AS Roma

Tutte scelte azzeccate: la lezione di De Rossi

Non c’è niente nella sfida a De Zerbi che l’allenatore della Roma non abbia previsto, persino l’incidenza del pubblico. Lo aspetta un altro contratto

Daniele De Rossi all'Olimpico

Daniele De Rossi all'Olimpico (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
09 Marzo 2024 - 08:54

L'esperienza un giorno farà migliorare Daniele De Rossi. Ad esempio, difficilmente sul quattro a zero contro una squadra che i bookmakers davano per favorita si arrabbierà come ha fatto con i suoi collaboratori perché Bove non era ancora pronto al cambio che lui appena pochi secondi prima aveva ordinato. Ma, sia chiaro: l’esperienza lo migliorerà solo su questi aspetti. Perché per il resto Daniele De Rossi ha davvero poco da imparare. Lui la sua esperienza da allenatore l’ha fatta giocando, crescendo col Dna di papà Alberto (che belle le parole spese in conferenza su di lui...) e osservando pregi e difetti dei diversi tecnici che lo hanno allenato. Dai difetti hai imparato forse più che dai pregi, perché il resto ce lo aveva già in testa, anche quando giovanissimo ascoltava il suo compagno di squadra Guardiola spiegare come sarebbe potuta uscire meglio quell’esercitazione sul campo se si fosse fatta in quell’altra maniera, o ascoltando i consigli di Tomic, uno dei giocatori-scherno della Roma, di quelli utilizzati da certi tifosi per fissare in basso i parametri accettabili di rendimento, eppure ascoltato da Daniele in certe giornate pigre di allenamento. Che vuoi insegnare ad uno così? E come è possibile spiegare la magia di una serata come quella regalata giovedì sera ai tifosi della Roma? Si può spiegare la fantasia? Per farlo bisognerebbe avere la stessa mente aperta e capiente dell’allenatore della Roma e sinceramente il vostro cronista non ne ha la capacità. Possiamo solo provare a fissare alcuni punti chiave di un pomeriggio magico i cui picchi di calcio meriterebbero di essere fissati nelle tavole della legge di questo magnifico sport. Proviamo a raccontarne alcuni.

Le scelte: la difesa

Intanto le scelte strategiche generali sono partite da un punto: mettendo tre centrali veri, deve aver pensato De Rossi, anche con gli accorgimenti tattici più offensivi, la squadra non avrà mai la forza per andare nella metà campo avversaria tutte le volte che vorremmo andarci e inevitabilmente lasceremo il pallone troppo tempo tra i loro piedi. Niente Smalling, dunque, che era un po’ la tentazione che potrebbe aver accarezzato alla vigilia, e dentro El Shaarawy, l’uomo che si è rivelato fondamentale per il doppio, incessante lavoro nella copertura delle discese di Lamptey e ovviamente nelle sortite offensive, con due assist gioiello che hanno definitivamente chiuso la partita. Il lavoro difensivo che avrebbe potuto fare il terzo centrale è stato di conseguenza spostato su Spinazzola, chiamato molto spesso nel primo tempo a seguire in ogni zona del campo il terzo attaccante che restava fuori dalle marcature personalizzate di Mancini e Ndicka. Logico che si poteva soffrire, in questa maniera. Se, tanto per fare un esempio circa l’imponderabilità del calcio, Welbeck avesse segnato nell’occasione in cui ha sovrastato il terzino in uno dei cross azzeccati da Adingra nel primo tempo, probabilmente si sarebbe potuto rimproverare a De Rossi l’errore. Ma un allenatore non può mai ragionare solo sulla possibilità che un evento avvenga per provare ad escluderlo, ma limitarlo ragionando semmai sulle probabilità che questo si verifichi. Il rischio, insomma, è stato calcolato, il destino gli ha dato ragione ed è bene che se la prenda tutta. Avere Spinazzola come terzo centrale, e non Smalling, ha consentito alla squadra di godere di sortite offensive che non hanno portato buoni frutti già nel primo tempo solo per un caso, quando proprio Spina ha messo due invitanti palloni sulla testa di Lukaku. Ma nel secondo tempo anche lui ha contribuito al dissesto della difesa del Brighton rifinendo con un contributo decisivo la fantastica azione del quarto goal. Contare poi su giocatori affidabili come Mancini e Ndicka, praticamente quasi perfetti nelle chiusure difensive, sapendo di avere alle spalle altri tre giocatori importanti e sotto utilizzati come Smalling, Llorente e Huijsen, garantisce oggi a Daniele un futuro brillante sia nel breve sia nel medio termine.

Le scelte: il centrocampo

Ma il centrocampo è il vero motore che spinge all’estremo le grandi idee dell’allenatore con gli accorgimenti che consentono oggi a Paredes, Cristante e Pellegrini di godere dello status di grazia assoluta che li rende così preziosi. Paredes per quanto possa sembrare curioso aveva delle potenzialità inespresse con Mourinho che De Rossi sta realmente liberando. Il suo difetto di base, una certa macchinosità nei movimenti brevi, è stato praticamente eliminato grazie ai tempi delle giocate di chi gli si muove intorno e in questo senso l’intuizione del taglio di Dybala nell’azione del primo gol, favorita ovviamente anche dall’allegro schieramento difensivo del Brighton, può essere considerato il diploma speciale che l’argentino potrà appendere nella sua parete dei trofei, peraltro già piuttosto ricca. Di Pellegrini è inutile dire: la sua classe e la sua tigna sono finalmente utilizzate nelle giuste dosi, sorrette anche da una condizione fisica che gli consente di trarre il massimo dal suo talento. Cristante resta invece quel campione di duttilità tattica che te lo fa apprezzare in una copertura difensiva e 30 secondi dopo nell’inserimento letale nelle larghe maglie della difesa avversaria. Chissà quanto e se De Rossi poteva sperare anche nella possibilità che i giocatori del Brighton soffrissero l’atmosfera dell’Olimpico, ma anche su questi fattori ne sa più di tutti, avendo sfruttato (o, raramente, subìto) l’onda lunga dell’emotività dello stadio in 1000 altre occasioni. Quindi sì, puntava anche su quello, sapendo che nell’uno contro uno in campo lungo i giocatori di De Zerbi avrebbero potuto palesare qualche difficoltà in più di quelle che avrebbero potuto creare alla difesa della Roma, in qualche modo “coperta” anche dalla curva sud. Quindi non può aver immaginato lo svarione di Dunk, ma il taglio di Dybala nel burro, il cross in controtempo di El Shaarawy sull’uscita disordinata o le triangolazioni in campo stretto per andare in campo largo sì.

Le scelte: l’attacco

E tutto questo è stato possibile grazie all’efficacia di giocatori quali El Shaaarawy, Dybala e Lukaku. Anche questo sapeva, Daniele De Rossi: questa squadra è forte, lo ha detto come un mantra sin dal primo giorno, e ai suoi amici lo ripeteva spesso anche prima. Bisognava trovare solo il modo di liberare tanto talento e lui sapeva come fare, lavorando molto sulle teste, tanto anche sul fisico e fornendo sul campo gli addestramenti giusti per disegnare nuove e più produttive trame di gioco. Sembra facile, ma lo era solo nella sua testa. Noi, comuni mortali, non possiamo far altro che applaudire e aspettare la firma su quel rinnovo di contratto. Magari a vita.

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