AS Roma

Paulo segna da numero 9 e poi saluta

Dybala fa gol su rigore (come Solbakken) e parte per l’Argentina. A segno Pisilli, Le Fée e Graziani

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
18 Luglio 2024 - 07:00

Vince la Roma, che è sempre bello scriverlo, ma era persino logico che fosse così al primo galoppo della stagione, contro un avversario tecnicamente inferiore (il Latina di Padalino, squadra di Lega Pro) e soprattutto appena al terzo giorno di lavoro, con la conseguenza che l’impegno è durato più o meno venti minuti, il tempo per gli ospiti di esaurire la forza fisica e mentale messa sul campo all’inizio tale da garantirsi addirittura il vantaggio con un gran sinistro di Capanni Dias (ad infilare Boer sotto la traversa), prima dell’inevitabile diluvio romanista, concretizzato in quattro gol (Dybala e Solbakken dal dischetto, più Pisilli e Le Fée) e quattro pali (due Baldanzi, uno a testa Dybala e Smalling) in un quarto d’ora (tra il 28’ e il 43’). Poi nella ripresa, con la Primavera messa in campo al posto dei titolari, col solo Svilar tra i pali (disoccupato tutto il tempo), sono arrivate altre due reti, entrambe di testa realizzate dal giovane centrocampista Graziani.


Più che la cronaca della partita contano però gli spunti tattici forniti dalla gara, alla quale hanno assistito tutti i dirigenti giallorossi, dal vicepresidente Ryan Friedkin (presente col fratello Corbin), al ds Ghisolfi alla Ceo Souloukou. Tre i dettagli da sottolineare in particolare: la difesa a 4 schierata sia nel primo sia nel secondo tempo (con la minima differenza del triangolo di centrocampo, messo col vertice alto Baldanzi nel primo tempo e col vertice basso Darboe nella ripresa), Dybala sistemato da falso nove, in un attacco che inizialmente prevedeva Joao Costa e Solbakken estemporanei esterni (non sarebbe male vederci Soulé e Chiesa tra qualche tempo), con Baldanzi a trequarti, e infine Le Fée al centro di ogni manovra, mediano di metà campo sulla stessa linea di Pisilli, ma vero regista e ispiratore di ogni azione, e poi rifinitore non appena la circostanza glielo consente. La costruzione è stata quasi sempre a tre (Smalling, Ndicka e Angeliño, con il giovanissimo Buba Sangaré spesso alto fino alla linea degli attaccanti) più i due mediani, con Dybala a togliere ogni punto di riferimento offensivo agli avversari, Baldanzi a danzare dalle sue parti, e gli esterni a spingere sull’acceleratore. Pressioni altissime (non sempre lucide: il gol del Latina è nato proprio da uno squilibrio su una pressione saltata) e diverse transizioni offensive hanno vivacizzato la seconda parte del primo tempo, quei quindici minuti a mille all’ora col Latina in affanno, che hanno fatto da cornice temporale alle prodezze di Dybala e Solbakken (bravo a trasformare i rigori nati da due falli fotocopia dell’incerto Edoardo Vona ai danni degli stessi attaccanti), e poi di Pisilli (dribbling prolungato a saltare tre difensori prima del diagonale di sinistro giusto all’angolino) e Le Fée, esterno destro angolato dopo una palla rubata in attacco. Dei quattro pali merita una citazione soprattutto quello colto da Dybala, con il classico rientro sul sinistro dal limite e botta al giro imparabile per Zacchi.


Nella ripresa De Rossi ha schierato tutta un’altra formazione, in pratica una Primavera giovane, con diversi elementi dell’under 18 e 17 (l’under 19 è al lavoro a Cascia), in pratica i migliori talentini della gioelleria di Trigoria, da Golic a Plaia, da Levak a Graziani, da Almaviva a Cama, da Sugamele a Cherubini.Ne ha approfittato proprio Graziani con una doppietta di testa che ha ulteriormente rifinito il risultato. E alla fine baci e abbracci tra i giocatori, con De Rossi special guest, acclamatissimo dagli avversari (bello l’abbraccio con Riccardi e Di Livio, con papà Angelo quasi commosso in tribuna) e dai pochi tifosi ammessi (in pratica i parenti dei giocatori del Latina). Per quanto riguarda le prestazioni dei singoli, apprezzate le aperture di Angeliño, la durezza di Ndicka (spietato in marcatura su Mastroianni, ad un certo punto costretto ad uscire), l’autorevolezza di Smalling (anche un palo su corner), l’acerba freschezza di Sangaré, l’intraprendenza di Baldanzi, l’efficacia degli inserimenti di Le Fée e Pisilli, e le corse (a volte a vuoto) degli esterni offensivi Joao Costa e Solbakken, poi invertiti nella posizione dopo metà tempo. Quanti di loro resteranno in squadra quando si farà sul serio? Non tutti sicuramente, ma nel dubbio De Rossi spinge tutti al massimo. Vuole una squadra così, sin dai primi vagiti. Costruzioni ragionate e verticalizzazioni a mille all’ora.

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