Gregorio: il portiere, preso in controtempo, ha visto il pallone scivolare fuori tirando un bel respiro di sollievo. E su una punizione data sulla trequarti per la Roma, Guida ha salomonicamente aggiunto un altro paio di fischi decretando la fine con qualche secondo di anticipo rispetto ai 5 minuti di recupero. Ma nessuno ha avuto la forza di arrabbiarsi, in fondo il punto preso e quasi insperato è una buona base di partenza per ricostruire una squadra che appariva sfiorita dopo le prime due giornate. La ricetta la possiede De Rossi, come volevasi dimostrare.
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