La dinastia dei bomber prosegue. Edin l’ultimo
I grandi attaccanti nella storia del club. Volk dà il via, ma ogni decennio ha il suo 9
Buone nuove, buoni 9. Spesso eccellenti. Anche se non sempre il numero di maglia è stato quello classico, di predecessori illustri dai quali trarre ispirazione Dovbyk ne ha almeno uno per decennio. Fin dagli albori del club. Cominciando dagli anni pionieristici, quando Rodolfo Volk mette il proprio marchio sull’epica di Campo Testaccio, diventando il primo in tutto: marcatore sul terreno di casa, autore del gol al derby (tanto per dare subito l’impronta giusta alla storia), capocannoniere, attaccante da tripla cifra. Qualche anno dopo la sua eredità è raccolta da Enrique Guaita, recordman nella stagione 1934-35 con ben 28 gol in 29 presenze. Ma la rocambolesca fuga per evitare la chiamata alle armi ne limita l’esperienza romanista e forse costa il tricolore soltanto sfiorato del ’36. Il titolo arriverà sei anni dopo, grazie anche al contributo fondamentale del primo centravanti di alto livello allevato in casa: Amedeo Amadei nasce a Frascati, cresce nella Roma (con cui esordisce a soli 16 anni, mantenendo il primato di calciatore più giovane a debuttare in A per 80 anni circa) e fa in tempo a fare grande la squadra del cuore con le 18 reti dello Scudetto 1941-42 e con le 111 complessive in giallorosso. Da lì in poi comincia il periodo buio della guerra, cui segue un deciso ridimensionamento delle ambizioni del club, fino alla retrocessione. Gli anni 50 segnano la ricostruzione dell’Italia quanto della Roma. Per riportarla in alto ci si affida a Dino Da Costa, che in 5 stagioni realizza 79 centri e diventa l’incubo biancoceleste nei derby, spesso finiti in trionfo. Nel decennio successivo tocca a Pedro Manfredini rinverdire i fasti dei grandi attaccanti romanisti: Piedone vince il primo trofeo europeo nel 1961, la prima Coppa Italia nel ’64 e termina la sua avventura nella Capitale a quota 104, una sola lunghezza da Volk. Gli anni 70 non sono forieri di grandi soddisfazioni, ma portano in dote Pierino Prati, centravanti purosangue, sia pure in una squadra non eccelsa, amato come pochi dal pubblico romanista. L’ultimo regalo di Anzalone però è destinato a lasciare un marchio indelebile: nel 1978 arriva Roberto Pruzzo, il bomber per antonomasia, 106 gol in campionato, 138 totali (record superato solo da Sua Maestà Totti), fra i quali quelli che valgono la salvezza, il secondo Scudetto e la finale di Coppa Campioni. Scusate se è poco.
Rudi Voeller ha un destino simile a quello di Prati: campione assoluto non accompagnato da una squadra dello stesso livello, eppure sfiora una Coppa Uefa da capocannoniere del torneo. Anche Abel Balbo segna a raffica e alla fine ne fa 87, senza però grandi soddisfazioni collettive. Quelle arrivano con due centravanti straordinari: Vincenzo Montella e Gabriel Batistuta sono fra i protagonisti del terzo Scudetto. Il Re Leone tira giù le porte a suon di siluri calcistici, il folletto campano delizia le platee col suo tocco di palla elegante. Entrambi possono giovare di un certo Francesco Totti alle spalle, che dal 2005-6 avanza il suo raggio d’azione e polverizza ogni record, concludendo la sua strepitosa carriera con 307 centri. Ma in quel caso si entra in ambiti negati ai semplici esseri umani. Il Dieci per eccellenza negli ultimi anni di carriera gioca poi accanto a un altro attaccante bello quanto efficace: Edin Dzeko è punta raffinata, ma anche capace di concludere la sua esperienza romanista con ben 119 centri. Numeri da capogiro che gli permettono di conquistare il podio all-time alle spalle proprio di Totti (e di Pruzzo). Ora tocca a Dovbyk.
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