Emanuele Mancini: "Un onore stare qui per me. I ragazzi hanno lavorato forte"
In un'intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma, il collaboratore tecnico dello staff di mister De Rossi ha toccato diverse tematiche passate e presenti
Passato da calciatore della Roma, che lo ha portato alle soglie della prima squadra nel 2002, la carriera di Emanuele Mancini ha preso poi altre vie e lo ha portato oggi a Trigoria a lavorare come collaboratore tecnico a stretto contatto con mister De Rossi, suo grande amico.
Di seguito l'intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma:
Iniziamo proprio da lì. Da quell’8 gennaio 2002. Nel tabellino di Brescia-Roma di Coppa Italia, tra i giocatori in panchina, c’è anche il suo cognome accanto a quelli di Antonioli, Fuser, Tomic e Pepe.
“Successe tutto in pochi giorni. Il 30 dicembre andai ad allenarmi con la prima squadra, facendo un paio di sedute. Capello ci chiese di tornare anche nell’anno nuovo. Nemmeno una settimana dopo, mi ritrovai in panchina al Rigamonti. Perdemmo, io non entrai in campo, ma comunque mi continuai ad allenare con la prima squadra tutto l’anno. Senza dubbio, quella resta una delle esperienze calcistiche più belle della mia vita”.
E ora nella Roma ci è tornato in una veste da tecnico, ma sempre da tifoso. Cosa significa?
“Intanto, devo dire, mi ha fatto un grande effetto tornare a Trigoria dopo circa 20 anni dall’ultima volta. Era tutto cambiato, ma ho ritrovato persone a cui ero legato, come alcuni magazzinieri. Il resto, lo si può immaginare. È un onore stare qui, per me è un’opportunità enorme. Farlo accanto a Daniele, ancora di più”.
Com’è lavorare con il mister? Avendolo accompagnato non solo sul campo da gioco da collaboratore, ma anche da amico in diverse fasi della vita.
“Il prossimo anno saranno 30 anni che ci conosciamo. Ci incontrammo la prima volta quando avevamo circa 12 anni, appunto nel settore giovanile della Roma. Eravamo bambini. L’ho frequentato come amico in tanti anni, ma non l’ho mai vissuto da calciatore professionista nello spogliatoio. Per me è bello lavorarci, sto vedendo questo lato di Daniele nello spogliatoio che è molto simile al suo comportamento nella vita di tutti i giorni. Sa ascoltare, prende spunto da chiunque, questa è una cosa che apprezzo molto”.
Dunque, pare di capire che è stata quasi una conseguenza naturale la vostra collaborazione professionale.
“Senza dubbio. Ci siamo sempre confrontati sul calcio. Lui con le sue idee, io con le mie. Da almeno dieci anni commentavamo diverse partite, anche esercitazioni da provare in campo. Abbiamo smesso di giocare. Daniele ha iniziato il suo percorso per diventare tecnico, anche io ho allenato per un periodo nei dilettanti, poi è uscita l’opportunità della Spal e da lì è partito tutto”.
Professione a parte, il suo legame con il mister può essere definito quasi fraterno.
“Siamo sempre stati insieme. Da bambini ci siamo trovati ed è nato questo rapporto. Nonostante fossimo distanti una cinquantina di chilometri. Lui a Ostia, io sulla Flaminia. Così è stato sempre negli anni. Si sono unite le famiglie, si sono uniti i figli. Il fatto di allenare insieme è stato, appunto, un passaggio naturale. Il nostro scambio sul calcio, sulle partite, sui calciatori, c’è sempre stato. Questo, fondamentalmente, perché abbiamo entrambi la stessa passione, quella di allenare”.
Questo percorso alla Roma come sta andando? Quali sono le sensazioni dopo questa prima parte di lavoro estivo?
“Ottime sensazioni. I ragazzi hanno lavorato fortissimo, a Trigoria abbiamo iniziato la preparazione con tanti giovani, adesso la rosa sta prendendo forma. Sono tornati i nazionali, si sono aggiunti alcuni acquisti dal mercato. Chi ha iniziato dal 7 luglio è andato decisamente forte”.
Dal punto di vista fisico, a che punto siamo?
“A buon punto, abbiamo lavorato tanto sulla condizione atletica. E molto bene. Dal punto di vista tattico, come detto, stiamo avanzando più gradualmente, considerato che dovevamo mettere dentro giocatori – tra rientri e nuovi – un po’ alla volta. Siamo sulla strada giusta, però”.
Lo staff sembra sempre molto unito e presente in tante dinamiche e situazioni di lavoro sul campo.
“È vero. Daniele intende lo staff proprio in questo senso. Siamo un gruppo unito, tutti sono utili, tutti possono fare tutto. Poi, è logico, ognuno ha il suo settore di competenza, però l’idea – da chi viene, viene – è trasversale. Si possono prendere spunti da tutti, in qualsiasi momento. Siamo tutti allo stesso livello. Il confronto è bello e ti dà una mano sul lavoro”.
Entrando nel dettaglio delle sue competenze?
“Io sono un collaboratore del mister, lavoro sull’aspetto della metodologia dell’allenamento, sull’allenamento stesso, ma anche nella preparazione gara. C’è chi è più portato a studiare avversari, mentre io nella sessione di lavoro sono di supporto al mister. È anche il settore che piace di più a me, il lavoro sul campo. Facciamo tutti, tutto, ma – appunto – con ognuno con le proprie caratteristiche”.
A questo proposito, si può dire qualcosa sulla preparazione di un allenamento? Partendo, banalmente, dal predisporre sul terreno di gioco i cinesini e altre attrezzature specifiche.
“Sì, si parte da quello. Dalla scelta del materiale tecnico, che pure è un passaggio importante. Poi, si fissano degli obiettivi. Ogni settimana si stila un programma e si decide quali punti andare a trattare in ogni seduta. E si vanno a sviluppare le esercitazioni sul campo, in una o due sedute giornaliere, per centrare il focus prestabilito”.
Accennava al fatto di aver allenato nei dilettanti, in quale squadra?
“L’Ottavia in Eccellenza. Ero arrivato lì per dare una mano, qualche tempo dopo mandarono via l’allenatore e mi chiesero di subentrare. Avevo da poco preso il patentino, dunque accettai. E l’esperienza mi piacque tantissimo. Lavorare a quel livello è tutt’altra cosa. In alcuni aspetti anche più difficile, con meno mezzi, con meno persone anche a disposizione, quindi fai un po’ tutto da solo. Ho vissuto tanto quella realtà, è un bel banco di prova perché devi essere pronto sempre a qualsiasi evenienza. Anche solo per la preparazione di un allenamento. Lo prepari per 20 persone, magari te se ne presentano 15. Questa cosa, di essere pronto al cambiamento, mi ha aiutato particolarmente nel calcio professionistico”.
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