È l'esame più complicato: la Roma si aggrappa a DDR
Mai vinto a Torino (quando contava). Ma c’è una luce nel buio
All’improvviso, il raggio di sole. Sotto questo cielo nero, dentro questi tempi bui, alla vigilia della partita contro la Juventus già capolista (Allianz Stadium, calcio di inizio ore 20.45, telecronaca a scelta tra Dazn e Sky, radiocronaca obbligatoria su Radio Romanista) con il più ottimista dei pronostici che confida nella sconfitta di misura, tra liti definitive in una squadra sull’orlo di una crisi di nervi, prende posizione Daniele De Rossi e il cielo ritrova i suoi colori. Il nichilismo, il mainagioismo e l’oscurantismo per mezz’ora finiscono spazzati via, un fascio di luce brillante illumina la direzione, esattamente quella che Ddr voleva dare alla sua Roma, con tanti saluti a chi sosteneva che dopo il generoso contratto firmato avrebbe accettato qualsiasi cosa, assecondando ogni nefandezza (chissà poi perché?) dei suoi dirigenti. Invece no, la Roma ha preso la sua strada, il cammino è appena cominciato e di sicuro le prime due giornate non hanno accontentato nessuno. Ma alzando il punto di vista, proprio come il maestro dell’Attimo Fuggente, la forma e la considerazione di questa Roma prendono nuove consistenze e se non fosse stato per quell’anomalia riscontrata nel gigante buono che era stato scelto per coprire la difesa, Danso, ci saremmo trovati di fronte a un piccolo capolavoro tecnico su cui poggiare le basi di un nuovo progetto vincente. Lì, ora, bisognerà mettere una toppa, che si chiami Hermoso o Hummels o tutti e due, o qualcun altro, o il coniglio tirato fuori dal cilindro, in qualche modo bisognerà fare. Ma per il resto la squadra ha forma e senso, e De Rossi come al solito si è assunto tutte le responsabilità. La sua prima Roma la vedremo davvero dopo la sosta, intanto quello di stasera sarà un antipasto che all’improvviso non sembra più avere una vittima designata e una regina incontrastata. È vero, la Juventus di Motta è l’unica seria candidata autorevole a ruolo di alternativa per il titolo all’Inter, ma non è vero che questa squadra stia già volando, anche se i risultati fin qui conseguiti hanno ingannato gli osservatori più superficiali.
Sarà uno scontro difficile soprattutto perché la lunga vigilia si è consumata dentro atmosfere decisamente differenti. Da una parte la brillantezza corroborata dai dati del nuovo corso juventino, con gli ultimi mirabolanti acquisti a chiudere una campagna decisamente sopra le righe (e, soprattutto, sopra le possibilità che anche le più affettuose gazzette bianconere avevano ipotizzato a giugno), dall’altra una squadra già in crisi, senza punti di riferimento, con un allenatore già precario, scossa da litigi sguaiati e ridimensionata da una campagna acquisti isterica ed estemporanea. Con un po’ di lucidità, elemento che non è facile riscontrare nelle analisi calcistiche di queste latitudini, ci sarebbero tutti gli elementi per sostenere invece che a modo loro tutti e due i club stiano seguendo un principio sano e per questo apprezzabile. Sono i due club che hanno investito di più, sono i due club che si sono affidati ad allenatori giovani e dal futuro assicurato, sono due club che puntano sulla patrimonializzazione e sulle virtù anche anagrafiche dei talenti scelti e non fa niente che uno venga dipinto come virtuoso e l’altro sgangherato e improvvisato. Un giorno parlerà il campo, chissà se anche già da stasera. De Rossi ha provato a far capire anche ieri l’importanza dell’isolamento di cui una squadra ha bisogno (o almeno di quanto ne avrebbe...), per preparare al meglio certe sfide e non permettere che troppe energie negative alimentino pensieri che finirebbero per togliere la giusta concentrazione. Si tratta di sport, di un incontro di altissimo livello, e ogni atleta passato, ad esempio, per le recenti Olimpiadi, potrebbe spiegare quanto sia importante nella settimana, nei giorni, nelle ore della vigilia restare concentrati sull’obiettivo. Qui si è parlato di tutt’altro nonostante la Roma, per una scelta aziendale che andrebbe ormai storicizzata, non abbia in alcun modo partecipato al can-can delle informazioni sommarie.
A sistemare le cose ci ha provato ieri, ancora una volta, l’allenatore. Ostentando, peraltro, una serenità che non gli appartiene mai, figuriamoci in questo periodo. Chissà quanto poi la squadra riuscirà a tradurre nel campo questo carico di buone volontà, quanto riuscirà a trasformare in energia positiva questa spinta nichilista alimentata da ogni parte. Tecnicamente, anche se sarebbe ancora inopportuno, c’è la sensazione che ci sarà subito spazio per qualche giocatore nuovo, per esempio Koné e Saelemaekers, chissà se basterà a dare impulsi inediti, liberi, puri. Se non basterà, la (ri)costruzione della Roma passerà attraverso il lavoro dei prossimi giorni per poi provare a ricominciare, dopo la sosta, su basi differenti.
La tradizione da queste parti è spietata, oltretutto. Da quando la Juve gioca in questo stadium la Roma ha vinto una volta sola, l’unica che non contava davvero: tutte le altre il carico di speranze maturate nelle più o meno lunghe vigilie si è infranto contro la triste realtà di un impianto che evidentemente la squadra giallorossa soffre quasi a prescindere dai valori delle squadre in campo. Anche stasera il pronostico pende tutto dalla parte sbagliata ma chi lo determina fa affidamento anche su percezioni che possono essere distorte, come per esempio i risultati delle ultime partite: due vittorie sin troppo facili per la Juventus, una sconfitta e un pareggio sin troppo tormentati per la Roma. Eppure chi ha visto le gare sa di bagliori diversi. Neanche la Juve sarà ancora nel suo vestito più bello. Motta è solito stupire con scelte sorprendenti, chissà come ribatterà De Rossi: non ci stupiremo se il 433 di partenza virasse rapidamente in un 352 meno esposto. Si vedrà dopo il fischio dell’arbitro, sperando che non sia un fattore anche questo.
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