AS Roma

C'eravamo tanto odiati. In campo e fuori

Rivali fin dagli albori, Roma e Juventus si sono sfidate su tutto. L’apice negli Anni 80, fra il gol di Turone e la contesa per Boniek. Ma non solo...

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Fabrizio Pastore
13 Luglio 2024 - 07:00

Governo e opposizione. Sistema e contropotere. Bianco&nero e colore. Per circa un secolo Juventus e Roma hanno rappresentato i due lati opposti su tutto lo scibile in un ideale emisfero calcistico. Oggi ci si stupisce un po’ meno quando su questioni di politica sportiva i due club si trovano dalla stessa parte della barricata, perché negli ultimi anni qualcosa è cambiato nei rapporti con le alte sfere (soprattutto sulla sponda torinese). E anche i possibili affari di mercato non creano particolari scompensi. 


Eppure una sacca di resistenza nei confronti del nuovo asse resta viva, in ossequio a una cordiale (o quasi) antipatia fra le rispettive tifoserie. Il passaggio già quasi sancito di Bonucci in giallorosso e bloccato dalle proteste della piazza, è soltanto l’ultimo esempio in ordine temporale di una rivalità ancora accesa. Nonostante il difensore giocasse ormai nell’Union Berlino, è bastato il suo marchio di juventinità a far insorgere il pubblico romanista e a scongiurare il trasferimento. L’avversione è dura a morire quando si sedimenta in tanti decenni e viene alimentata da torti in serie, vendette sportive, sfide infuocate, visioni del mondo contrapposte. E fin dal suo atto costitutivo, la Roma nasce in antitesi allo strapotere degli squadroni del Nord, padroni del calcio anche in epoca pionieristica. Fedele alla propria genesi, la squadra della Capitale contende campionati alla Juventus già nel primo periodo di vita. Negli Anni 30 i bianconeri formano l’ossatura della Nazionale che in 4 anni trionfa in due Mondiali e un’Olimpiade. Ma la Roma è ben rappresentata, nonostante l’ostracismo del ct Pozzo nei confronti di Bernardini. Due costanti anche nei decenni a seguire. Lo Scudetto finisce per 5 volte di seguito a Torino (record superato soltanto nel recente ciclo inaugurato da Conte), eppure Ferraris IV e compagni sono sempre o quasi ai vertici, a tallonare, infastidire e a volte umiliare i pluricampioni. È il caso del celebre 5-0 inflitto alla Juventus, che ispira l’omonimo film («Cinque a zero») di Bonnard.


L’epopea d’oro culminata nel primo tricolore a Sud del Po del 1942 si esaurisce con la guerra e mentre la Fiat trova risorse (anche sociali) importanti negli investimenti calcistici, per la Roma arriva un lungo periodo di ristrettezze e scarse ambizioni. I due mondi appaiono lontanissimi e l’atavica rivalità appare sopita. Almeno fino al 1970, quando il presidente Marchini dà vita a un triplo scambio con la Vecchia Signora che depaupera la squadra arrivata a un passo dalla finale di Coppa delle Coppe e lascia alla Juve tre gioielli del calibro di Spinosi, Capello e Landini. Il talento dell’ultimo in breve evapora, ma gli altri due contribuiscono all’ennesimo ciclo vincente di casa Agnelli. Il duello sul mercato si rinnova a fine decennio, ma per una volta è la Roma a spuntarla e assicurarsi un centravanti che farà le sue fortune: Roberto Pruzzo. Ultimo regalo di Anzalone.


Con l’era Viola l’antagonismo si riattizza. Il gol annullato a Turone e il conseguente Scudetto indirizzato verso Torino inaugura una sfilza di episodi contestati e forieri di polemiche vivacissime. La Roma riesce a prendersi il titolo nel 1983, ma fino al 1986 la lotta per il vertice resta quasi sempre un affare a due. Lo “scippo” sul mercato di Boniek - grazie anche agli interventi Fiat in Polonia - estende i contrasti al mercato: Zibì arriverà alla Roma con tre anni di ritardo. Nel 1990 la storia si ripete con Haessler, che va prima a Torino per poi prendere la direzione giusta, ma in cambio del doloroso sacrificio di Peruzzi. Il passaggio al duopolio Sensi-Mezzaroma porta Moggi come ds, che però entro breve lascia Trigoria proprio per la Juventus, dove dirotta Ferrara e Paulo Sousa, trattati a lungo per i giallorossi.

L’ex ferroviere acquista sempre più potere: la Roma è fra le vittime della sua tracotanza, in campo e sul mercato, eppure riesce a prendersi il terzo tricolore nel 2001 con Capello in panchina. Tre anni dopo però il tecnico dà il secondo addio alla Capitale, con uguale destinazione del ’70. Moggi sfrutta le debolezze finanziarie dei Sensi, anticipandoli su Ibrahimovic e portandosi a casa anche Emerson e Zebina. All’ombra del Colosseo c’è voglia di rivalsa, ma la dirigenza bianconera ha strutturato una rete di potere poco scalfibile. Almeno fino a quando Calciopoli non ristabilisce un certo grado di giustizia. Qualche anno dopo Andrea Agnelli inaugura un nuovo ciclo vincente. A contendere il titolo ci prova la Roma di Garcia, che però si scontra con nuovi arbitraggi ostili, su tutti quello di Rocchi a Torino nello scontro diretto del 2014-15. In Lega i due club sono alleati, ma sul campo poco è cambiato rispetto a un secolo prima. E non è detto che sia un male.

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